domenica 8 gennaio 2017

Di nuovo al Parco di Veio: itinerario mole di Calstelnuovo di Porto



Eccomi di nuovo qui: al Parco di Veio. Come vi ho raccontato nel post precedente, il territorio di quest'area protetta è veramente molto vasto e dopo il primo approccio seguendo l'itinerario da Formello, la tentazione di tornare a Veio si è fatta quasi subito insistente. Un paio di domeniche dopo, con l'autunno ormai inoltrato, eccomi alla scoperta dell'itinerario per le mole di Castelnuovo di Porto. Siamo un po' più distanti da Roma, leggermente più a nord, e qui le indicazioni degli itinerari sono ancora più labili della volta precedente. Occorre sicuramente superare il laghetto di pesca sportiva, su via Pian Braccone Francalancia, parcheggiare l'auto e poi, ancora una volta, seguire solo il proprio istinto e il rumore dell'acqua. Forse sbaglierete strada, come è successo a me, più e più volte, e vi chiederete quale delle diramazioni prendere, in cerca di queste mole poco conosciute, che sembrano essere da nessuna parte, ma una volta imboccato il sentiero giusto, le vostre fatiche saranno ripagate. Qui ci si immerge in un mondo fatato. Intimo e suggestivo. Ritroviamo sicuramente tutti gli elementi tipici del Parco di Veio: i corsi d'acqua, i prati, i boschi dagli accesi colori autunnali, la natura sovrana. Tuttavia qui la composizione di questi elementi trova una originale e particolarissima via di espressione, che la distingue nettamente dall'itinerario di Formello. Se quello regalava ampi spazi, libertà, se era tutto esteriore e si mostrava apertamente, propenso verso l'esterno, qui le cose sono differenti. L'anima di questo luogo è intima, segreta, celata. Tutta da scoprire. Un'anima timida. Meno fruibile, sicuramente. Chiusa un po' in se stessa. Forse addirittura gelosa della sua bellezza e disposta a svelarsi solo a chi sa osare, a chi sa guardare, o a chi vuole a tutti i costi farlo. Innanzitutto il percorso è tutto dall'alto, su una strada inizialmente cementata e poi fatta di terra, che costeggia il corso d'acqua sottostante, protetto e celato dal bosco. Bisogna avere pazienza. E ogni volta che si trova un varco, scendere per cercare maggior contatto col luogo. Ma si viene ripagati totalmente: una volta dentro è come farne parte, di questo luogo elitario e magico. Di una bellezza schiva e vera che ti avvolge.
La prima tappa possibile, scendendo, rivela un corso del fiume sicuramente più ampio di come si immaginava, intravedendolo, dall'alto. Circondato da vegetazione e da alberi. Fatto da tante piccole isole di pietra e di prato, in mezzo a un'acqua che trascina romanticamente foglie gialle, cadute dagli alberi ormai in parte già spogli. Sedersi su rive di pietre levigate dall'acqua. Ammirare il paesaggio. Ascoltare il rumore dell'allegra corrente. Sentire il luogo. La sua magia.




E poi riprendere il cammino. Risalendo per percorrere l'unica strada possibile, in alto, che ci stacca nuovamente dal pieno contatto con il corso d'acqua, ma forse proprio per questo lo fa apparire più misterioso, più desiderato. Ogni tappa, qui, è una piccola ma totale conquista di un pezzetto del luogo. 

Mole di Castelnuovo di Porto.
Le stesse mole, che danno il nome all'itinerario, non sono esattamente così evidenti come ci si potrebbe aspettare. Anch'esse vanno cercate, scoperte, conquistate con la buona volontà e la tenacia. Quando il rumore dell'acqua si fa più insistente all'udito, cercate di aprirvi un varco alla vista in mezzo agli alberi, e guardate in basso. Eccole, le cascate che stavate cercando. Tra felci e muschi, trascinano anch'esse le foglie autunnali e contribuiscono ad accrescere il fascino del panorama boschivo. Ma non è ancora questo, a mio avviso, il punto più bello del nostro percorso. Camminando su un sentiero che ora è fatto di terra coperta da un tappeto di foglie secche, in un silenzio irreale rotto soltanto dal rumore dei nostri passi, ecco che sotto la chioma di un albero ritroviamo il corso d'acqua, ridotto qui a piccolo rivolo, ma attorniato da uno spazio più esteso, dove, finalmente, è possibile camminare per un pò a livello dell'acqua. Sicché scendiamo, con attenzione, sulle rive di questo ruscelletto, e qui veniamo inghiottiti totalmente dalla verità del luogo. Qui raggiungiamo la profondità della sua anima. E' come se, finalmente, divenuto più fruibile - per noi che l'abbiamo voluto, per noi che siamo stati tenaci -, ci si rivelasse.


Il torrente scorre con piccoli salti, tra rocce, muschi ed edera arrampicata. Dietro, il bosco fitto. E le fate. E le favole antiche. Questo luogo fiabesco ora ci cattura totalmente col suo fascino che da schivo si fa totalizzante. Nessuna via di mezzo è possibile qui: o si resta distaccati o si diventa creatura di bosco, anche fosse per mezz'ora soltanto.
La magia infatti dura per il tempo che rimaniamo lì, prima di risalire e di tornare così alla nostra realtà, lasciando che il luogo torni invece alla solitudine dei suoi segreti, chiuso, celato nuovamente alla nostra comprensione, col bosco che lo protegge anche alla vista.

E così torniamo indietro, verso la nostra auto, verso la fine di questa giornata. Ci accompagna lungo la strada sempre un bel panorama di alberi autunnali, ma la sensazione è che la verità di questo luogo sia tutta là sotto, oltre i fitti alberi che ammiriamo, ora, con la consapevolezza di avergli rubato, seppur per pochissimo tempo, il segreto dell'anima del luogo che proteggono.
Arrivederci Parco di Veio, alla prossima volta. Alla prossima magia.