giovedì 1 ottobre 2015

L'ambientazione perfetta per una fiaba: il lago Maulazzo


Dovessi scrivere una favola, di quelle popolate di fate dei boschi, di ninfe e di elfi - di quelle insomma strettamente legate alla mitologia delle natura - non potrei pensare ad ambientazione migliore del lago Maulazzo. Le immagino qui, le creature bellissime e misteriose che odorano di bosco, di muschio, di acqua. Nascoste dietro qualche tronco d'albero per giocare a nascondino, o sulle sponde del lago, sedute sul prato, a ridere in compagnia. Ma, prima che mi faccia prendere troppo la mano dall'immaginazione, procediamo con ordine: siamo ancora una volta in Sicilia, stavolta nel cuore del Parco dei Nebrodi, la più estesa area verde protetta della regione.
Visitare il parco d'estate, provenendo dalla calura estiva che non risparmia la costa, è un'esperienza rigenerante. Mano mano che salirete nell'entroterra, che la vegetazione sarà più fitta e vi alzerete dal livello del mare, sentirete l'aria cambiare, farsi fresca, pura di ossigeno e odorosa.  I boschi circonderanno la strada, e facile sarà incontrarne ai margini cavalli selvatici, capre, pecore al pascolo e maiali neri. Il sole filtra tra gli alberi creando piacevoli giochi di luce con un benefico effetto rilassante. Non credo di sbagliarmi nell'aver riconosciuto, lungo alcuni tratti di strada, un forte odore di liquirizia, che probabilmente cresce spontanea in questo territorio e si fonde perfettamente agli altri odori della natura.
Ci sarebbe moltissimo da visitare, non basterebbe di certo una giornata, e conviene dedicarsi a un itinerario per volta. Il mio interesse, questa volta, è ricaduto sull'area dei laghi, in particolare sul lago Maulazzo di cui vi ho accennato già all'inizio di questo post come luogo fiabesco. Una volta lasciata la strada principale, da Sant'Agata di Militello (provincia di Messina) in direzione Cesarò, a meno di non avere un fuoristrada occorre proseguire a piedi per un chilometro e mezzo di un sentiero pietroso e abbastanza faticoso. Ma poi, quando il lago apparirà davanti ai vostri occhi, dopo l'ultima curva del sentiero, la fatica sarà ricompensata dalla delicata bellezza di questo lago. Siamo a 1498 metri sul livello del mare, fa quasi fresco. L'aria è densa di acqua e di muschi.
Il lago è un piccolo specchio d'acqua, circondato dalla fitta faggeta di Sollazzo Verde in provincia di Alcara Li Fusi. 

E' un luogo che si rivela piano piano, timidamente. Non imponente, date le dimensioni ridotte, ma graziosissimo per i suoi colori, per il prato che lambisce le sponde, per il bosco che lo avvolge. Per le foglie che ne adornano la superficie dell'acqua, galleggiando sospese, leggere e già colorate un po' d'autunno. Per la quiete che si respira. Per la sensazione di essere, per una giornata almeno, fuori dal mondo. 
Il verde di ogni sfumatura e il marrone della buona terra  riempiono la vista. E la riposano. 
Il paesaggio è pieno. La natura lo occupa totalmente, generosa e viva.


 












Ci si ferma sotto gli alberi a fare un pic-nic, ci si sdraia sul prato a sentire i rumori della natura o si osserva semplicemente la riva opposta, con la faggeta orgogliosa, fitta e intatta. Bellissima. Qualunque sia il modo di fruire di questo lago, si torna a casa rigenerati dal luogo, la cui anima è nobile e delicata. E' un'anima riservata, disponibile a svelarsi solo ai pochi frequentatori che arrivano fin qui rinunciando all'attrattiva del mare cristallino della costa. E' un'anima sofisticata, leggera, che pare uscita, appunto, dall'illustrazione di un libro di favole antiche. 

E' possibile fare tutto il giro del lago a piedi. Ci si impiega circa un'ora, con calma, prendendosi il doveroso tempo per osservare gli angoli più belli o scattare fotografie. E nel frattempo, se è già pomeriggio, sale una deliziosa nebbiolina, che avvolge la faggeta e accarezza l'acqua rendendo il luogo ancora più suggestivo.
Come non immaginare una fata di quelle che hanno popolato l'infanzia della maggior parte di noi - di quelle che ti raccontava la mamma o la nonna - che si pettina i capelli su un tronco d'albero, contemplando i bellissimi alberi della riva opposta?
Come non fermarci, anche noi, ad ammirare questo paesaggio così semplice eppure così perfettamente completo e bello. Così pieno. 
Impossibile rimanere indifferenti di fronte ai faggi riflessi nelle acque del lago, come amici fedeli che cedono una parte di sé all'acqua con cui diventano un tutt'uno. O di fronte al disegno di foglie che adorna delicatamente il lago, quasi fosse un ricamo.


Ce lo porteremo dentro molto e molto tempo, il minuscolo lago Maulazzo. Con il suo paesaggio rilassante e fiabesco. Orgogliosi per aver visitato ancora una volta un luogo della Sicilia poco conosciuto, lontano dai soliti percorsi turistici, eppure così interessante. E forse, a distanza di anni, se non saremo così fortunati da poterci tornare, ci tornerà in mente come fosse uscito da un sogno, di cui forse non ricordiamo più i dettagli, ma resta vivissimo il senso di benessere e di meravigliosa bellezza che ci ha regalato quel paesaggio tratteggiato da acqua e boschi che vi si riflettono...


venerdì 8 maggio 2015

Parco della Maremma: dove la natura regna sovrana


Spiaggia di Collelungo

E' in Toscana, che ho lasciato un pezzettino del mio cuore. Va cercato lì, nel Parco della Maremma, tra la natura incontaminata. Tra 9800 ettari di monti, boschi, aree paludose, macchia mediterranea, spiaggia, che occupano il lato costiero tra i comuni di Orbetello e Grosseto. Un'area integralmente preservata e dal fascino indiscutibile. Ricca di varietà di flora e di fauna (è facile incontrare cinghiali, mucche, cavalli in libertà).
Il parco è organizzato in diversi itinerari, divisi a seconda del grado di difficoltà, che partono da Talamone o da Alberese. C'è anche la possibilità di fare percorsi in bicicletta, in canoa o in carrozza. Altrimenti si cammina. Così come ho scelto di fare io, in particolare seguendo l'itinerario A2: "Le Torri", il più vario dal punto di vista paesaggistico. Quello di cui parlerò in questo post.

Che dire? Inizio dicendo che è stato un po' un colpo di fulmine, nato per caso, vedendo sul web delle fotografie dei Monti dell'Uccellina (siti all'interno del Parco della Maremma). E già il cuore batteva di fronte alla possibilità che esistesse un posto così in Italia. Fiumi che tagliano pinete fittissime, chiuse tra colli boscosi e lunghissime spiagge. Un paesaggio che richiama l'immaginario di foreste tropicali, dall'altro lato del mondo. E invece è in Toscana.
L'entusiasmo iniziale è stato poi leggermente frenato da un itinerario dato come "medio", ma lungo quasi sette chilometri di sentieri in mezzo ai boschi, su e giù per colli. Ma qualunque cosa leggessi, qualunque ostacolo si presentasse, tuttavia niente riusciva a frenare l'irresistibile attrazione che mi ha portato in questo luogo. E, a cose fatte, voglio rassicurare chi ha i miei stessi dubbi: l'initerario A2 è fattibilissimo: una bella camminata, certo, in alcuni brevi tratti un po' faticosa, ma assolutamente alla portata di chiunque goda di normale salute e ami camminare. 

Ma iniziamo con ordine. Iniziamo dal pullman che vi porterà dal centro visite di Alberese ai "Pratini": una radura in mezzo al bosco da cui partono gli itinerari. In realtà si tratta di un autobus del tutto particolare: identico a quello che potete trovare nelle nostre città, ma che passa in una stradina in mezzo ai campi e fa un'unica fermata: nel bosco. Che meraviglia!
E da qui, con il sorriso sulle labbra, inizia l'avventura. 
Una strada pianeggiante e asfaltata taglia il bosco e vi consente, intanto, una passeggiata tranquillissima, arricchita dalla sorpresa dei profumi del bosco. L'aria è già diversa. E' già intatta. E sa di funghi, di felci, di alberi, di fiori, di erbe aromatiche. Di primavera. 
Si cammina e si respira. Si respira e si cammina. Di buon passo. Di buon umore.  

Poi la strada si fa sterrata. E delle frecce di legno indicano la via da seguire. 
Una prima deviazione, sulla destra, permette di raggiungere, dopo una salita, la prima tappa dell'itinerario A2: la Torre di Castel Marino.  

Torre di Castel Marino
La torre, un tempo necessaria per l'avvistamento, oggi è poco più di un rudere.
Ma quello che qui è sbalorditivo, non è la torre in sé per sé, ma il panorama mozzafiato che gode dalla sua posizione.
E' costruita, infatti, su un'altura che domina chilometri di foresta Granducale intatta, tagliata solo da due fiumi che si incrociano, con nettissime linee, per poi sfociare a mare. Un mare che avvolge d'azzurro lo sterminato verde dei pini sotto di noi. 
Siamo così in alto, il panorama è così ampio, il vuoto sotto di noi così immenso, che pare di volare. Non esagero se scrivo che, solo in questo momento, nella mia vita, ho capito davvero cosa provano gli uccelli in volo. Cosa vuol dire avere tutto il mondo sotto di te. Tutto lì sotto che pare di abbracciarlo in un istante soltanto. Con un solo sguardo. Colmo. Libero.
 
Panorama dalla Torre di Castel Marino

E' difficile lasciare questo panorama per proseguire. Tuttavia ci alletta la prospettiva di altre scoperte interessanti e nello stesso tempo già ci appaga quello che abbiamo visto. Così ci rimettiamo in cammino, gioiosi per il vissuto e col cuore aperto a nuove scoperte.

Gli odori della campagna ora si sostituiscono a quelli del bosco più fitto. Un odore di estate preannunciata. Un odore che sa delle cose belle vissute in passato. Delle gite fuori porta, delle domeniche all'aperto, delle vacanze da bambini. Un odore che riconosciamo.
L'ambiente poi si fa vario: si passa velocemente dalla campagna, a zone coltivate a uliveti, a zone paludose, alla pineta che spazza via tutti gli altri odori, con il suo, predominante e vigoroso, di resina.

Uliveti
Zona Paludosa

E poi, improvvisa, eccola. La sabbia. Dopo tanto cammino, il mare è una conquista. Una vittoria. Dune di sabbia preannunciano l'acqua. Sembrano essere messe lì apposta per darci il benvenuto nella spiaggia che proteggono. E sulle dune, la vegetazione cresce imperterrita. Viva.

Vegetazione sulle dune della spiaggia di Collelungo


E l'acqua del mare, argentata dai riflessi del sole del pomeriggio, è una distesa di vita di fronte a noi. Ci invade con l'odore della salsedine, portata da un vento continuo ma piacevole. Con la luce. Con la sensazione di essere arrivati, finalmente, alla meta. Con il sapore della conquista. Con l'apertura che rappresenta da sempre il mare, dopo la montagna. 
La libertà.
E' così che si si sente in questa spiaggia, la spiaggia di Collelungo. Liberi. 
Per chilometri non ci sono, a vista, costruzioni umane. I monti  racchiudono tutta la spiaggia. C'è pochissima gente. Solo quella che ci arriva, almeno in questo punto, seguendo gli itinerari di visita del parco. Posso contare le persone con le dita delle mani. Siamo tutti come naufraghi sopravvissuti, miracolati scopritori di una terra segreta. Eletti. E' così, almeno, che mi sento io. E l'anima di questo luogo, come la sento forte! E' mare. E' vita. E' silenzio. E' profondità. E' natura sovrana.

Sono i milioni e milioni di tronchi d'albero portati qui dalle correnti, sbiancati e levigati dal mare, che fanno ormai parte della spiaggia stessa. E' il promontorio di Collelungo che la protegge. E' il sole che non fa sentire freddo. E' il vento che non fa sentire caldo. Un giorno di perfezione. Di assoluto benessere e comunione con la natura. Di totale serenità e completezza. Di verità.

E d'improvviso, come se ancora non fosse già abbastanza, dalle dune spunta un volpino. Si guarda intorno, tra le capannine - rifugio costruite con i tronchi della spiaggia da chi cerca riparo. Si fa avanti. Cammina sulla sabbia. Quasi si avvicina. La spiaggia è la sua. E questo luogo non finisce mai di stupire. 

Volpe sulla spiaggia di Collelungo

Quando riprenderete il cammino, dopo essere stati alla spiaggia, saprete che state andando a visitare la seconda e ultima torre dell'itinerario, saprete anche che la troverete bellissima, ma nascerà già dentro di voi un po' di malinconia. Per la spiaggia che vi lasciate alle spalle. Per il pezzetto di cuore che rimane lì, sulla sabbia intatta.



Torre di Collelungo
Una breve salita ed eccola, la seconda torre, nonché ultima tappa: la Torre di Collelungo. Questa è sicuramente meglio conservata rispetto alla prima, ma anche qui, quello che colpisce, non è la costruzione in sé per sé , ma sicuramente il panorama mozzafiato.
 




Il fiume taglia la pineta sotto di noi. Il colle con la Torre di Castel Marino domina la scena. E ci sembra incredibile, ancora una volta, che paesaggi del genere possano esistere in Italia, e quanto poco, a volte, conosciamo la nostra Terra, che invece offre cose meravigliose. Così come sembra impossibile essere stati, poche ore fa, in quella prima torre che da qui pare ora così lontana. Eppure non ci si sente affatto stanchi. Appagati da tanta meraviglia indimenticabile. 

Panorama dalla Torre di Collelungo


Perché questo non è un addio, ma soltanto un arrivederci.
A presto, Parco della Maremma... Ti salutiamo con i versi di un nostro amico, a cui hai rubato il cuore:


MONTI DELL’ UCCELLINA

...e un luogo misterioso

Sulla cima di Poggio Lecci
sentieri di note
grappoli di odori sempre freschi
in un’intensa meraviglia
che nasce e si trasforma
sotto un grembo di luna,
e uno stato d’animo slanciato
quel tappeto fascinoso di maestrale
fino a lambire i sensi incontaminati
di Cala di Forno.

Canti invisibili nel retroterra, le pinete
e nel vuoto le meditazioni
in un susseguirsi di danze invase
da mistero come marciano
le rime dei poeti fino a rasentare
le rive dell’Ombrone.

FABIO STRINATI


giovedì 5 marzo 2015

Trogir: la città - isola

Veduta di Trogir

Dal 1977 la cittadina Dalmata di Trogir fa parte dei patrimoni dell'Umanità dell'Unesco. E' un gioiellino di architettura veneziana, sito in una cornice naturalistica particolarissima: Trogir, infatti, è costruita su un'isola collegata con un ponte alla terraferma croata e con un altro ponte all'isola di Ciovo. Isola tra terra e un'altra isola. Già questo basterebbe a spiegare il fascino che la caratterizza. Ma c'è di più. C'è il canale che segue tutta la lunghezza della città che vi si affaccia. Ci sono le mura che la racchiudono tutta e che, come guardie del corpo fedeli, la proteggono e ne custodiscono la vita all'interno. E poi ci sono i campanili delle tante chiese che adornano le sue piazze e svettano alti, oltre le mura, e ci attraggono svelando un po' della bellezza celata. Ci sono poi le porte di accesso alla città, collegamento tra il mondo immaginato e il mondo reale.
Un mondo, quest'ultimo, che non delude le aspettative: viuzze caratteristiche, ricche di botteghe artigiane, palazzi in pietra, ornamenti. Pullulare di vita, di gente, di bar all'aperto e di musica che risuona per i vicoli e guida per la città. Piazze. Chiese. Facciate scolpite in stile veneziano. Tetti fatti di tegole e cupole color mattone.
Il tardo pomeriggio la luce è tutta verso l'alto. Ad illuminare i campanili e accenderne l'arancio. Mentre la sera nasce già vivace nelle piazze giovani e animate di Trogir.



Eppure non è ancora tutto. L'anima di Trogir non è solo questa. E, secondo me, si cattura meglio dal mare. 
Veduta di Trogir
Da quel lungomare fatto di palme, che sfilano fino al castello, con i monti sullo sfondo e l'isola di Ciovo dall'altro lato. Da qui arriva l'odore di lavanda, di pini marittimi, della vegetazione intorno e del mare. Da qui, nel tardo pomeriggio, meglio risplendono i campanili della città. E più facilmente si vivono degli istanti in cui il tempo sembra fermarsi. E si percepisce l'eternità.

E la bellezza di Trogir risplende così in tutta la sua interezza. Fatta di tanti piccoli elementi che si compongono a formare uno scenario unico. E' questo, forse, il segreto dell'anima di Trogir. Tante tessere che, messe al posto giusto, formano il bellissimo mosaico della città. Nessuna predominante rispetto all'altra. Tutte ugualmente essenziali. In un perfetto equilibrio in cui niente spicca, ma tutto contribuisce alla meraviglia di questo luogo. L'isola, il mare, i monti, i canali, le mura, le piazze, i campanili, il castello, l'artigianato. I colori, la musica, i profumi. Ecco: l'anima di Trogir è eterogenea, mista. E perciò completa. E rimane impressa. Il ricordo della cittadina si imprime, piacevole, nella mente. Senza altro "perché" che l'armonica bellezza completa e raffinata del luogo. Che stupisce senza bisogno di effetti speciali, con eleganza, con quieta perfezione, con arte. Essendo, semplicemente, Trogir.

E quando poi cala la sera, prima che le luci si accendano ad illuminare la notte, ecco un momento di intensità. In cui l'anima della città si riposa, in un sospiro tra il giorno e la notte. Ogni scorcio si fa pittorico, per immortalare nel ricordo la fine di questa giornata, proprio come un dipinto immortala sulla tela il paesaggio che rappresenta.
E si è già pronti a ricominciare.

La silhouette del campanile principale svetta fiero tra le palme. Misterioso e ammaliante, a simbolo di questa città.















venerdì 6 febbraio 2015

C'era una volta Martignano

Veduta del lago di Martignano


Vulcanico, isolato, intatto. Così è questo lago dell'Italia centrale, nel Lazio, in provincia di Anguillara Sabazia; un'area protetta che fa capo al parco naturale regionale di Bracciano - Martignano.
Nessun centro abitato si affaccia sulle rive del lago. A Martignano il panorama è totalmente naturale, fatto di dolci colline che alternano zone alberate ad ampi prati, ottimi pascoli per greggi di pecore. A volte anche mucche. Spesso cavalli.
Nessuna strada asfaltata. Solamente sentieri tracciati tra i campi con il brecciolino, che forma, dall'alto, graziose linee bianche tra i prati, ad animare il terreno.
Nessun collegamento con l'esterno. Il piccolo lago dal perimetro di circa sei chilometri è un mondo chiuso, fuori dal mondo, bastevole a se stesso. 
L'azzurro dell'acqua del lago spicca, tra le varie gradazioni di verde della vegetazione circostante. Verde oliva, verde bosco, verde brillante dei prati. Se un pittore dovesse dipingere Martignano, dovrebbe usarle tutte, le gradazioni di verde e d'azzurro. I colori della natura. Dell'acqua, del cielo, del bosco. Nessuna invenzione dall'uomo, nessuna costruzione da dipingere, qui, né strade né case. Solo natura.

Eppure l'uomo è riuscito a rovinare ugualmente questo meraviglioso luogo. Lo stesso uomo che lo protegge, dichiarandolo area protetta, ne complica l'accesso solo per lucrarci sopra, lasciando l'amaro in bocca ai molti, amanti rispettosi di Martignano, che lo frequentavano.
Prima si raggiungeva, con fatica, il lago. Dopo una strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi. E c'era un parcheggio a pagamento, nel nulla di una radura sovrastante il lago, dove tuttavia era praticamente necessario parcheggiare la macchina. Non contenti, le cose sono peggiorate ulteriormente nel 2012, con l'intruduzione di una insensatissima zona Ztl a qualche chilometro dal lago, nelle stessa strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi, che citavo poche righe fa. Non si può accede oltre - dicono - per salvaguardare l'area naturale. Per andare a Martignano, allora, bisogna usufruire del disorganizzatissimo servizio di navette a pagamento, in aggiunta al prezzo del nuovo parcheggio, che portano alla stessa radura sopra il lago di  prima. Qui si scende, come al solito, a piedi, tra la polvere sollevata dalle molteplici macchine degli autorizzati dal comune, che - queste sì - possono arrivare fino alle sponde del lago in barba all'inquinamento e a qualsiasi necessità di salvaguardia ambientale. 
Condizioni assurde, che servono evidentemente solo a fare cassa. Chi paga va, e pure in modo scomodo. Chi non paga non va. Questa è la discriminazione. Non come si comportano le persone una volta scese al lago. Non se hanno rispetto della natura. E un luogo tanto bello diventa a servizio di interessi economici, gli unici che fanno la differenza. 
Ed è per questo motivo che sono già tre anni che non vado più a Martignano. Non per i 9 euro che bisogna pagare, non per la scomodità. Ma per principio. Perché la natura è di tutti e l'unica differenza dovrebbe essere fatta tra chi la rispetta e chi no. Non tra chi può comprarsela e chi no. Soprattutto perché, in questo caso, in cambio di denaro non ci sono servizi efficienti né investimenti a favore del luogo, e non ci sono neppure motivazioni di salvaguardia reali. Qui c'è solo speculazione sulla natura . E' essa stessa, nuda e cruda, che viene messa in vendita.

Ma torniamo alle ragioni di questo post. Come sapete il mio blog è un blog dell'anima. Fatto per raccogliere le emozioni che emanano i luoghi. E qui si deve concentrare la mia attenzione, distolta per troppe righe dalla rabbia, e a queste emozioni devono tornare i ricordi che ho di Martignano. 

A quando, dall'alto, la vista spazia per la prima volta sul panorama del lago.
Le fronde degli alberi mosse da un leggero vento. I colori stemperati nella brezza di un pomeriggio di inizio primavera. Pigri. Miscelati dal vento in una serie di chiaroscuri dai labili confini. 
E nulla intorno. Solo Martignano. Il fascino di un luogo in cui non si può solo passare, transitare, capitare, ma si va. Non collegato a null'altro che a se stesso. Piccolo universo autonomo.

Per toccare le rive del lago si scende la vallata ricoperta, in primavera, di erba alta, incolta e ballerina schiava dei venti. Meta: la macchia d'azzurro che ci attira come una calamita. Bussola tra la vegetazione. Avvolta dagli alberi che la adornano come un vestito di stoffa pregiata cinge il corpo di una donna già bella, esaltandone la bellezza e proteggendola. 

E, arrivati sulla riva del lago, sul serio si percepisce d'essere in un mondo a parte. Tranquillità, pace, serenità. Una barca dolcemente adagiata sull'acqua calmissima. Nuvole riflesse. Boschi e prati avvolti nella luce magica del tardo pomeriggio, che suggerisce regni di fiaba (non a caso Martignano fu scelto come ambientazione della casa della Fata Turchina nel Pinocchio di Comencini). 
Silenzio, quiete, isolamento. Questa è l'anima di questo luogo. Un incanto fatto di purezza. Di un'aria limpida e una natura genuina. E del limite. Il limite per cui non si può andare oltre, per cui non si transita da Martignano, ma si sta. Entro il suo perimetro d'acqua. Che racchiude già tutto. L'identità del luogo pura. Non contaminata da nessun altro luogo, con la personalità spiccata che hanno tutti i luoghi isolati, che non portano ad altri luoghi ma solo a se stessi.





Godiamo allora di questo piccolo universo prezioso, completo per se stesso. Immaginiamo corse sui prati, avventure d'infanzia di tanti anni fa, quando correndo a piedi nudi sognavamo d'esser sollevati dal vento e volare sui boschi e planare sull'acqua. E immaginiamo che tutto il mondo sia così. Bello, pulito, genuino, incontaminato. O che sia questo il mondo. Questo luogo solo, che ci assorbe con la sua anima fiabesca.

Mettiamo pure i piedi nella ghiaia della riva del lago, tra l'acqua cristallina ora appena un po' sollevata dalla corrente. Gettiamo un occhio alle rive illuminate dal sole dall'altro lato del lago. A quelle dolci collinette rassicuranti che lo circondano tutto, come una gemma preziosa montata ad arte. 
Notiamo come non ci sia più nessuno, qui, in questo tardo pomeriggio al lago. Solo le favole antiche della nostra immaginazione.
E sospiriamo di felicità...



giovedì 8 gennaio 2015

Un tuffo nelle acque del Krka

  
Inizio il nuovo anno con un post dedicato a un luogo che ho particolarmente a cuore. E, naturalmente, inizio dall'acqua. Chi mi segue avrà capito da tempo che è il mio elemento dell'anima. Dunque stavolta vi porto in Croazia, in Dalmazia per la precisione, alla scoperta di uno dei parchi nazionali naturali del paese: il parco del Krka, dove l'acqua regna sovrana e dominatrice su tutto.
 
Si arriva in macchina fino a Skradin, piccola ma curata località a ridosso del parco. L'ambientazione, già qui, è pittoresca. Fitti boschi si affacciano sulle rive del fiume. Piacevolissimo è sostare sulla riva, senza fretta, permettendosi il lusso di perdere la cognizione del tempo. Mentre ci si lascia cullare dal rumore della corrente. Mentre arriva l'odore di acqua e di boschi. E già ci si rilassa. E si sogna.
 
 Ma il meglio deve ancora venire. Per entrare nel Parco vero e proprio occorre pagare un biglietto e salire su una delle imbarcazioni che fanno avanti indietro tra Skradin e le cascate.
La navigazione sulle acque del fiume è lenta e piacevole. Dura circa una ventina di minuti e permette di addentrarsi nelle anse del fiume e scoprirne scorci caratteristici e fauna e flora che vi si nasconde.
Il battello vi lascerà poi a poca distanza dalle meravigliose cascate del Krka, pronti al percorso che vi sorprenderà per la fitta vegetazione dal sapore tropicale che troverete. Rivoli e cascatelle scorrono in un fitto sottobosco, fatto di liane, arzigogolate radici di alberi e grandi foglie nutrite dalle acque generose del fiume. 
 
Lungo il percorso sarà piacevole anche visitare uno dei vecchi mulini ad acqua addetti, un tempo, alla macinazione del grano.
E' veramente incredibile come anche le costruzioni umane, qui come in quasi tutta la Croazia, siano perfettamente inserite nel contesto naturale. Lo arricchiscono senza deturparlo, diventando complementari allo stesso paesaggio fatto di boschi, di acqua, di pietra.
Sembra di essere in un mondo immaginario, nato dalla fantasia di una favola bella. 
Ma è inutile negare che la parte principale del parco, quella che lascia davvero senza fiato, debba ancora venire.

Camminando tra la vegetazione, infatti, arriverete presto al cuore del parco: la lunga catena di salti che fa il fiume, scorrendo rapido nella verdissima valle. Le mille sfumature dell'acqua, dall'azzurro al turchese, sono uno spettacolo per gli occhi. Ma quello che colpisce di più è la forza dell'acqua che, rapida, trascina via tutto e continua a scorrere per chilometri e sembra non finire mai. L'anima del luogo è la sua. Irriverente. Meravigliosa. Con una forza attrattiva spaventosa.
 


In un tratto solamente è consentita la balneazione. A ridosso di una delle cascate meno dirompenti, ma ugualmente affascinanti. Qui, sebbene l'affollamento di bagnanti sia notevole, fare un tuffo è un'esperienza assolutamente da fare. E' il bagno in un luogo per privilegiati. Nuotare qui, a ridosso di una cascata il cui suono vi accompagnerà come una costante melodia, tra la vegetazione acquatica e le rive alberate, fino al tardo pomeriggio, vi farà sentire lontanissimi dal mondo reale. Immersi in un mondo tutto vostro. Fatto di acqua. Di anima. In un Eden terreno, tanto desiderato. In cui siete creature d'acqua e di vento. Ninfe di fiume o sirene. Non importa. Vivrete comunque la loro vita irreale. Nella vostra mente perderanno confine palazzi e cemento, per essere sostituiti da una normalità fatta di questo: di acqua, di aria, di sole. Sarete questo. E sentirete il vostro corpo leggero e i problemi inconsistenti.
Che meraviglioso sentire! Anche se per un pomeriggio soltanto. 
Che bella finzione! Credere di vivere qui per sempre. Di essere, anche voi, creature di questo luogo.
 
Ma state attenti a non farvi trasportare troppo. C'è chi non si accontenta e rischia grosso. Guardate nella foto qui sotto. C'è qualcuno nel punto più pericoloso della cascata grande. 
 
  
Oltre a essere assolutamente vietato è molto pericoloso. Bisogna rispettare la natura, restare entro certi confini fisici. Se con la fantasia possiamo valicarli, con il corpo no. E allora "accontentiamoci" di guardare tutta la grandiosa bellezza di questa cascata, sentiamo l'acqua scendere impetuosa e continua, annusiamo l'aria carica di umidità, ma non pretendiamo di toccare il Krka ove non sia possibile. Non è necessario. Se ci sediamo con tranquillità pronti a recepire l'anima del luogo, se ne comprendiamo la forza e la meravigliosa potenza, anche restando al sicuro nel nostro angolino, anche nuotando solo nel punto consentito, percepiremo il Krka nella sua interezza.