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martedì 8 aprile 2014

L'impatto del lago di Albano



Pochi chilometri da Roma. Una giornata di sole. La voglia di evadere dal caos della città.
Eccomi nella zona dei Castelli Romani. Una serie di paesini caratteristici si susseguono uno dietro l'altro arrampicati sui Colli Albani: Marino, Albano Laziale, Castel Gandolfo, Ariccia, Nemi, ecc.ecc.
Ma quello che sono venuta a cercare è l'acqua. Fonte prima di vita e benessere. Che siano fiumi, laghi, mare, ormai l'avrete capito: mi tranquillizza guardare l'acqua. Che scorre o che sta. Azzurra, blu, verde, turchese. Fissarla per ore e rispecchiare i miei pensieri nei riflessi che il sole vi disegna sopra, o nelle leggere increspature così come nelle onde alte.
L'acqua è vita anche per l'anima. Almeno lo è per la mia.
Quello che cerco in questa zona, dunque, è il lago di Albano.
Se non si conosce la strada non è facilissimo districarsi in questa zona, anche perché il lago è impropriamente conosciuto con in nome lago di Castel Gandolfo e, quindi, pare logico cercare di arrivarci proprio da questo paese. Invece la strada si trova nei pressi di Albano, non molto ben segnalata, e occorrerrà un po' per trovare l'imbocco.
Ma poi, subito, ecco apparire il lago nella sua maestosità. Lascia senza fiato. Perché si rivela improvviso e tutto. Se fino alla curva prima non avrete visto nulla, eccolo ora tutto di fronte a voi. Tutto il cratere dell'ex vulcano riempito dall'acqua più blu. Il lago sotto di voi vi dà il benvenuto. Non cela nulla allo sguardo. Non nasconde la sua ampiezza e profondità. Si prova sulla pelle una sensazione di freschezza, come ci fosse già un contatto con le acque. E si immagina il vulcano di un tempo, sostituito dall'acqua. Se ne intuisce ancora la potenza, nascosta dietro la bellezza del paesaggio, ma rivelata dall'impatto profondo che il lago lascia alla nostra prima impressione. Questa è, secondo me, l'anima del lago di Albano. Un'anima potente, di una bellezza così sorprendente e diretta che non può lasciare indifferente. Colpisce. Affonda. 
E si ha voglia di restare lì. A guardarlo dall'alto. A farsi sedurre dal vento fresco che porta l'odore dell'acqua e del bosco.


Ma alla fine vince la curiosità. O la voglia di avvicinamento. Di incontrare questo gigante blu più da vicino. E si scende sul lungolago.
Bancarelle, ristorantini, bar, giostre per bambini, lidi, barche e pedalò in affitto. E' estate qui come in qualsiasi altro lungolago o lungomare. 

Ma la natura non smette di fare da sovrana. Quello che l'uomo ha costruito lascia comunque spazio a alberi,  fiori, prato,  rocce che arrivano a filo d'acqua. 
I bagnanti e le barche sembrano solo adagiati lì, momentaneamente, tra la natura.
Tra bellissimi fiori di oleandro e il prato verde. Sotto gli alberi che offrono l'ombra naturale o sdraiati su una sabbia nerissima che racconta l'origine vulcanica del lago.


Camminare. Esplorare. Assimilare quello che si vede. Viene spontaneo. E una volta arrivati alla riva, lasciare andare i pensieri. Lasciare che sia l'acqua leggermente increspata  a cullarli. Dolcemente.

Un pontile entra nel lago, pare una strada che lo attraversa. Con la fantasia potrebbe esserlo veramente. La strada d'accesso ai segreti del lago. Quella che porta alla sponda opposta. Il tramite tra noi umani e l'acqua. Io mi accontento di camminare fino alla punta, fin dove il piccolo pontile di legno finisce. Mi piace pensarlo come il punto di massimo contatto col lago. Oltre questa soglia non è consentito accedere.
















E più in là, lontano dai bagnanti, sulle rocce più aspre, dove gli alberi si fanno più fitti, ecco un altro scorcio del lago circondato dalla vegetazione rigogliosa. 
Non è solo l'acqua, capisco, quella che respiro qui, ma è la natura tutta.



giovedì 14 novembre 2013

La potenza di Stromboli


Sarò sincera: a Stromboli ho trascorso solo mezza giornata.
Ma sarò altrettanto sincera nel dirvi che basta mezz'ora sull'isola, per avere percezione della potenza della sua anima. Sì: Stromboli è potente, non mi viene in mente un altro aggettivo che meglio possa descrivere la più lontana delle Isole Eolie dalla Sicilia, ma la più nota in tutto il Mondo.
E ama i colori forti: il rosso del fuoco e il nero della lava.
Saprete sicuramente che lo Stromboli è un vulcano attivo e, quindi, è un cosiddetto "vulcano buono", perché sfogandosi quotidianamente non dovrebbe arrivare a esplosioni devastanti (seppure a volte dei problemi ci sono stati).
Quello che forse non conoscete, è il rispetto che suscita questo vulcano nei visitatori e nei locali: è "Iddu" (Lui) che decide le sorti dell'isola, nel bene e nel male. Gli strombolani sono tanto consapevoli della sua presenza, da personificarlo e parlarne in termini umani: "Iddu parla" sono soliti dire, infatti, quando i boati delle eruzioni si diffondono su tutta l'isola.
Qui non è l'uomo a comandare sulla natura, ma è la natura a farla da padrone e l'uomo non può far altro che offrirle un profondo rispetto e una fiducia incondizionata, simile a quella che si ripone nella religione. 

Stromboli, vista da Strombolicchio




Dal mare l'isola si presenta come un unico cono vulcanico, nero, materico, solcato dal vento, avvolto dalle nubi di fumo sulla sua cima, accanto al cratere. Poi, man mano che la barca si avvicina, si notano le casette e la chiesa, timidamente adagiate sulla montagna. 
Si attracca accanto alla lunga spiaggia di sabbia lavica, nerissima, e il cuore batte forte, semplicemente per l'essere a Stromboli. Poi ci si inizia a guardare intorno e si notano i primi segni della presenza del vulcano: ovunque ci sono cartelli che indicano le vie di fuga in caso di eruzione, terremoto o maremoto. E si ha timore, eppure attrazione incontrollabile, atavica, verso il fuoco, la lava, la fine e l'inizio di ogni cosa.
Il paese è sopra il livello del mare, per raggiungerlo ci sono le viuzze, tutte in salita, che partono dalla spiaggia e arrivano al cuore del paese, nella piazza di San Vincenzo, centro della vita sociale e culturale dell'isola. Quello che colpisce è che in un'isola così piccola ci sia tanto fermento culturale e tanta arte: la libreria, il centro culturale e vari negozi di ammirabile artigianato, abitano le viuzze intorno la piazza.
E la sera si organizza sempre qualcosa: che siano proiezioni di film (immancabile "Stromboli - Terra di Dio"), l'ammaliante "festa del fuoco" o una scalata organizzata al vulcano, gli strombolani amano riunirsi e celebrare la notte. Una notte che fino a qualche anno fa era piena di stelle, perché a Stromboli mancava l'elettricità e, di sera, si camminava per le strade buie, guidati solo dalla luce di una candela, della luna, o dall'istinto. Una notte che anche illuminata, ha conservato il fascino millenario, profumata com'è di fiori, di lava e di silenzio.
E la cosa più bella, quando cala la notte, è farsi portare da una barca davanti la "Sciara del fuoco", un pendio nella parte dell'isola opposta al centro abitato, dove cola la lava e rotolano le rocce incandescenti, finendo nel mare dopo uno scivolo di settecento metri. 
Di notte si spia il vulcano, sperando di non essere visti. 
Le barche spengono il motore, e resti così: in mezzo al mare, nel silenzio più assoluto, nel buio, ad aspettare il rombo che precede gli zampilli di lava e roccia incandescente. Il vento coccola il tuo volto, la luna è alta nel cielo e delinea la sagoma del vulcano, una volta abituati gli occhi. Sul costone dello Stromboli compaiono piccole luci in fila indiana: sono le torce di quelli che tentano la scalata al cratere.
L'odore del mare è avvolgente. Poi il rumore rompe il silenzio e la quiete perfetta dell'attimo prima, e il fuoco rosso squarcia il nero della notte. Uno spettacolo dove la vita e la morte sono fuse in un'unica cosa.

Stromboli è un'isola dura, misteriosa, lontana. E' un paradiso che può nascondere l'inferno. E' un luogo "vivo", dove la natura incute pace e timore al tempo stesso, dove la solitudine può essere profonda, ma i legami sono intensi e duraturi.


 Scultura in pietra a Stromboli

Chi conosce l'isola molto meglio di me, è sicuramente Lidia Ravera, che vi soggiorna spesso e anche per lunghi periodi. Il suo libro "A Stromboli" (Editori Laterza, 2010) è un piccolo capolavoro che mette a nudo l'anima dell'isola e l'amore viscerale della scrittrice per questa terra.
E sono sicura che le sue parole sono la migliore conclusione di questo post.

Così la Ravera descrive la sua prima volta a Stromboli: 
"Sono rimasta sedotta dal luogo al primo impatto. Me ne sono accorta nel solo modo che conosco, e che so riconoscere: un allertarsi ansioso di tutti i sensi. Udito, odorato, sguardo, tatto, gusto. Mi è successo altre volte. Non molte" (pagina 54)
Stromboli, panorama
 
 E ancora:  

"Mi è sembrata un'eccellente idea fermarmi sotto il vulcano. 
Al culmine della mia carriera di irrequieta. 
Dato che nulla è permanente, nemmeno una casa, nemmeno le cose, nemmeno la vita umana. 
Mi esercito alla provvisorietà. Cerco un senso di impermanenza" (pagina 23).

In ultimo, la sua indimenticabile descrizione della notte passata sul vulcano, accanto al cratere:
"Sedevo, quindi, con venti ragazzi francesi e olandesi e svizzeri, sul bordo che sovrasta il cratere. Li ascoltavo ridere e parlare, eppure mi sentivo, riuscivo a sentirmi, perfettamente sola, sentivo la perfezione della solitudine. Guardavo meravigliata quel lago di fuoco, quella tazza accesa e fumigante, aspiravo l'odore acre e definitivo dello zolfo. Guardavo le stelle oscurate dalla bandana di vapore che sventola fra la cresta della montagna incendiata e il cielo. Ascoltavo i colpi secchi delle esplosioni non visibili e l'eco che li seguiva, prima che la fucina del fuoco lanciasse i suoi razzi fuori, a spegnersi nel vento" (pagina 25).