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venerdì 23 marzo 2018

La grotta dei Cocci Rotti: un panorama infinito



Come il precedente, anche questo post racconta la meravigliosa terra di Sardegna e le sue grotte. E senza andare neppure troppo lontano, rimaniamo sempre nel promontorio di Capo Caccia, in provincia di Alghero, pur trattando di una grotta dall'atmosfera del tutto differente rispetto alle Grotte di Nettuno che abbiamo conosciuto la volta scorsa.
Si tratta della grotta dei Cocci Rotti, altrimenti nota come grotta dei Vasi Rotti, che ha guadagnato questo nome in seguito al ritrovamento, al suo interno, di alcuni frammenti di suppellettili in ceramica appartenenti al Neolitico.
La grotta è poco conosciuta, al di fuori dei circuiti turistici canonici e assolutamente non segnalata. Per raggiungerla, occorre parcheggiare al belvedere di Capo Caccia e iniziare un percorso di trekking sulla sinistra, in salita, su strada sterrata e anche un po' accidentata, che in una ventina di minuti vi porterà a destinazione. Non esiste percorso segnalato, perciò dovrete procedere un po' a tentoni tra rocce e cespugli, sempre in salita, prima di trovarla. Ma lo sforzo sarà ampiamente ripagato dal panorama che vi si aprirà davanti agli occhi. Un panorama infinito.
La grotta di per sé, non presenta particolari attrattive; consiste in una apertura, neppure molto grande, sulla verticale del promontorio di Capo Caccia. Al suo interno solo terra e rocce. 
Mentre delle Grotte di Nettuno ci aveva colpito il mondo interno, geologico, della terra, qui ci colpisce l'esterno, il panorama, l'aria. Perché quello che la grotta incornicia, è la magnifica vista su tutto il parco di Porto Conte. Il panorama in realtà si vede anche durante il percorso, è abbastanza aperto, eppure solo una volta entrati nella grotta, ci regala quel tuffo al cuore che fa la differenza.
Così, a picco sul mare, nel rifugio all'ombra di questa grotta, con sotto il vuoto, con dentro la penombra. Ecco che la luce, i colori, l'aria di fuori ci ubriacano di vita. Il blu del mare, Il bianco delle scogliere, il verde della vegetazione che le ricopre, ci abbagliano ancora di più. Noi, che siamo accucciati su una roccia di questa piccola grotta, quanto mondo abbiamo davanti! Terre e mare. A disposizione. Quanta luce! Quanta libertà! Deve essere questa la sensazione che provano le aquile, quando volano. La bellezza e la perfezione. Poterne vedere l'insieme in un solo sguardo. La sensazione di poterle possedere. L'assenza del limite. L'aria e il respiro ampio. La libertà assoluta. L'anima di questo luogo.

Panorama dalla grotta dei Cocci Rotti.

E mentre siamo qui, con la sensazione di dominare tutto dall'alto, e al contempo di essere ben protetti nel cantuccio della nostra grotta, nulla sembrerà fuori posto. Abbiamo tutto. La protezione e la libertà. Ci sentiamo invincibili. Come un fiore, fiero, che nasce per caso sul bordo della scogliera. E ben protetto dalle forti radici sprofondate su questa roccia, può permettersi di godersi il mare, il vento, il vuoto stesso. E vive una vita di meraviglia, emozione e bellezza. Una vita vissuta in pieno.

Fiore sulla scogliera.

La grotta è un regalo all'anima. Riempie, appaga, commuove. Non perdetevi, almeno una volta nella vita, la possibilità di sedervi qui, in questa piccola grotta, e sentirvi completamente appagati di libertà. Di fronte a questo panorama senza confini.


venerdì 26 gennaio 2018

Il ricamo dei secoli nella roccia: le Grotte di Nettuno


Nella Sardegna nord - occidentale, in provincia di Alghero, il bel promontorio di Capo Caccia domina il paesaggio con la sua imponenza fatta di roccia calcarea, insinuandosi maestosamente nel mare e regalando panorami con scogliere a picco, dove i roccioni bianchi contrastano con il blu intenso del mare. Ma non è solo la dura bellezza di questo tratto di costa ad attirare milioni di visitatori. Il promontorio custodisce al suo interno anche un prezioso "segreto": le Grotte di Nettuno. Qui, stalattiti e stalagmiti di antichissima formazione, materializzano sotto gli occhi del visitatore il lentissimo passaggio del tempo, concretizzato in formazioni che risalgono a secoli fa. Un intricato ricamo di origine carsica, custodito in queste grotte, scoperte da un pescatore nel XVIII secolo. 

La scala del Cabirol.
Le grotte sono accessibili via mare oppure attraverso una scalinata detta: "Escala del Cabirol" (la scala del capriolo), poiché composta da 650 scalini scavati letteralmente nella roccia, che permettono di discendere rapidamente tutto il promontorio, fino ad arrivare al suo cuore: le grotte, il cui accesso di trova proprio al livello del mare. Un po' faticosa, ma sicuramente affascinante e consigliata è la possibilità di arrivarvi attraverso la scala, che permette di godere così anche il bel panorama del promontorio.
Nelle giornate in cui il mare è calmo, il vento leggero e il sole ancora non eccessivamente caldo, ma neppure più freddo, la discesa alle grotte diventa una piacevolissima passeggiata alla scoperta del promontorio. Suggestivo percorrere i tratti dove l'imponente scogliera calcarea è proprio verticale e i falchi volano nelle spaccature tra roccia e roccia. Sotto, il mare blu. Si respira l'odore intenso dello iodio che regala benessere e ricarica di energia. Ci fa sentire allegramente "in
La scala del Cabirol.
vacanza", entusiasti. La mente divaga, l'occhio si rilassa attratto da una barchetta a vela bianca, pigramente adagiata nel mare. Rallentiamo e ritardiamo la discesa, fermandoci a godere del luogo, amabilmente accarezzati dal tiepido e piacevole sole. 
Poi la curiosità di scendere fino alle grotte ci convince a procedere, mettendo da parte la lentezza tipica di uno spirito vacanziero. Non si può nemmeno dire che le grotte siano il meritato premio dopo la fatica della discesa, perché questa volta, a dire la verità, è così piacevole che il tratto appare fin troppo breve (un po' meno lo sarà al ritorno, in salita). 
L'utima parte del percorso si fa più emozionante, quando gli scalini diventano più stretti e ripidi e si inizia a vederne il termine: l'entrata delle grotte. E ci si accorge di essere scesi per tutto l'alto promontorio, che ora ci sovrasta, fino al livello del mare.

Panorama lungo la scala del Cabirol.


Entrata delle Grotte di Nettuno.

L'esterno delle grotte è una suggestiva promessa di ciò che ci aspetta. L'acqua del mare entra, insinuandosi tra formazioni calcaree arzigogolate e di diversa composizione geologica. Stare qui, un po' isolati dal mondo, tra il mare blu e le rocce, è già entusiasmante, ma ancora è nulla rispetto a ciò che ci aspetta entrando nelle grotte. Questo è possibile solamente tramite una interessante visita guidata, che parte all'incirca ogni ora, e ci condurrà all'interno. Le grotte sono lunghe qualche chilometro, ma la parte visitabile non è che qualche centinaio di metri, che però valgono tutti il prezzo del biglietto. 
Passare il punto d'entrata è un'emozione fortissima. Le stalattiti e stalagmiti che si intuivano all'esterno, ora non fanno che moltiplicarsi all'impazzata. Sono tantissime. Ovunque. Alcune enormi. Altre piccolissime. Alcune isolate in grandi colonne imponenti, altre raggruppate a centinaia, sottilissime. L'impatto visivo è notevole. Ma soprattutto, quello che più colpisce, è l'impatto emotivo. Si avverte all'inizio una leggera sensazione di claustrofobia: si passa da un ambiente esterno ricco di aria, di luce, di rumore, ad un ambiente chiuso, dove la luce è soffusa e i suoni ovattati. Un mondo sotterraneo, intimo e segreto, cuore del promontorio che ci sovrasta.
E' un mondo a parte. La sensazione è quella di trovarsi al centro della Terra, in un luogo a sé, dove rimarremmo per sempre, fuori dallo scorrere del tempo convenzionale. Davanti a noi ci sono secoli di storia, scolpiti su queste stalattiti e stalagmiti. Ogni centimetro di esse ha impiegato anni e anni per formarsi, ed ora, questi anni, sono tutti davanti ai nostri occhi, nell'intricato ricamo di roccia all'interno di questa grotta. Si ha la sensazione di poterlo dominare, il tempo. Qui dove esso pare tutto racchiuso insieme. E a un certo punto, l'idea che sia questa la vera realtà, che non torneremo più al mondo di prima, ma resteremo per sempre qui dentro, sospesi custodi del segreto del tempo, non ci spaventa più. Tutto si placa. Il cuore prende a battere lento e tranquillo. Siamo pronti a vivere qui millenni, fuori dal mondo e dal tempo reale. 
Si respira l'umidità. Lentamente. Ci si abitua alla penombra. Ad essere noi stessi ombre del tempo. 

Stalattiti all'interno delle Grotte di Nettuno.
 
Stalattiti, colonne e il lago salmastro all'interno delle Grotte di Nettuno.

Visitiamo vari ambienti. La prima sala è dominata addirittura da un lago salato all'interno. Alle varie conformazioni sono stati dati, negli anni, nomi di fantasia a seconda della loro forma: l'Organo, l'Albero di Natale, ecc. ecc. Ma non è certo compito mio illustrarvi nello specifico queste grotte. Io sono qui per raccontarvi la loro anima. E l'anima di questo luogo è sicuramente l'acqua e i minerali di cui è fatto. La materia prima, viva. E il tempo testimone di tutte le cose. Qui è vivo, il tempo. Rimasto tutto fissato in ogni centrimetro di roccia. Custodito da un ambiente sicuro, cuore del promontorio di Capo Caccia. 
Un'anima che affascina. Spaventa e poi attrae e lusinga a restare. Certi che qui, sia possibile vivere per sempre. Divenuti roccia anche noi.
E invece, terminato il tempo di visita, una guida gentile ci condurrà all'esterno. Al solito mondo fatto di luce, rumore, colore. Fatto dal normale scorrere del tempo. Fatto di presente. Respiriamo l'aria, forse sollevati. Un po' storditi dalla luce e dai rumori del nostro mondo. Forse, ora, solo un po' più banale.



domenica 11 giugno 2017

Primavera tra le dune a Marina di Sorso


La magia della terra Sarda non finisce mai di riservarci sorprese e così, anche questa volta, desidero condurvi alla sua scoperta. 
Ancora una volta è primavera. Ancora una volta a farla da padrone sono le dune e la libertà.
Questa volta siamo nella spiaggia di Marina di Sorso. Sardegna settentrionale, tra Castelsardo e Porto Torres. Questa spiaggia è molto estesa, a tratti anche organizzata turisticamente, ma la parte più bella è indubbiamente la parte selvaggia, lasciata alla natura soltanto, che inizia poco dopo aver lasciato il borgo di Castelsardo, andando verso ovest. La scopro così, per caso, come molte altre volte succede in Sardegna: quando hai in mente una meta prefissata e prima di raggiungerla, lungo la strada, ti fermi tante e tante volte, colpito dalla bellezza di luoghi meno famosi, ma che ti catturano e ti costringono a fermarti e a viverli. I fuori programma che danno senso al viaggio e alla vita stessa. Marina di Sorso è questo. E' un regalo che non ti aspetti. E' il cuore che batte per una emozione non messa in conto. E' ancora una volta lo stupore per il valore di ogni angolo della Sardegna, quando, mentre sei in strada, d'improvviso questa attraversa pinete folte, che ti corteggiano con l'ombra e l'odore di resina. E tra la pineta, ecco i sentieri di terra che conducono al mare. Immaginato. Ti attraggono inesorabilmente. L'unica cosa che puoi fare è fermare la macchina e percorrerne almeno uno, quello che il destino ti ha riservato, con la trepidazione di scoprire dove conduca. Qui, a Marina di Sorso, quello che il mio sentiero mi riserva è il panorama sulla lunghissima spiaggia di sabbia bianca, con il mare leggermente increspato da un vento che muove le onde, sposta la sabbia, modella le dune a seconda del suo capriccio. Un vento che sconvolge anche te, che entra dentro l'anima, che ti uniforma con il luogo. Non importa se sei sabbia, acqua o creatura vivente, esso ti attraversa. E ti cambia. 

Fiori tra le dune a Marina di Sorso.
Ti trovi tra le dune. Si susseguono una all'altra. Alcune più basse, altre compatte e alte. La sabbia è bianca e finissima. La macchia mediterranea fa la sua comparsa qua e là, colorandola di verde. La primavera completa il lavoro della natura, donando cespugli di fiori gialli o fucsia. Che privilegio essere qui in questa stagione, godersi questa spiaggia ancora deserta di gente e piena di fiori! 

Macchia mediterranea tra le dune a Marina di Sorso.
Fiori tra le dune a Marina di Sorso.
Chilometri e chilometri così: di dune e arbusti e fiori. Il mare che si vede solo se riesci a salire sulle dune più alte, quando si apre il panorama su tutta la lunghezza della spiaggia. Un paesaggio sempre uguale e sempre diverso, a seconda di come si combinano tutti gli elementi che lo compongono: i pini marittimi, i mirti, i ginepri, le  fioriture primaverili. E tu con la tua brama di scoprire in ogni punto quello migliore. Spostandoti ora su una duna, ora su un'altra. Scendendo, salendo, saltando, in una ricerca continua della totalità del luogo, destinata ovviamente a fallire. Ogni punto offre una nuova prospettiva, uno scorcio differente, una nuova emozione. Ma mai potrai conoscerlo tutto, questo luogo. Ampio, esteso, destinato a cambiare sempre col vento e con le stagioni. Corri tra le dune affamato di libertà, di scoperta, di bellezza. Di felicità.

Non è facile riprendere il cammino, lasciare questo luogo, ricordarsi che la meta non era questa. Ma lo fai. Solo che durante tutta la giornata ripensi all'anima di questo luogo. Un'anima fatta di vento, di libertà, di infinite possibilità. Di natura selvaggia, di mare, di sabbia. E vuoi tornare. Alla fine del giorno vuoi tornare proprio lì dove la giornata era iniziata, anzi: su un altro sentiero tra la pineta che porta a questa spiaggia. Una storia dello stesso libro; l'altra faccia della stessa medaglia. Per scoprire ancora qualche cosa di più. Per vedere che effetto fa alla luce del tramonto, per capire se un'altra parte della spiaggia può farti battere il cuore allo stesso modo.

Marina di Sorso, alberi sulla spiaggia.

E scopri, questa volta, una zona più fitta di alberi, piegati dal vento, abituati a lottare ma anche a resistere. Scopri la durezza della natura. La forza che ci vuole per farne parte. La luce più calda del tramonto che avvolge tutte le cose. Quello che provi adesso, a quest'ora del giorno, non è più bramosia ed emozione, ma una straordinaria sensazione di pace, di consapevolezza. Un respiro dell'anima. Presto sarà sera.





domenica 21 maggio 2017

L'anima luminosa di Stintino in primavera


Sardegna, estremo lembo di terra nord - occidentale. E' qui che sorge il borgo di Stintino e la sua famosissima spiaggia: La Pelosa, affacciata sul golfo dell'Asinara, con l'omonima isola proprio di fronte. E' difficile parlare di questo luogo, perché ne hanno già parlato tutti. La Pelosa è una delle spiagge più conosciute e frequentate della Sardegna, reclamizzata ovunque, turisticamente sfruttata al massimo. Dei luoghi così, non è semplice individuare l'anima, perché spesso è assopita dal clamore delle persone che la frequentano, perché spesso è nascosta dalla realtà creata artificialmente per i turisti: alberghi, bar, lidi. Vi dico subito che d'estate, quando è difficile trovare anche solamente un posto per stendere il vostro asciugamano sulla sabbia, è impossibile sentire l'anima di questo luogo. Ci possiamo provare adesso, in primavera, ora che ancora non è presa d'assalto, ora che ancora molte delle strutture turistiche sono chiuse e la gente, sì, c'è, ma non è poi molta. Ora che la spiaggia dà il meglio di sé, incorniciata dalla fioritura primaverile che cresce sulle dune di sabbia alle sue spalle. 

La Pelosa, Stintino, panorama.
E' bella La Pelosa. Questo è innegabile. Arrivando, quello che  colpisce subito, d''impatto, è la tonalità  del mare, dal turchese all'azzurro. Un mare che richiama alla mente fantasie di mari tropicali. E poi il contesto in cui la spiaggia è immersa: davanti l'isola dell'Asinara, a sinistra l'isolotto su cui sorge la Torre Aragonese, dietro le dune di sabbia bianca, ricoperte di macchia mediterranea e fiori.
La monocromia dei colori freddi: il blu del mare e il verde della vegetazione, è allegramente interrotta da macchie di fucsia e di giallo. Regalo della primavera che ha diffuso la vita sulle dune, rendendole più affascinanti, così ricoperte di fiori fattisi strada tra la sabbia. Un dipinto perfetto.

Fioriture primaverili sulle dune.
Fioriture primaverili sulle dune.

Facendoci largo tra le dune, utilizzando delle passerelle in legno create per scendere alla spiaggia agevolmente e senza danneggiarle, ora concentriamo la nostra attenzione tutta sul mare. Non prima di aver notato quanto la sabbia bianca sia anche finissima e quanto sia piacevole camminarvi sopra a piedi nudi. Ed è qui, all'improvviso, che alla bellezza innegabile di questo luogo, si aggiunge anche la sua anima, che inizia a farsi sentire. Così, in una giornata di primavera, senza molta gente, mentre camminiamo lentamente sul lungo bagnasciuga de La Pelosa, proprio nell'istante in cui smettiamo di sentirci in un dépliant turistico ed entriamo in sintonia con il luogo. Con la realtà del luogo, spogliato di ogni aspettativa e stereotipo. Quel che resta è la natura generosa, protagonista. Il vento leggero di oggi che scompiglia lievemente il mare trasparentissimo. L'autoritaria solitudine dell'isola dell'Asinara, di fronte. Il mare e la sabbia, la sabbia e il mare, nel punto esatto dove si incontrano, costantemente, in un tempo senza fine. 

E' un'anima luminosa, quella de La Pelosa. C'è un chiarore diffuso ovunque, qui. La sabbia bianchissima, quasi abbagliante. Il mare cristallino, la cui trasparenza è certamente alimentata dal fondale basso e fatto sempre della stessa sabbia bianca dell'arenile. I riflessi di luce che si infrangono, giocando con il mare. E' tutto luce. I colori sono chiari, ma anche lo stesso luogo lo è: così assolutamente conoscibile. Si mostra tutto davanti a noi, rivelato. Un paesaggio aperto, definito, che si offre ampio alla vista. Essa spazia, libera, e abbraccia tutta la spiaggia, senza ostacoli.

Il mare della Pelosa.
Il mare della Pelosa.

L'invitante acqua del mare passa in secondo luogo. Qui, in primavera, non avrete solo voglia di tuffarvi e godervi l'allegria di un bel bagno, come d'estate, ma anche quella di sedervi a guardarlo, questo mare. Di riflettere. Di interiorizzarlo. E fare vostra un po' della sua luce, un po' di questo chiarore che vi fa stringere gli occhi e rilassare la mente. E' un luogo puro, questo. Pulito. Dominato dalla luce che tutto svela. Semplice, se vogliamo: una spiaggia di sabbia, dritta, un mare trasparente e poco profondo, la natura intorno. Semplicemente perfetto.

Spiaggia.

Regalatevelo, allora, questo viaggio. In aprile, in maggio, non oltre. Prima che la ressa estiva invada la meraviglia naturale di questo luogo, che ne soffochi l'anima, piegandola all'artificio di una stagione balneare fatta di creme solari e costumi alla moda. E, se potete, andateci proprio in primavera, quando i fiori adornano la spiaggia, quando i colori sono al massimo del loro splendore, quando la luminosità naturale di questo luogo è massimamente esaltata da un sole generoso, ma non ancora fastidioso. Quando sarà possibile correre sulla spiaggia, liberi, come bambini. Felicemente contagiati dal suo chiarore. Negli occhi. Nell'anima.



Il mare e la montagna: la duplice anima di Cala Li Cossi


Oggi andiamo in Costa Paradiso, nella Sardegna settentrionale, alla scoperta di una delle cale più suggestive dell'isola: Cala Li Cossi. Vi dico la verità: è stata proprio questa spiaggia a convincermi ad andare in Sardegna. Dovendo scegliere la tappa del mio prossimo viaggio, intanto girovagavo virtualmente su Internet in cerca di immagini che mi colpissero. Le fotografie di Li Cossi sono state un colpo di fulmine: tuffo al cuore immediato, incredulità e una voglia di andare assoluta, di quelle che ti fanno cancellare tutte le altre ipotesi possibili. Dunque è deciso: indiscutibilmente Sardegna, a iniziare da Cala Li Cossi. 
Andiamo. Vi porto con me.
Come vi ho già accennato siamo in Costa Paradiso, un tratto costiero compreso tra Vignola e Trinità D'Agultu, caratterizzato da piccole calette bagnate dal mare più limpido, circondate da frastagliate rocce granitiche che vanno dalla dimensione di scogli fino a vere montagne coperte da macchia mediterranea. La più bella, tra queste calette, è Cala Li Cossi.

Sentiero verso Cala Li Cossi.
Per arrivarci dobbiamo entrare nel complesso residenziale chiamato anch'esso Costa Paradiso, e una volta lasciata la macchina iniziare un suggestivo percorso lungo la costa, addossato alla parete rocciosa, che in una decina di minuti ci condurrà alla nostra spiaggia. 
Ricordiamoci che siamo in primavera. Di questa stagione è impossibile non fermarsi più volte, godendoci la passeggiata verso la cala, anche solamente per ammirare il panorama di rocce e di mare incorniciato dalla fioritura primaverile. Il mare è calmo. Trasparente. Gli scogli sembrano suoi fedeli difensori, ora a riposo. I fiori fucsia irrompono sulla scena con allegria cromatica. 

Fioritura primaverile lungo il percorso.


Più in là, lungo il sentiero, si inizia a fare sul serio. Il paesaggio si trasforma e si fa più impegnativo, più montano. Il mare è meno a portata di mano, ci siamo alzati d'altitudine. La roccia è più frastagliata, la macchia mediterranea ci avvolge. E' più vera e dura, rispetto ai fiori colorati e freschi che ci siamo lasciati alle spalle. Questa è abituata al vento, a durare nei mesi, ai capricci del mare. E' forte. E' radicata. Il sentimento che ci accompagna non è più l'allegria primaverile e un po' leggera dell'inizio, ma la stabilità delle cose durature, la solidità di un panorama forte, abituato alle stagioni più impegnative e da esse modellato. La vista si apre e qui spazia lungo la costa. Chilometri così: di rocce e arbusti, su un mare blu. Assoluto.

Panorama lungo il sentiero verso Cala Li Cossi.
 
Ora siamo ansiosi di trovare quello che stiamo cercando. Non è più possibile godersi il percorso passeggiando con tranquillità, perché ora la sentiamo vicina, la meta, e cresce la brama che abbiamo di essa. Ora quello che ci interessa è vedere la spiaggia. Sappiamo che manca pochissimo. Ci prepariamo allo spettacolo.
E difatti, dopo un'ultima curva, eccola: Cala Li Cossi, maestosamente sotto di noi.

Cala Li Cossi.

Cala Li Cossi.

Il cuore batte. Una striscia di sabbia chiara e un mare limpido. Ma non è questo. E' tutto quello che c'è attorno che la rende unica. La spiaggia è chiusa tra le montagne, alte, frastagliate. Dure. Alle sue spalle, la foce dell'omonimo fiume Li Cossi completa un paesaggio controverso e di rara bellezza. Qui si fondono due anime opposte: il mare e la montagna si incontrano in un connubio che ci colpisce proprio per la sua particolarità. Ed è tutto sotto di noi, in una dualità che ha saputo risolvere il conflitto generando un paesaggio unico. La durezza della montagna, l'apertura del mare. Qui convivono, unite dall'acqua e dalla roccia. Acqua di fiume. Acqua di mare. Roccia frastagliata, aspra, della montagna. Roccia che vicino al mare diviene scoglio più levigato. Non sembra neppure di essere in Italia, ma chissà in che parte selvaggia del mondo. Un'aquila sorvola la spiaggia. I profumi di mare e di montagna ci invadono, e mescolati dal vento diventano un solo, unico odore.

Scendere alla spiaggia, che in questa stagione è semi deserta, è come approdare in una terra segreta. Ci si sente un po' naufraghi, camminando con i piedi nudi che affondano sulla sabbia, le scarpe in mano, su questa spiaggia. Fuori dal tempo, fuori dal mondo. In una realtà parallela dove esiste solo il qui ed ora. Eppure ci sembra di capirla proprio qui, la verità della vita. Che tutto abbia un senso in questo luogo. Qui dove un'anima duplice ci parla della sabbia su cui ora sono nati piccoli e delicati fiorellini lilla, e della montagna su cui un pino marittimo resiste piegato dal vento. E' un'anima forte, quella di Li Cossi. Un'anima che porta il conflitto all'interno, eppure proprio per questo è completa. Totale. Due anime convivono qui. Quella del mare e quella della montagna. Una più lieve e una più dura. Un po' proprio come nella vita, fatta di contrasti che si completano. Elementi diversi si fondono a formare una realtà che esiste proprio grazie alla loro coesistenza, perché qui essi sono entrambi necessari, assolutamente complementari, alla meraviglia di questo luogo.

Fioritura sulla sabbia.

Pino marittimo.


E' così, Cala Li Cossi. E' mare e montagna. E' entrambe le cose insieme. Ed è sabbia, fiume, arbusti, roccia, acqua, vento. E' un angolo di natura selvaggia, preservata da quest'unico sentiero ricavato tra la roccia, solo modo di raggiungerla via terra. E perciò è rimasta isolata, protetta, elitaria se vogliamo. Bisogna volerla. Bisogna desiderarla e andarla a cercare. Non si capita per caso a Cala Li Cossi. Ci si va perché si innamora del suo fascino spettacolare. Delle sue montagne che la custodiscono come un tesoro prezioso. Del suo mare che le addolcisce. Della sua spiaggia che offre conforto. Seduti lì, a guardarci intorno, ci si sente piccoli di fronte alla forza della natura, di fronte all'anima di questo luogo, di fronte a tanta bellezza. E ci si sente felici.



sabato 6 maggio 2017

Le dune della Sardegna del nord: la spiaggia di Rena Majore


E' proprio vero che le cose migliori capitano quando non te l'aspetti. E l'assenza di aspettative, che inevitabilmente crea un'attesa, permette di gioire senza preconcetti di una bella sorpresa. Ed è proprio così: a sorpresa, che mi imbatto nella spiaggia di Rena Majore, nella Sardegna settentrionale, poco dopo la cittadina di Santa Teresa di Gallura, procedendo con il mare alla mia destra. Assolutamente fuori programma, essendo la meta del mio itinerario la spiaggia di Li Cossi (di cui vi parlerò nel prossimo post), per puro caso mi giro verso il mare, lungo la strada, e la vedo. Si può dire sia un vero e proprio colpo di fulmine. Tra la pineta che lambisce la strada, un varco apre la vista su una duna di sabbia di un bianco accecante. Dietro, il mare turchese. Io incredula per una frazione di secondo. Come può essermi sfuggito un luogo così? Ma i fuori programma sono assolutamente benvenuti e salutati dal cuore che inizia a battermi più veloce. Non devo neppure deciderlo: è scontato che mi fermerò a visitare questa meraviglia, come un regalo inaspettato e perciò tanto più gradito. 
Apprendo da alcuni cartelli segnaletici che siamo della provincia di Aglientu. 
Non so come sia d'estate questo posto, ma ora, in aprile, è assolutamente deserto e selvaggio. Lascio senza problemi la macchina ai lati del sentiero sterrato, sotto l'ombra di un pino, e mi addentro della pineta odorosa. Un odore di resina e di mare, una promessa di benessere d'ombra e di allegria di cicale nelle estati senza tempo. 

Dune a Rena Majore.
Dune a Rena Majore.

Subito dopo la pineta, le dune. Alte. Alcune imponenti. Vive di vegetazione. Bianche. Morbide. Modellate solo dal vento. Senza traccia di passi umani. Talmente pure che sembra quasi una violazione della natura, camminarci sopra, rompere i solchi tracciati dal vento con le mie impronte estranee. Eppure lo faccio. Perché ora è diventata esigenza visitare questo luogo, capirlo, interiorizzarlo. Procedo stordita da tanta bellezza inaspettata. Di una accessibilità assoluta, eppure che pare essere solo una delle tante spiagge della Sardegna. E proprio da questo inizio a capire quale sia, il fascino tanto decantato di questa regione.
Le dune si susseguono una dopo l'altra, come una nascesse esattamente dove muore la precedente, in un continuo circolo di vita. Rami scuri si stagliano, a contrasto, sulla sabbia bianca. Qua e là, la macchia mediterranea interrompe il chiarore della sabbia, tingendola di chiazze di verde. I ginepri trovano qui il loro paradiso. E anche io. Camminare su queste dune incontaminate, col vento che le scombina e le ricombina proprio davanti a me, con i piedi affondati della morbidezza della sabbia, serve a capire il senso intero della vita. Mi sdraio, esausta, su una delle dune più alte, e per un po' resto così, con il cuore che batte, la mente piacevolmente confusa, il respiro profondo, a godere soltanto di questo luogo.
E poi riprendo il cammino, scendendo di corsa dalla duna per raggiungere la lunga spiaggia di sabbia circondata da rocce di granito. E il mare è una nuova sorpresa. Nonostante il vento increspi la superficie dell'acqua, è di un meraviglioso turchese trasparente. Rende felici.

Mare a Rena Majore.
 

 
Fiume che attraversa Rena Majore.
Fiume che attraversa Rena Majore.
E poi, tornando indietro, scelgo un sentiero alternativo a quello dell'andata, procedo d'istinto, tra le mille dune, per visitarne il più possibile. Per emozionarmi ancora. Ed ecco un fiumiciattolo attraversare la spiaggia. In inverno deve raggiungere la sua massima potenza, ma in questa stagione si prepara già all'arsura estiva, facendosi più modesto. E', comunque, anch'esso, parte dello spettacolo che la natura offre su questa spiaggia.
Così selvaggia, incontaminata, il cui unico padrone sembra essere il vento. 
Qual è l'anima di questo luogo? L'avete già sentita, forte com'è, attraverso le mie parole? E' un'anima di sabbia, di arbusti tenacemente attaccati ad essa. Un'anima d'acqua, perciò di vita. Un'anima fatta da una natura che qui è libera di esprimere tutta la sua potenza. Un'anima di libertà, di ampiezza e di vento che la scompiglia a suo piacere. Io trovo che qui sia racchiusa un po' tutta l'anima della Sardegna, di quella parte autentica della Sardegna fatta da spiagge incontaminate, di una meraviglia assoluta e lasciate allo stato selvaggio, con gli alberi, le dune, gli arbusti e le pinete chilometriche. Dove il vostro cuore non  potrà far altro che battere, forte, di emozione. 
Cosa state aspettando? La Sardegna vi aspetta. Rena Majore vi aspetta. Vi accoglierà tra le sue dune, finché sarete lì la sua anima sarà all'unisono con la vostra. Poi tornerà ad essere solo della natura. Meravigliosamente selvaggia.