venerdì 8 maggio 2015

Parco della Maremma: dove la natura regna sovrana


Spiaggia di Collelungo

E' in Toscana, che ho lasciato un pezzettino del mio cuore. Va cercato lì, nel Parco della Maremma, tra la natura incontaminata. Tra 9800 ettari di monti, boschi, aree paludose, macchia mediterranea, spiaggia, che occupano il lato costiero tra i comuni di Orbetello e Grosseto. Un'area integralmente preservata e dal fascino indiscutibile. Ricca di varietà di flora e di fauna (è facile incontrare cinghiali, mucche, cavalli in libertà).
Il parco è organizzato in diversi itinerari, divisi a seconda del grado di difficoltà, che partono da Talamone o da Alberese. C'è anche la possibilità di fare percorsi in bicicletta, in canoa o in carrozza. Altrimenti si cammina. Così come ho scelto di fare io, in particolare seguendo l'itinerario A2: "Le Torri", il più vario dal punto di vista paesaggistico. Quello di cui parlerò in questo post.

Che dire? Inizio dicendo che è stato un po' un colpo di fulmine, nato per caso, vedendo sul web delle fotografie dei Monti dell'Uccellina (siti all'interno del Parco della Maremma). E già il cuore batteva di fronte alla possibilità che esistesse un posto così in Italia. Fiumi che tagliano pinete fittissime, chiuse tra colli boscosi e lunghissime spiagge. Un paesaggio che richiama l'immaginario di foreste tropicali, dall'altro lato del mondo. E invece è in Toscana.
L'entusiasmo iniziale è stato poi leggermente frenato da un itinerario dato come "medio", ma lungo quasi sette chilometri di sentieri in mezzo ai boschi, su e giù per colli. Ma qualunque cosa leggessi, qualunque ostacolo si presentasse, tuttavia niente riusciva a frenare l'irresistibile attrazione che mi ha portato in questo luogo. E, a cose fatte, voglio rassicurare chi ha i miei stessi dubbi: l'initerario A2 è fattibilissimo: una bella camminata, certo, in alcuni brevi tratti un po' faticosa, ma assolutamente alla portata di chiunque goda di normale salute e ami camminare. 

Ma iniziamo con ordine. Iniziamo dal pullman che vi porterà dal centro visite di Alberese ai "Pratini": una radura in mezzo al bosco da cui partono gli itinerari. In realtà si tratta di un autobus del tutto particolare: identico a quello che potete trovare nelle nostre città, ma che passa in una stradina in mezzo ai campi e fa un'unica fermata: nel bosco. Che meraviglia!
E da qui, con il sorriso sulle labbra, inizia l'avventura. 
Una strada pianeggiante e asfaltata taglia il bosco e vi consente, intanto, una passeggiata tranquillissima, arricchita dalla sorpresa dei profumi del bosco. L'aria è già diversa. E' già intatta. E sa di funghi, di felci, di alberi, di fiori, di erbe aromatiche. Di primavera. 
Si cammina e si respira. Si respira e si cammina. Di buon passo. Di buon umore.  

Poi la strada si fa sterrata. E delle frecce di legno indicano la via da seguire. 
Una prima deviazione, sulla destra, permette di raggiungere, dopo una salita, la prima tappa dell'itinerario A2: la Torre di Castel Marino.  

Torre di Castel Marino
La torre, un tempo necessaria per l'avvistamento, oggi è poco più di un rudere.
Ma quello che qui è sbalorditivo, non è la torre in sé per sé, ma il panorama mozzafiato che gode dalla sua posizione.
E' costruita, infatti, su un'altura che domina chilometri di foresta Granducale intatta, tagliata solo da due fiumi che si incrociano, con nettissime linee, per poi sfociare a mare. Un mare che avvolge d'azzurro lo sterminato verde dei pini sotto di noi. 
Siamo così in alto, il panorama è così ampio, il vuoto sotto di noi così immenso, che pare di volare. Non esagero se scrivo che, solo in questo momento, nella mia vita, ho capito davvero cosa provano gli uccelli in volo. Cosa vuol dire avere tutto il mondo sotto di te. Tutto lì sotto che pare di abbracciarlo in un istante soltanto. Con un solo sguardo. Colmo. Libero.
 
Panorama dalla Torre di Castel Marino

E' difficile lasciare questo panorama per proseguire. Tuttavia ci alletta la prospettiva di altre scoperte interessanti e nello stesso tempo già ci appaga quello che abbiamo visto. Così ci rimettiamo in cammino, gioiosi per il vissuto e col cuore aperto a nuove scoperte.

Gli odori della campagna ora si sostituiscono a quelli del bosco più fitto. Un odore di estate preannunciata. Un odore che sa delle cose belle vissute in passato. Delle gite fuori porta, delle domeniche all'aperto, delle vacanze da bambini. Un odore che riconosciamo.
L'ambiente poi si fa vario: si passa velocemente dalla campagna, a zone coltivate a uliveti, a zone paludose, alla pineta che spazza via tutti gli altri odori, con il suo, predominante e vigoroso, di resina.

Uliveti
Zona Paludosa

E poi, improvvisa, eccola. La sabbia. Dopo tanto cammino, il mare è una conquista. Una vittoria. Dune di sabbia preannunciano l'acqua. Sembrano essere messe lì apposta per darci il benvenuto nella spiaggia che proteggono. E sulle dune, la vegetazione cresce imperterrita. Viva.

Vegetazione sulle dune della spiaggia di Collelungo


E l'acqua del mare, argentata dai riflessi del sole del pomeriggio, è una distesa di vita di fronte a noi. Ci invade con l'odore della salsedine, portata da un vento continuo ma piacevole. Con la luce. Con la sensazione di essere arrivati, finalmente, alla meta. Con il sapore della conquista. Con l'apertura che rappresenta da sempre il mare, dopo la montagna. 
La libertà.
E' così che si si sente in questa spiaggia, la spiaggia di Collelungo. Liberi. 
Per chilometri non ci sono, a vista, costruzioni umane. I monti  racchiudono tutta la spiaggia. C'è pochissima gente. Solo quella che ci arriva, almeno in questo punto, seguendo gli itinerari di visita del parco. Posso contare le persone con le dita delle mani. Siamo tutti come naufraghi sopravvissuti, miracolati scopritori di una terra segreta. Eletti. E' così, almeno, che mi sento io. E l'anima di questo luogo, come la sento forte! E' mare. E' vita. E' silenzio. E' profondità. E' natura sovrana.

Sono i milioni e milioni di tronchi d'albero portati qui dalle correnti, sbiancati e levigati dal mare, che fanno ormai parte della spiaggia stessa. E' il promontorio di Collelungo che la protegge. E' il sole che non fa sentire freddo. E' il vento che non fa sentire caldo. Un giorno di perfezione. Di assoluto benessere e comunione con la natura. Di totale serenità e completezza. Di verità.

E d'improvviso, come se ancora non fosse già abbastanza, dalle dune spunta un volpino. Si guarda intorno, tra le capannine - rifugio costruite con i tronchi della spiaggia da chi cerca riparo. Si fa avanti. Cammina sulla sabbia. Quasi si avvicina. La spiaggia è la sua. E questo luogo non finisce mai di stupire. 

Volpe sulla spiaggia di Collelungo

Quando riprenderete il cammino, dopo essere stati alla spiaggia, saprete che state andando a visitare la seconda e ultima torre dell'itinerario, saprete anche che la troverete bellissima, ma nascerà già dentro di voi un po' di malinconia. Per la spiaggia che vi lasciate alle spalle. Per il pezzetto di cuore che rimane lì, sulla sabbia intatta.



Torre di Collelungo
Una breve salita ed eccola, la seconda torre, nonché ultima tappa: la Torre di Collelungo. Questa è sicuramente meglio conservata rispetto alla prima, ma anche qui, quello che colpisce, non è la costruzione in sé per sé , ma sicuramente il panorama mozzafiato.
 




Il fiume taglia la pineta sotto di noi. Il colle con la Torre di Castel Marino domina la scena. E ci sembra incredibile, ancora una volta, che paesaggi del genere possano esistere in Italia, e quanto poco, a volte, conosciamo la nostra Terra, che invece offre cose meravigliose. Così come sembra impossibile essere stati, poche ore fa, in quella prima torre che da qui pare ora così lontana. Eppure non ci si sente affatto stanchi. Appagati da tanta meraviglia indimenticabile. 

Panorama dalla Torre di Collelungo


Perché questo non è un addio, ma soltanto un arrivederci.
A presto, Parco della Maremma... Ti salutiamo con i versi di un nostro amico, a cui hai rubato il cuore:


MONTI DELL’ UCCELLINA

...e un luogo misterioso

Sulla cima di Poggio Lecci
sentieri di note
grappoli di odori sempre freschi
in un’intensa meraviglia
che nasce e si trasforma
sotto un grembo di luna,
e uno stato d’animo slanciato
quel tappeto fascinoso di maestrale
fino a lambire i sensi incontaminati
di Cala di Forno.

Canti invisibili nel retroterra, le pinete
e nel vuoto le meditazioni
in un susseguirsi di danze invase
da mistero come marciano
le rime dei poeti fino a rasentare
le rive dell’Ombrone.

FABIO STRINATI


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