domenica 16 marzo 2014

Una giornata nuvolosa al lago di Rosamarina


Certi luoghi, nelle giornate nuvolose, acquistano un fascino particolare. Fatto di immaginazione, di antiche leggende di acqua e di bosco, di storie nascoste dentro le nuvole. 
A volte questo supera la forza dei colori di una giornata di sole. Meno allegria, forse, ma più meditazione con il clima incerto e la luce che battaglia con le nubi. E l'intelletto si apre. Il pensiero si fa ampio e profondo. 
E' quello che mi è capitato visitando il lago di Rosamarina. Un bacino artificiale nei pressi di Caccamo, in Sicilia.
E' maggio. I fiori ci sono, infatti. Il prato verde anche. Il lago è lì in mezzo. Quieto. 
Eppure non ci sono i colori che mi aspettavo, quelli di una bella giornata di primavera con la luce che accarezza le cose e le rende perfette per una fotografia. Ma non metto via la mia inseparabile macchina fotografica. Perché questo posto, così, ha un fascino anche maggiore. E' più vero. O forse solo più mio, privato di altri visitatori meno temerari di me. Di quelli che vogliono il sole a tutti i costi.



Mi godo il lago, dunque. 
Con un cielo incerto riflesso nell'acqua calmissima. 
Con i ciottoli che vestono il fondale.
Con un ramo che esce dall'acqua, duro, a contrasto col paesaggio tanto calmo.
Immagino storie. Come si fa a non immaginarne?
Storie di ninfe o di creature mostruose. Storie di uomini. Storie di amori o di rancori. Poco importa. Quello che conta è essere qui. Esplorare con lo sguardo l'ampiezza di questo bacino così perfetto per essere artificiale.
Camuffato benissimo con l'armonia della natura.
Vorrei esplorarlo tutto. Ogni angolo potrebbe raccontare qualcosa, ne sono sicura. Ma è una giornata nuvolosa, è tardo pomeriggio, la strada che costeggia il lago non è nelle  condizioni migliori. E allora si respira tenendo a bada la frenesia. Si apprezza di più quello che si ha. Il resto si immagina. 
 

Risalendo lungo la strada che poi porta alla statale, una sorpresa mi aspetta. Cosa chiedere di più? Cavalli in libertà in un prato sopra il lago. 
Una coppia bruca vicina. E poi lui si discosta. Solitario e fiero si affaccia a guardare il lago che ora è totalmente avvolto dalle nuvole. Chissà cosa immagina, questo cavallo, di fronte tale panorama. E' giovane e sogna avventure che brama vivere o è anziano e contempla saggio e pieno di ricordi il suo lago?
Le ha già cavalcate, le sponde, o deve ancora farlo?



Li lascio lì. Il cavallo e le mie domande.
E vado in paese, a Caccamo. Non è più tempo, ormai, di stare al lago. Il tramonto si avvicina e l'aria si è fatta più fresca. 
E poi voglio vedere il castello medievale per cui è famosa la cittadina. Purtroppo però è già chiuso e mi devo accontentare di quello che si vede da fuori. Invitante lo è certamente. Con i merli e le torri, così a precipizio sopra una rupe. Un castello proprio come da bambini ci si aspetta che siano i castelli. Ci tornerò.

Castello di Caccamo

La vista da sopra deve essere senz'altro magnifica. Il castello è  costruito proprio su un precipizio da cui si apre il panorama su tutta la valle e sul lago stesso.
Ora le nubi si stanno tingendo di blu. Le storie che immagino sono favole. Di quelle belle ma che fanno anche un po' paura. Perché qualcuno è rinchiuso nelle prigioni dopo una battaglia o perché una bella principessa aspetta qualcuno che la salvi. Ma con quel precipizio pauroso deve aspettare ancora molto. Un temerario, un coraggioso, un eroe. 
Ma intanto ha quel magnifico lago e le colline verdi da ammirare. E il castello con il suo precipizio allora non le fa più tanto paura. E' imponente e bello.
O forse è pieno di fantasmi che la notte fanno cigolare le vecchie porte.
O solo di nidi di rondini che in primavera lo sorvolano garrendo...


E così si fa l'ora di tornare. Saluto il bel panorama e questa giornata in cui mi è sembrato di vivere nella dimensione di un sogno. Tornerò a Caccamo e al lago di Rosamarina. Vi farò sapere che effetto mi fa con il sole, gli  sportivi e i bagnanti. Sarà bello lo stesso, di sicuro.
Ma sarei pronta a scommettere che la vera anima di questo luogo si rintraccia esattamente nelle giornate come quella che ho vissuto io. Di quelle sospese tra sogno e realtà.




martedì 11 marzo 2014

Cigni e riflessi del lago di Bracciano


Pochi chilometri da Roma. Un lago di origine vulcanica tra le dolci colline laziali. Ufficialmente Parco Regionale dal 1999. Tre graziosi paesini che si affacciano sulle sue sponde: Bracciano, Trevignano e  Anguillara Sabazia. 

Lago di Bracciano visto dal castello Orsini-Odescalchi








Visitare il castello Orsini - Odescalchi.
Godere della vista spaziosa, sul lago e sui monti Sabatini, dalle sue torri.
Passeggiare per le curate vie del centro storico. Curiosare tra le bancarelle di un mercatino di artigianato.






Lago di Bracciano presso il paese di Anguillara Sabazia
Poi Anguillara Sabazia. Con il suo lungolago così piacevole e il centro storico tutto in salita, sviluppato soltanto verticalmente, quasi che le abitazioni non volessero distaccarsi dal lago e siano state costruite in maniera tale che nessuna fosse privata della vista dell'acqua.




Porgere un pezzetto di pane ai cigni che nuotano, abitanti sovrani del lago. 
Arrivano e poi spariscono. Ci danno la misura della grandezza del lago. Per noi è immenso. Per loro evidentemente no.
Lo conoscono tutto. Ce lo insegnano. Le scie che lasciano nuotando ci indicano la direzione. Quella verso i posti segreti e più belli. Quelli che non sono destinati ai nostri occhi.


Tutto questo può bastare. 
Per sfuggire al chiasso della città. Perché almeno una domenica di primavera sia effettivamente tale. Per sentire i battiti del cuore decelerare e farsi più pacati e profondi.

Potrei stare ore a guardarlo. Il lago di Bracciano. Con tempo bello e con quello brutto. Con i suoi cigni e con le sue acque calme. La sua anima. Che altra sensazione può essere, se non la serenità, che proviene da una luce soffusa, appena filtrata dalle nuvole, che rende argentina l'uniforme superficie dell'acqua? Due puntini bianchi delle barche che si sono avventurate fuori con il tempo incerto. Acqua, terra e cielo un tutt'uno. Squarciato di bianco. La solitudine dei riflessi in questo specchio di luce.


E ancora i cigni.
Ora sostano. Immobili e impassibili anche loro, nella calma del lago. Ne sembrano ornamenti. Le piume soffici, bianche, trasparenti alla luce del sole che cala. In attesa.



E finalmente viene il tramonto. La luce vince le nubi e dipinge d'arancio la superficie del lago.
Un cigno si impenna. Rompe la calma e l'uniformità dell'acqua. Saluta il giorno. Sa che è l'ultimo momento per farlo. Prima di riposare tutta la notte in attesa dall'alba. Non può stare più fermo, ora. Agita le ali, per asciugarle, all'ultimo sole. L'ultima occasione. 



Poi la luce affievolisce. Per gli uccelli è ora di volare via, verso i loro ripari.
ll cigno si rassegna beatamente alla quiete. Diventa un tutt'uno col lago. Dello stesso colore. Con lo stesso moto. Parte di esso e non più creatura a se stante. 
Il lago offre riposo. Diventa immenso.
E la notte non fa più paura.










domenica 2 marzo 2014

"L'orribile bellezza" delle Cascate delle Marmore




Una leggenda vuole che la ninfa Nera si innamorò del pastore Velino, ma Giunone, gelosa, trasformò la ninfa in fiume. Allora Velino, per non separarsi dalla sua amata, si gettò nel fiume dalla rupe delle Marmore. Da quel salto d'amore disperato nacque la famosa cascata.

In realtà sappiamo che le Cascate delle Marmore sono artificiali. Create per alimentare la centrale elettrica di Galleto, in Umbria, in provincia di Terni.
E non è facile dimenticarlo perché la cascata è "concessa" ai visitatori solamente a orari prestabiliti, quando un segnale acustico avverte che l'acqua sta per essere rilasciata.
Per il tempo restante la cascata continua il suo nobile compito: la produzione di energia elettrica pulita, e ai visitatori resta solo un torrentello da ammirare e un luogo dall'eccessivo sfruttamento turistico. Negozi e negozi di gadget e souvenir, percorsi e orari rendono poco naturale la visita. Ci si accontenta.
Però, quando la cascata viene rilasciata, e raggiunge la sua massima potenza, compiendo tre salti poderosi, allora la forza dell'acqua ha il sopravvento e apre l'immaginazione. Spariscono per un momento gli artifici, e torna la leggenda. La disperazione, così potente, dell'amore di Velino per Nera. E la cascata è così: tanto forte da far quasi paura, come un amore bellissimo e disperato.
Gli schizzi d'acqua saranno ovunque, il vapore nebulizzato e l'umido vi avvolgeranno. 
E sarete parte della cascata.



La natura intorno è rigogliosa. Diversi percorsi, divisi a seconda del grado di difficoltà e della zona che interessa visitare, portano a scoprire più da vicino il fiume e la cascata. 



La vista dal Belvedere Inferiore, dove si ammira la cascata nella sua interezza, e dal Belvedere Superiore, per ammirarla dall'alto, sono indubbiamente suggestive.

Belvedere inferiore

Come dimenticare il panorama dalla Specola (una torretta fatta costruire da Pio VI, nel 1781, accanto al Belvedere Superiore)! Da qui si sente il rombo dell'acqua, fortissimo, e si ammira un meraviglioso arcobaleno, che si crea dalla combinazione del vapor acqueo e particolari condizioni atmosferiche. 
I viaggiatori del Grand Tour, che avevano come tappa fissa le Marmore, rimanevano estasiati dall'arcobaleno. 
Queste le parole di Philippe Petit - Radel, geologo francese, che visitò le Marmore nei primi dell'Ottocento:
"Il rumore che fa l'acqua è tale che finisce per affaticare l'udito; il vapore che si innalza dal fondo della valle, non solo riempie interamente lo spazio, ma guadagnando la cima della montagna, forma una specie di nuvola leggera come polvere, attraverso la quale i raggi del sole che tramonta formano il più bell'arcobaleno che io abbia mai visto".

Belvedere Superiore


Luce, acqua, vapore, colore, rombo. Tutti i sensi sono in allerta. La cascata avvolge. Conquista. Vince sulla distrazione. Primeggia. Intimorisce e incanta.

Anche Lord Byron visitò le Marmore durante il Grand Tour. E anche lui ne fu colpito.
Definì la cascata: "Orribilmente bella".
E le dedicò questi versi, tanto significativi da riassumere da soli tutto l'incanto e la spaventosa forza dell'acqua:

"Rimbombo di acque! Dalla scoscesa altura il Velino fende il baratro consunto dai flutti. Caduta di acque! Veloce come la luce, la lampeggiante massa spumeggia, scuotendo l'abisso. Inferno di acque! Là dove queste urlano e sibilano e ribollono nell'eterna tor­tura; mentre il sudore della loro immane agonia, spremuto da questo loro Flegetonte, abbraccia le nere rocce che circondano l'a­bisso, disposte con dispietato orrore, e sale in spuma verso il cielo, per ricaderne in un incessante scroscio, che, con la sua inesausta nube di mite pioggia, reca un eterno aprile al terreno attorno, rendendolo tutto uno smeraldo: - quanto profondo è l'abisso! ..."