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martedì 11 marzo 2014

Cigni e riflessi del lago di Bracciano


Pochi chilometri da Roma. Un lago di origine vulcanica tra le dolci colline laziali. Ufficialmente Parco Regionale dal 1999. Tre graziosi paesini che si affacciano sulle sue sponde: Bracciano, Trevignano e  Anguillara Sabazia. 

Lago di Bracciano visto dal castello Orsini-Odescalchi








Visitare il castello Orsini - Odescalchi.
Godere della vista spaziosa, sul lago e sui monti Sabatini, dalle sue torri.
Passeggiare per le curate vie del centro storico. Curiosare tra le bancarelle di un mercatino di artigianato.






Lago di Bracciano presso il paese di Anguillara Sabazia
Poi Anguillara Sabazia. Con il suo lungolago così piacevole e il centro storico tutto in salita, sviluppato soltanto verticalmente, quasi che le abitazioni non volessero distaccarsi dal lago e siano state costruite in maniera tale che nessuna fosse privata della vista dell'acqua.




Porgere un pezzetto di pane ai cigni che nuotano, abitanti sovrani del lago. 
Arrivano e poi spariscono. Ci danno la misura della grandezza del lago. Per noi è immenso. Per loro evidentemente no.
Lo conoscono tutto. Ce lo insegnano. Le scie che lasciano nuotando ci indicano la direzione. Quella verso i posti segreti e più belli. Quelli che non sono destinati ai nostri occhi.


Tutto questo può bastare. 
Per sfuggire al chiasso della città. Perché almeno una domenica di primavera sia effettivamente tale. Per sentire i battiti del cuore decelerare e farsi più pacati e profondi.

Potrei stare ore a guardarlo. Il lago di Bracciano. Con tempo bello e con quello brutto. Con i suoi cigni e con le sue acque calme. La sua anima. Che altra sensazione può essere, se non la serenità, che proviene da una luce soffusa, appena filtrata dalle nuvole, che rende argentina l'uniforme superficie dell'acqua? Due puntini bianchi delle barche che si sono avventurate fuori con il tempo incerto. Acqua, terra e cielo un tutt'uno. Squarciato di bianco. La solitudine dei riflessi in questo specchio di luce.


E ancora i cigni.
Ora sostano. Immobili e impassibili anche loro, nella calma del lago. Ne sembrano ornamenti. Le piume soffici, bianche, trasparenti alla luce del sole che cala. In attesa.



E finalmente viene il tramonto. La luce vince le nubi e dipinge d'arancio la superficie del lago.
Un cigno si impenna. Rompe la calma e l'uniformità dell'acqua. Saluta il giorno. Sa che è l'ultimo momento per farlo. Prima di riposare tutta la notte in attesa dall'alba. Non può stare più fermo, ora. Agita le ali, per asciugarle, all'ultimo sole. L'ultima occasione. 



Poi la luce affievolisce. Per gli uccelli è ora di volare via, verso i loro ripari.
ll cigno si rassegna beatamente alla quiete. Diventa un tutt'uno col lago. Dello stesso colore. Con lo stesso moto. Parte di esso e non più creatura a se stante. 
Il lago offre riposo. Diventa immenso.
E la notte non fa più paura.










giovedì 12 dicembre 2013

Estate a Cefalù



Di Cefalù, Angelo Culotta in "Il paese di dentro" scrive: 
"Da qualunque parte vi si giunga, e in qualsiasi condizione di tempo e di spirito, quando davanti agli occhi si disegna il suo profilo, è difficile non provare un piccolo sussulto di emozione e di piacere".
E' verissimo: quando appare la rocca e subito dopo l'abitato, con le case che si affacciano sul mare, il cuore palpita innegabilmente. Tanto più se è estate, con i suoi colori brillanti, e tanto più se la nostra predisposizione d'animo è la leggerezza, tipica della vacanza estiva.
Tuttavia, l'ho già detto nel post precedente: l'estate non è la stagione che prediligo per Cefalù (troppa confusione, troppo traffico, troppo poco spazio per il pensiero), eppure devo ammettere che le estati che ho passato qui sono state le più belle della mia vita.
Estati dalle giornate lunghe che parevano non finire mai, estati di amici e di risate, estati di mare, di sole, di allegria. 
Sì, è vero: l'anima del paese si assopisce un po' col solleone estivo, si confonde negli schiamazzi dei bagnanti, si intimidisce di fronte al raddoppio della popolazione del paesino, si stinge nella luce accecante delle giornate d'agosto. 
Ma, l'estate a Cefalù resta un'estate allegra, dinamica, intensa. Un'estate felice.
Dal mio libro, "Il tempo della casa del pino", eccone un brano a proposito:
"Qui si era felici, e quando si è troppo felici ci si addormenta subito la notte, beatamente, e il giorno la gioia ci assorbe totalmente, sicché i pensieri si fanno lenti e lunghi. Tutto si dilata come le calde e vaghe giornate d'estate. E la mente colleziona ricordi. Di quelli che non cerchi ma ti restano impressi da soli".

Panorama dalla spiaggia di Cefalù
Come non ricordare, ad esempio, la trasparenza del mare. Nei giorni in cui è calmo, a diversi metri dalla riva è ancora possibile vedere il fondale. La luce si infrange nell'acqua, creando bei riflessi tremolanti sulla sabbia, sotto la superficie del mare. La vista si perde nell'azzurro, ogni tanto intervallato da qualche scoglio, che pare messo lì apposta per il turista, tale è l'armonia con cui madre natura ha composto questo tratto di mare. 
La spiaggia è sabbiosa e, da qui, si gode un pittoresco panorama sul paese.

Promontorio di Santa Lucia
Chi invece non ama la sabbia o non apprezza il lungomare con i lidi, eccessivamente affollati, può recarsi nelle zone scogliose. Ad esempio, il promontorio di Santa Lucia, che chiude la lunga spiaggia del paese, offre la possibilità di accomodarsi sulle rocce e fare snorkeling tra scogli e grotte marine ricche di fauna.



Il mare è certamente la principale attrazione nelle giornate estive. Ma per chi avesse voglia di fare una passeggiata all'interno del paese molte sono le possibilità, come già ho spiegato nel post precedente: Corso Ruggero, Via Vittorio Emanuele, Via Bordonaro e tutte le viuzze intorno, disposte a spina di pesce, garantiscono una visita all'insegna dell'arte, dell'artigianato e della gastronomia. In estate, provate i gelati nei gusti tipicamente siciliani: cassata, gelso, mandorla, anguria, pistacchio. Se siete veramente golosi potete ordinare la brioche: una sorta di panino dolce, morbidissimo, spaccato in due e farcito a dismisura di gelato. Naturalmente una validissima alternativa sono anche le granite: limone, mandorla e gelsi, le mie preferite.
E, una volta appagato il gusto, appagate la vista lasciandovi sedurre dal profilo del Duomo attorniato dalle bouganville fucsia.

Duomo di Cefalù


Se la vostra passeggiata vi condurrà al Bastione, potrete ammirare la bellissima terrazza sul mare, in realtà fortificazione militare costruita nel 1645. Qui si ha la sensazione di essere sospesi sul mare. Circondati. E, tanto è affascinante nelle giornate di mare calmo, in cui la vista può spaziare beata nella distesa blu, tanto più è affascinante con le mareggiate. Quando il mare è mosso, infatti, da qui pare di partecipare alla forza stessa della natura. Si è circondati dalle onde. Così vicine. Si respira l'odore forte del mare in tempesta. Si ammira la luce che si infrange nell'acqua in movimento. E si ha la sensazione di esser parte della natura. Di partecipare all'anima del mare.

Il Bastione


E infine, dopo una lunga giornata, ecco scendere la sera. Porta refrigerio dalla calura estiva. Porta serenità d'animo. Il profilo della rocca si stempera nell'arancio tra cielo e mare. Si sente il respiro della terra che riprende fiato.


Poi il cielo si fa blu elettrico e preannuncia la notte. Viene voglia di viverla. 


Potete cenare fuori, frequentare uno dei tanti locali che animano la movida estiva cefaludese, passeggiare sul corso, sul lungomare.
Io, personalmente, quello che amo di più nelle sere estive è ritrovarmi con gli amici, quelli veri, a chiacchierare e respirare la notte. E' il momento in cui l'anima del paese, soffocata durante la giornata frenetica, riemerge, prima timidamente e poi prepotentemente, mano mano che le ore diventano piccole. 

In una di queste notti estive, provate a sedervi al molo. L'acqua gorgoglia delicatamente, la luna illumina il profilo della rocca e delle case dei pescatori, una barchetta ondeggia sull'acqua. Calma. Qualcuno fa il bagno di notte. Riaffiora il fascino antico di Cefalù. E si respira un momento di eterno. Questo momento. Uguale nei secoli.

Oppure andate al Bastione. Se di giorno è bello, di notte lo è ancora di più. 
Gecchi Zito, in "Cara Sveva", così lo descrive:
"Le notti serene d'agosto, alla luce delle stelle, tante stelle, come fantasmi amavamo conversare con frasi smozzicare, impressioni accennate, opinioni e pensieri appena sussurrati, detti e confidati forse soltanto a noi stessi".
E:
 "Con i gomiti poggiati sul muro che permetteva di affacciarsi sul vuoto e sul mare era agevole pensare e sognare, parlare di cose grandi, di progetti, di speranze. Talvolta si restava soli con il mare e con il cielo sopra di noi".
E ancora:
 "La notte, solo oscurità, mare da indovinare, la voce di esso in basso, il raggio del faro che spacca le tenebre sotto la volta immensa delle nubi o delle stelle". 

"Cara Sveva" è un testo della prima metà del novecento, eppure ancora attualissimo. I sentimenti di chi vive la notte immaginando il mare nell'oscurità, o discutendo o sognando, sono ancora quelli. 
Per quando mi riguarda, queste notti passate all'aperto, con gli amici e il mare, anch'esso amico, sono l'anima più vera dell'estate a Cefalù. Sono la sua essenza.

Vi lascio con un brano, tratto dal mio "Il tempo della casa del pino", dove le descrivo, le notti estive:
"Inseguire la luce fino ad arrendersi alla sera e poi stare ancora svegli fino a che la notte non sia piccola, fino a che l'aria non sia così rinfrescata da esserci quasi freddo, e aspettare allora che sorga di nuovo il sole. Aspettare che ricominci un altro lunghissimo giorno, proprio l'attimo prima di essere sazi della notte di tregua, magica e silenziosa, che scompare con il primo chiarore e sembra allora non essere mai realmente esistita".
E giorno dopo giorno, notte dopo notte, godetevela, questa estate.
Presto sarà autunno...



giovedì 14 novembre 2013

La potenza di Stromboli


Sarò sincera: a Stromboli ho trascorso solo mezza giornata.
Ma sarò altrettanto sincera nel dirvi che basta mezz'ora sull'isola, per avere percezione della potenza della sua anima. Sì: Stromboli è potente, non mi viene in mente un altro aggettivo che meglio possa descrivere la più lontana delle Isole Eolie dalla Sicilia, ma la più nota in tutto il Mondo.
E ama i colori forti: il rosso del fuoco e il nero della lava.
Saprete sicuramente che lo Stromboli è un vulcano attivo e, quindi, è un cosiddetto "vulcano buono", perché sfogandosi quotidianamente non dovrebbe arrivare a esplosioni devastanti (seppure a volte dei problemi ci sono stati).
Quello che forse non conoscete, è il rispetto che suscita questo vulcano nei visitatori e nei locali: è "Iddu" (Lui) che decide le sorti dell'isola, nel bene e nel male. Gli strombolani sono tanto consapevoli della sua presenza, da personificarlo e parlarne in termini umani: "Iddu parla" sono soliti dire, infatti, quando i boati delle eruzioni si diffondono su tutta l'isola.
Qui non è l'uomo a comandare sulla natura, ma è la natura a farla da padrone e l'uomo non può far altro che offrirle un profondo rispetto e una fiducia incondizionata, simile a quella che si ripone nella religione. 

Stromboli, vista da Strombolicchio




Dal mare l'isola si presenta come un unico cono vulcanico, nero, materico, solcato dal vento, avvolto dalle nubi di fumo sulla sua cima, accanto al cratere. Poi, man mano che la barca si avvicina, si notano le casette e la chiesa, timidamente adagiate sulla montagna. 
Si attracca accanto alla lunga spiaggia di sabbia lavica, nerissima, e il cuore batte forte, semplicemente per l'essere a Stromboli. Poi ci si inizia a guardare intorno e si notano i primi segni della presenza del vulcano: ovunque ci sono cartelli che indicano le vie di fuga in caso di eruzione, terremoto o maremoto. E si ha timore, eppure attrazione incontrollabile, atavica, verso il fuoco, la lava, la fine e l'inizio di ogni cosa.
Il paese è sopra il livello del mare, per raggiungerlo ci sono le viuzze, tutte in salita, che partono dalla spiaggia e arrivano al cuore del paese, nella piazza di San Vincenzo, centro della vita sociale e culturale dell'isola. Quello che colpisce è che in un'isola così piccola ci sia tanto fermento culturale e tanta arte: la libreria, il centro culturale e vari negozi di ammirabile artigianato, abitano le viuzze intorno la piazza.
E la sera si organizza sempre qualcosa: che siano proiezioni di film (immancabile "Stromboli - Terra di Dio"), l'ammaliante "festa del fuoco" o una scalata organizzata al vulcano, gli strombolani amano riunirsi e celebrare la notte. Una notte che fino a qualche anno fa era piena di stelle, perché a Stromboli mancava l'elettricità e, di sera, si camminava per le strade buie, guidati solo dalla luce di una candela, della luna, o dall'istinto. Una notte che anche illuminata, ha conservato il fascino millenario, profumata com'è di fiori, di lava e di silenzio.
E la cosa più bella, quando cala la notte, è farsi portare da una barca davanti la "Sciara del fuoco", un pendio nella parte dell'isola opposta al centro abitato, dove cola la lava e rotolano le rocce incandescenti, finendo nel mare dopo uno scivolo di settecento metri. 
Di notte si spia il vulcano, sperando di non essere visti. 
Le barche spengono il motore, e resti così: in mezzo al mare, nel silenzio più assoluto, nel buio, ad aspettare il rombo che precede gli zampilli di lava e roccia incandescente. Il vento coccola il tuo volto, la luna è alta nel cielo e delinea la sagoma del vulcano, una volta abituati gli occhi. Sul costone dello Stromboli compaiono piccole luci in fila indiana: sono le torce di quelli che tentano la scalata al cratere.
L'odore del mare è avvolgente. Poi il rumore rompe il silenzio e la quiete perfetta dell'attimo prima, e il fuoco rosso squarcia il nero della notte. Uno spettacolo dove la vita e la morte sono fuse in un'unica cosa.

Stromboli è un'isola dura, misteriosa, lontana. E' un paradiso che può nascondere l'inferno. E' un luogo "vivo", dove la natura incute pace e timore al tempo stesso, dove la solitudine può essere profonda, ma i legami sono intensi e duraturi.


 Scultura in pietra a Stromboli

Chi conosce l'isola molto meglio di me, è sicuramente Lidia Ravera, che vi soggiorna spesso e anche per lunghi periodi. Il suo libro "A Stromboli" (Editori Laterza, 2010) è un piccolo capolavoro che mette a nudo l'anima dell'isola e l'amore viscerale della scrittrice per questa terra.
E sono sicura che le sue parole sono la migliore conclusione di questo post.

Così la Ravera descrive la sua prima volta a Stromboli: 
"Sono rimasta sedotta dal luogo al primo impatto. Me ne sono accorta nel solo modo che conosco, e che so riconoscere: un allertarsi ansioso di tutti i sensi. Udito, odorato, sguardo, tatto, gusto. Mi è successo altre volte. Non molte" (pagina 54)
Stromboli, panorama
 
 E ancora:  

"Mi è sembrata un'eccellente idea fermarmi sotto il vulcano. 
Al culmine della mia carriera di irrequieta. 
Dato che nulla è permanente, nemmeno una casa, nemmeno le cose, nemmeno la vita umana. 
Mi esercito alla provvisorietà. Cerco un senso di impermanenza" (pagina 23).

In ultimo, la sua indimenticabile descrizione della notte passata sul vulcano, accanto al cratere:
"Sedevo, quindi, con venti ragazzi francesi e olandesi e svizzeri, sul bordo che sovrasta il cratere. Li ascoltavo ridere e parlare, eppure mi sentivo, riuscivo a sentirmi, perfettamente sola, sentivo la perfezione della solitudine. Guardavo meravigliata quel lago di fuoco, quella tazza accesa e fumigante, aspiravo l'odore acre e definitivo dello zolfo. Guardavo le stelle oscurate dalla bandana di vapore che sventola fra la cresta della montagna incendiata e il cielo. Ascoltavo i colpi secchi delle esplosioni non visibili e l'eco che li seguiva, prima che la fucina del fuoco lanciasse i suoi razzi fuori, a spegnersi nel vento" (pagina 25).