giovedì 15 dicembre 2016

L'esperienza del Parco di Veio: itinerario Mola di Formello


Mucche pascolano in libertà lungo il torrente Crèmera

Quante volte a Roma, nei pressi della via Cassia o della via Flaminia, vi sarete imbattuti anche voi, come me, nel cartello indicante il Parco di Veio. Fatto da quei due simboli: la statua in terracotta del dio Apollo e il riccio, a promessa di un luogo ricco di storia e natura. Un cartello tanto presente eppure labile: il parco pare stare ovunque e da nessuna parte al tempo stesso. Già. Perché non aspettatevi cancelli, recinzioni, entrate o precise indicazioni di dove inizi e dove finisca. Più che altro è un territorio. E come tale vi circonda. Con i suoi quasi 15.000 ettari, attraversa ben nove comuni: Formello, Campagnano, Castelnuovo di Porto, Magliano, Mazzano, Morlupo, Riano, Sacrofano e la stessa Roma. E qui dovete cercarlo, andando alla scoperta del parco attraverso i sentieri di terra che attraversano i boschi, i prati, lambendo torrenti e passando per i campi che spesso non hanno neppure nome, non regolati dall'uomo ma dalla natura soltanto. Si visita così, il Parco di Veio. Senza cercare qualcosa di specifico, apprezzando la natura che vi si presenta camminando, scoprendo gli angoli che più vi piacciono. Inventandovi il vostro percorso, il vostro Parco. Oppure sentendolo ovunque. In quei paesi che del parco fanno parte, dove la gente stessa è il parco. Lo vedi da quel modo di vivere lento, tranquillo, che non prescinde dal contatto con la natura. Lo vedi dalla cordialità, dal sorriso, dall'amore per gli animali.

Ma veniamo a noi. Un primo approccio valido al Parco di Veio, per chi non c'è mai stato, a mio avviso può essere l'itinerario per la Mola di Formello. Molto completo perché offre una varietà di ambienti che rappresentano il territorio. Ovviamente anche qui non aspettatevi cartelli segnaletici o sentieri precisi e tracciati. Si gioca d'istinto. Dal paese prendete la strada che porta al santuario di Santa Maria del Sorbo, e fermatevi prima: ai lati dei pascoli, dove c'è uno spiazzo e vedete le macchine parcheggiate. E da qui iniziate la vostra avventura con la mente aperta. Scendete la valle sottostante ed esplorate con sete di conoscenza. Molte sorprese vi aspettano.  

La prima è un ambiente naturale subito assoluto. Verrete accolti da prati circondati da boschi. Un buon umore crescente sarà compagno del vostro distacco dal mondo civile. Una camminata energica ne sarà conseguenza.
La seconda sorpresa è il rumore dell'acqua. Che rasserena. Che placa l'anima inquieta e regala una ritrovata serenità. Seguitelo, questo suono. Fino a che non ne scoprirete l'origine: il torrente Crèmera. Scorre leggero, non pretenzioso. Discretamente protetto dai boschi autunnali che accendono i riflessi dell'acqua di arancio e di rosso. Le sponde umide. Fatte di prato e ricami di foglie cadute. Tappeto con cui la natura copre la nuda terra, adornando le sponde. Trasformandolo in luogo di fiaba. 
Ed ecco che un altro suono cattura la vostra attenzione. E' il bestiame che si materializza all'improvviso da dietro il bosco. Le mucche scendono per bere al torrente. Pascolano in libertà. Com'era una volta. Come oggi solo le più fortunate di loro possono fare. E già si individua l'anima di questo luogo: un'anima antica. Fatta di verità, di semplicità, di misura. Delle cose com'erano un tempo. Delle cose buone, naturali, che possono continuare anche oggi, sapendole riconoscere, valorizzare e preservare. Un'anima assolutamente bucolica. Di pascoli, prati e animali in libertà. Delicata e rilassante. Fruibile. Quanto è facile qui correre sui prati, spensierati, dimenticando tutto il resto del mondo!
 
Torrente Crèmera
 
Nel torrente si riflette una nuvola. La sensazione è d'avere a disposizione tutta l'ampiezza del cielo, otre quella del prato. Spazia la vista. Si apre il respiro dell'anima.
Viene spontaneo seguire il corso dell'acqua. E poi seguire il giorno. Così come la vita. Partecipare allo scorrere di tutte le cose.
E così, semplicemente vivendo, si arriva agli alberi grandi, quasi alla fine del giorno, quando il sole è tutto dietro di loro e l'ombra si allunga come un gigante sul prato bagnato. Ma c'è ancora da godere di questo luogo ampio e ameno.
 

E così, attraversato il fiume e passata la fila degli alberi, l'ultima scoperta è la cascata in cui si getta il torrente. Proprio una sorpresa non è, se vi ricordate siamo giusto lungo l'itinerario per la Mola di Formello, sicchè quando sentirete il rumore dell'acqua farsi più forte, imporsi all'udito più del delicato torrente che ci ha accompagnato finora, saprete di essere arrivati alla fine. Dell'acqua. Dell'itinerario. Del giorno. Poco importa. Tutte le cose che scorrono, per natura sono destinate a finire. E qui la fine è maestosa. L'acqua si getta nel vuoto, avvolgendo la roccia su cui cade, potente, per poi raccogliersi nel laghetto sottostante. Tutt'intorno boschi incantevoli, muschi e felci. Scenario da favola antica.

Mola di Formello
 
Tornando, il vento ormai freddo di una giornata d'autunno inoltrato taglia il viso. Ma rigenera e fa sentire vivi. Vicini alla verità delle cose che contano. 
E quando tutto pare sia già stato vissuto, compare all'improvviso, come un'ultima sorpresa che ci regala questo luogo, una donna su un cavallo nero. Galoppa con i capelli sciolti, incontro al vento, incontro alla cascata, incontro al tramonto. E' parte stessa del luogo. E' la personificazione della natura del parco di Veio. Ed è felice. Non possiamo che immaginarla così. 
Impossibile non desiderare di essere lei e di vivere esattamente questo istante della sua vita.





giovedì 27 ottobre 2016

L'anima bianca del deserto degli Agriates: la spiaggia di Loto


Spiaggia di Loto

La Corsica è l'isola dei contrasti. Si sa. E così, poco lontano dal nero Cap Corse di cui vi ho parlato nel post precedente, oggi vi voglio portare in un paradiso dai colori chiarissimi: la spiaggia di Loto, in pieno deserto degli Agriates, Corsica settentrionale. 

Deserto degli Agriates
Siamo in una regione ostica e difficilmente accessibile. Il deserto non si intende nell'accezione classica, ma si tratta pur sempre di estesi chilometri di conformazioni rocciose, arbusti e bassa vegetazione, attraversati da un sentiero interno piuttosto accidentato e percorribile soltanto a piedi o con mezzi idoneamente attrezzati. Oltre, si intravede il mare. Sfida per arrivarvi. Promessa ricompensa dopo la fatica per farlo. Attrazione incontrollabile proprio perché isolato, difficile, immaginato. In barca, a piedi, con un fuoristrada, a cavallo. Se bisogna, in un qualche modo, attrezzarsi per raggiungere le spiagge oltre il deserto, ecco che esse si idealizzano. Si sogna sempre un piccolo paradiso ad attenderci come premio. Come nella vita. 

Saint Florent
Personalmente scelgo di arrivarvi via mare, con una della barche che partono dalla graziosissima cittadina di Saint Florent, sorta a ridosso del deserto. E mentre la barca prende velocità e si avvicina alla terra bramata, sento come se avessi tra le mani le chiavi per aprire un baule contenente un tesoro segreto. Non c'è nulla da fare: più un luogo è isolato e difficile da raggiungere, più emoziona.
Tuttavia, in questo caso, devo avvertirvi che è una sensazione piuttosto labile, perché in realtà si tratta di spiagge più turistiche di quanto non sia, ad esempio, la più selvaggia e non meno bella Ostriconi (di cui vi ho già parlato), che è anche fruibilissima sebbene meno famosa. Innegabile, comunque, resta l'impatto della spiaggia del Loto sia per bellezza sia perché, essendo aprile, c'è così poca gente che la sensazione è ugualmente quella di approdare in un luogo segreto. 

Spiaggia del Loto

Scogli, acqua cristallina, vegetazione e dietro le montagne aride. Questo è il Loto. Nel mezzo una striscia di sabbia chiarissima. Sottile. Morbida. Di un bianco accecante.
Fiume della spiaggia del Loto
Dietro, il fiume che arriva a mare, abbastanza consueto nel panorama Corso, ma che contribuisce ad aumentare la sensazione di essere giunti in un luogo selvaggio, segreto, isolato. Ci si sente un po' naufraghi, un po' avventurieri, un po' esploratori.





La spiaggia non è lunghissima. Questo mi permette di percorrerla tutta a piedi, lentamente, godendola appieno. Quella che maggiormente meraviglia è il bianco di questa sabbia su cui affondano piacevolmente i piedi. E' un bianco assoluto, puro, intervallato solamente dalla potenza della macchia mediterranea. E' il chiarore che riflette, l'anima bianca di questo luogo. Il colore, ma anche, e soprattutto, il chiarore. E' un luogo luminoso, ampio, allegro. La luce lo svela.  Ce lo rivela. Ce lo fa amico. E il luogo trasmette calore, energia, positività. Oltre che bellezza. 


La bianchissima sabbia del Loto

Prima che la barca torni a prendervi, prima di lasciare questa spiaggia e tornare nella civiltà, consentitevi anche una piacevole passeggiata nel sentiero che parte vicino l'approdo e che, a piedi, vi consentirebbe in circa un'ora di cammino di arrivare a Saleccia, l'altra spiaggia degli Agriates. 

Loto, panorama.
 
Da qui si gode un bel panorama sul mare trasparente che circonda la spiaggia  e il piccolo promonontorio conico che la caratterizza. E' tarda mattinata, ormai ci sono già troppe barche, il luogo non è più solamente "vostro". Ma è sempre bello, ammettiamolo, soprattutto visto così: incorniciato da un arbusto di macchia mediterranea, i cui fiori sono, anch'essi, innegabilmente bianchi.




sabato 8 ottobre 2016

L'Anima nera del Cap Corse

La spiaggia nera di Nonza
Siamo nell'estrema Corsica settentrionale, il Cap Corse, cosiddetto "il dito" per la sua forma che ricorda un indice puntato verso il mare, proprio sopra la "mano" Corsica. L'isola nell'isola, tanto è peculiare e diversa da tutto il resto, questa zona. Eppure facile da visitare, iniziando il giro giusto dopo Bastia, dove approdano la maggior parte dei traghetti provenienti dall'Italia. La strada inizia qui. Seguendo il mare sulla destra. 
La prima impressione, in una tarda mattina di aprile, è di un luogo tranquillo, che sonnecchia sotto questo primo sole di primavera, tra mare blu e piccoli paesini che con il mare sono un tutt'uno. Scorrono uno dietro l'altro, a volte fatti soltanto di qualche casa mimetizzata tra la vegetazione: Pietranera, Erbalunga, Sisco. Alternandosi a paesaggi tipicamente liguri, costellati da torri di avvistamento genovesi a picco sul mare.  
Passa così, un pò pigramente, la strada lungo la prima parte del Cap Corse, quello del lato che guarda la nostra Italia. A mio avviso il paesaggio si fa molto più interessante dall'altro lato, o meglio già da Macinaggio, che, a confine tra i due versanti, offre già l'impressione di trovarsi in un luogo a sè stante. Più isolato, forse, più lontano dal grande porto, più autentico, ecco. Qui la vita scorre lenta, con i ritmi di un paese di pescatori, incentrata sul molo, sul piccolo lungomare di botteghe artigiane, dove si respira un'atmosfera un pò artistica e bohemien. Un luogo dove si può scegliere di rifugiarsi per scappare dal mondo. Minuscolo paesino dove pare però esserci tutto ciò di cui ha bisogno la nostra anima. Dove assaggiare la prima birra Pietra del viaggio, la birra corsa aromatizzata alla castagna. Dove la notte guardare le stelle e accorgersi, per la prima volta, di quanto buio ci sia su questo lembo di terra. Solo qualche puntino di luce delle case dei minuscoli paesi, e poi il buio. Fitto. Distribuito per tanti chilometri. E le stelle che compaiono in cielo, numerosissime, a rischiarare, esse sì, la notte.

Caletta nei pressi di Macinaggio
E la mattina dopo, col giorno, si riparte. Con la calma che contraddistingue questo luogo e che permette subito una sosta in una deliziosa caletta nei pressi di Macinaggio, lambita da acque cristalline e pini marittimi. Un assaggio della bellezza del mare corso.



Per poi riprendere il viaggio. Una tappa al Moulin Mattei è d'obbligo. Siamo già dall'altro versante del Cap Corse, e si gode una vista meravigliosa sul territorio. L'anima contrastante della Corsica qui appare netta: la fioritura primaverile che ci circonda, fa da cornice alla neve che ancora è ben visibile sul monte Stello. Ed è in questo preciso momento che capisco quanto sia vero ciò che si dice della Corsica: che sia "una montagna in mezzo al mare". Questa costante di neve e fiori, inverno e primavera insieme, ci accompagnerà per tutto il giro del "dito", versante ovest. 

Fioriture primaverili e Monte Stello innevato, sullo sfondo. 




Cap Corse. Panorama
La strada ora si fa in discesa, e il primo paese caratterisco che si incontra è Century Port. Minuscolo borgo fermo nel tempo, con le case arroccate tutte intorno al molo, famoso per la pesca delle aragoste. Attorno, campi di fiori gialli sul mare. E vento. E da qui in poi il paesaggio è sempre più aspro e selvaggio, tutto in curva, con la strada a strapiombo sul mare. Scogliere che si stagliano su un mare profondo e blu. Panorami stupendi che si susseguono con una rapidità emozionante e sempre più sorprendenti. Questa parte del "dito" assomiglia a una piccola Scozia. Verde e selvaggia così. Solitaria. Costellata da spiagge di sabbia scura, selvagge e totalmente deserte. E scogliere verdissime
A sorpesa un gregge di capre dal pelo lungo, sbuca dopo l'ennesima curva della nostra strada. Così. Anche loro correndo accanto al mare blu. 
Caprette a bordo strada. Cap Corse.
 
Successivamente la strada si addolcisce. Siamo quasi alla fine del giro del Cap Corse. Nonchè nella parte, a mio avviso, in assoluto più emozionante.Qui il paesaggio si apre e si fa ampio. Sempre selvaggio. E nerissimo. Si susseguono, una dopo l'altra, grandi spiagge deserte di sabbia nera. Spesso tagliate da fiumi e costellate dalle solite torri genovesi. 
Spiaggia di sabbia nera. Cap Corse.
 
Nonza
Fino ad arrivare alla spiaggia nera per eccellenza. All'emozionante spiaggia di Nonza. Chilometri e chilometri di sabbia nera, separata da 260 gradini dal paese, sicchè spesso semi deserta. O raggiunta da coloro che usano, con i sassi bianchi a contrasto, creare disegni o scritte sulla spiaggia, ben visibili dall'alto del paese di Nonza, arroccato sopra il mare. La vista è mozzafiato. Il contrasto tra il mare blu, profondo, e la sabbia nera, separati dal bianco delle onde che si infrangono sulla battigia, è emozionante. Siamo altissimi, e dall'alto dominiamo tutta la spiaggia. Le poche persone che vi camminano, da qui appaiono come piccoli puntini mimetizzati in questo spettacolo della natura. E' questa, a mio avviso, l'anima più sincera del Cap Corse. Questa sabbia: nera, prepotente, scura e selvaggia come questa terra. Simbolo di questa terra.

Spiaggia nera di Nonza.

Ma c'è ancora un altro nero, che caratterizza l'anima di questo luogo. E', come accennavo prima, il nero della notte. Che qui è veramente buia. O forse qui capiamo cos'è il buio. E lo capiamo da fuori il Cap Corse. Dalla Citadelle di Saint Florent, di notte. Affacciandoci da questa terrazza panoramica, si resta sbalorditi. Eccola davanti a noi. La sagoma del Cap Corse. I contorni disegnati dalla luce della luna soltanto. Tutta la striscia di terra scura. Solo due labili puntini di luce che, probabilmente, corrispondono a Century e Nonza. Il resto è al buio. Veramente al buio. Immerso da stelle e da profumi di fiori e di salsedine. E in questo nero è racchiusa tutta l'anima solitaria, selvaggia e orgogliosamente a sè stante del Cap Corse.