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venerdì 26 gennaio 2018

Il ricamo dei secoli nella roccia: le Grotte di Nettuno


Nella Sardegna nord - occidentale, in provincia di Alghero, il bel promontorio di Capo Caccia domina il paesaggio con la sua imponenza fatta di roccia calcarea, insinuandosi maestosamente nel mare e regalando panorami con scogliere a picco, dove i roccioni bianchi contrastano con il blu intenso del mare. Ma non è solo la dura bellezza di questo tratto di costa ad attirare milioni di visitatori. Il promontorio custodisce al suo interno anche un prezioso "segreto": le Grotte di Nettuno. Qui, stalattiti e stalagmiti di antichissima formazione, materializzano sotto gli occhi del visitatore il lentissimo passaggio del tempo, concretizzato in formazioni che risalgono a secoli fa. Un intricato ricamo di origine carsica, custodito in queste grotte, scoperte da un pescatore nel XVIII secolo. 

La scala del Cabirol.
Le grotte sono accessibili via mare oppure attraverso una scalinata detta: "Escala del Cabirol" (la scala del capriolo), poiché composta da 650 scalini scavati letteralmente nella roccia, che permettono di discendere rapidamente tutto il promontorio, fino ad arrivare al suo cuore: le grotte, il cui accesso di trova proprio al livello del mare. Un po' faticosa, ma sicuramente affascinante e consigliata è la possibilità di arrivarvi attraverso la scala, che permette di godere così anche il bel panorama del promontorio.
Nelle giornate in cui il mare è calmo, il vento leggero e il sole ancora non eccessivamente caldo, ma neppure più freddo, la discesa alle grotte diventa una piacevolissima passeggiata alla scoperta del promontorio. Suggestivo percorrere i tratti dove l'imponente scogliera calcarea è proprio verticale e i falchi volano nelle spaccature tra roccia e roccia. Sotto, il mare blu. Si respira l'odore intenso dello iodio che regala benessere e ricarica di energia. Ci fa sentire allegramente "in
La scala del Cabirol.
vacanza", entusiasti. La mente divaga, l'occhio si rilassa attratto da una barchetta a vela bianca, pigramente adagiata nel mare. Rallentiamo e ritardiamo la discesa, fermandoci a godere del luogo, amabilmente accarezzati dal tiepido e piacevole sole. 
Poi la curiosità di scendere fino alle grotte ci convince a procedere, mettendo da parte la lentezza tipica di uno spirito vacanziero. Non si può nemmeno dire che le grotte siano il meritato premio dopo la fatica della discesa, perché questa volta, a dire la verità, è così piacevole che il tratto appare fin troppo breve (un po' meno lo sarà al ritorno, in salita). 
L'utima parte del percorso si fa più emozionante, quando gli scalini diventano più stretti e ripidi e si inizia a vederne il termine: l'entrata delle grotte. E ci si accorge di essere scesi per tutto l'alto promontorio, che ora ci sovrasta, fino al livello del mare.

Panorama lungo la scala del Cabirol.


Entrata delle Grotte di Nettuno.

L'esterno delle grotte è una suggestiva promessa di ciò che ci aspetta. L'acqua del mare entra, insinuandosi tra formazioni calcaree arzigogolate e di diversa composizione geologica. Stare qui, un po' isolati dal mondo, tra il mare blu e le rocce, è già entusiasmante, ma ancora è nulla rispetto a ciò che ci aspetta entrando nelle grotte. Questo è possibile solamente tramite una interessante visita guidata, che parte all'incirca ogni ora, e ci condurrà all'interno. Le grotte sono lunghe qualche chilometro, ma la parte visitabile non è che qualche centinaio di metri, che però valgono tutti il prezzo del biglietto. 
Passare il punto d'entrata è un'emozione fortissima. Le stalattiti e stalagmiti che si intuivano all'esterno, ora non fanno che moltiplicarsi all'impazzata. Sono tantissime. Ovunque. Alcune enormi. Altre piccolissime. Alcune isolate in grandi colonne imponenti, altre raggruppate a centinaia, sottilissime. L'impatto visivo è notevole. Ma soprattutto, quello che più colpisce, è l'impatto emotivo. Si avverte all'inizio una leggera sensazione di claustrofobia: si passa da un ambiente esterno ricco di aria, di luce, di rumore, ad un ambiente chiuso, dove la luce è soffusa e i suoni ovattati. Un mondo sotterraneo, intimo e segreto, cuore del promontorio che ci sovrasta.
E' un mondo a parte. La sensazione è quella di trovarsi al centro della Terra, in un luogo a sé, dove rimarremmo per sempre, fuori dallo scorrere del tempo convenzionale. Davanti a noi ci sono secoli di storia, scolpiti su queste stalattiti e stalagmiti. Ogni centimetro di esse ha impiegato anni e anni per formarsi, ed ora, questi anni, sono tutti davanti ai nostri occhi, nell'intricato ricamo di roccia all'interno di questa grotta. Si ha la sensazione di poterlo dominare, il tempo. Qui dove esso pare tutto racchiuso insieme. E a un certo punto, l'idea che sia questa la vera realtà, che non torneremo più al mondo di prima, ma resteremo per sempre qui dentro, sospesi custodi del segreto del tempo, non ci spaventa più. Tutto si placa. Il cuore prende a battere lento e tranquillo. Siamo pronti a vivere qui millenni, fuori dal mondo e dal tempo reale. 
Si respira l'umidità. Lentamente. Ci si abitua alla penombra. Ad essere noi stessi ombre del tempo. 

Stalattiti all'interno delle Grotte di Nettuno.
 
Stalattiti, colonne e il lago salmastro all'interno delle Grotte di Nettuno.

Visitiamo vari ambienti. La prima sala è dominata addirittura da un lago salato all'interno. Alle varie conformazioni sono stati dati, negli anni, nomi di fantasia a seconda della loro forma: l'Organo, l'Albero di Natale, ecc. ecc. Ma non è certo compito mio illustrarvi nello specifico queste grotte. Io sono qui per raccontarvi la loro anima. E l'anima di questo luogo è sicuramente l'acqua e i minerali di cui è fatto. La materia prima, viva. E il tempo testimone di tutte le cose. Qui è vivo, il tempo. Rimasto tutto fissato in ogni centrimetro di roccia. Custodito da un ambiente sicuro, cuore del promontorio di Capo Caccia. 
Un'anima che affascina. Spaventa e poi attrae e lusinga a restare. Certi che qui, sia possibile vivere per sempre. Divenuti roccia anche noi.
E invece, terminato il tempo di visita, una guida gentile ci condurrà all'esterno. Al solito mondo fatto di luce, rumore, colore. Fatto dal normale scorrere del tempo. Fatto di presente. Respiriamo l'aria, forse sollevati. Un po' storditi dalla luce e dai rumori del nostro mondo. Forse, ora, solo un po' più banale.



venerdì 13 ottobre 2017

L'anima del deserto: Foce del fiume Belice e dune limitrofe


Non avevo idea di cosa fosse il "deserto", di cosa volesse dire camminare sollevando polvere di sabbia rovente e sentire crescere l'arsura in gola, finché non ho visitato la Riserva Naturale Foce del fiume Belice e dune limitrofe, in pieno agosto. Naturalmente è solo un sentore di "deserto", perché qui ci sono il mare, la vegetazione, la foce di un fiume - che tuttavia in agosto è completamente in secca -, eppure l'anima di questo luogo contiene in sé la durezza e contemporaneamente il fascino che, in maniera certamente amplificata, deve provare chi visita i più grandi deserti della Terra. E dopotutto è normale che sia così: siamo nella Sicilia sud - occidentale, poco sotto, separata solo dal mare, c'è la Tunisia. Il passo è breve. E richiama alla mente quello che doveva essere un tempo: quando le due Terre erano un'unica cosa, o quando, successivamente, la Sicilia meridionale doveva essere tutta così: fatta da dune di sabbia e coste desertiche lunghe chilometri. Prima che l'uomo costruisse, speculasse, modificasse la conformazione naturale delle coste. Oggi rimangono residui di ciò che fu, dove si è provveduto a fermare l'azione umana  tramite l'istituzione di Riserve Naturali protette. Riserva Foce del Belice e dune limitrofe è una di queste. Il luogo dove respirare la polvere di sabbia e vivere le atmosfere desertiche di una volta. Si estende per circa 4 chilometri tra Marinella di Selinunte e Porto Palo di Menfi, tra le provincie di Trapani e Agrigento. Ed è fatta di piccole dune, a loro volta fatte di sabbia color ambra, intervallate all'interno da pini marittimi ed eucalipti, e invece verso il mare colonizzate da arbusti e gigli. 

Pini marittimi cresciuti tra la sabbia.

Entrando nella riserva dalla parte di Marinella di Selinunte, purtroppo ci si accorge che il primo tratto è stato concesso alla gestione di alcuni lidi e club nautici. Incuranti del brusio dei bagnanti e dello scempio delle costruzioni umane, occorre seguire il sentiero fatto di sabbia, indicato con la dicitura: "le dune", alla ricerca della vera anima della Riserva. Percorso all'incirca un chilometro, finalmente si entra in contatto con lo spirito più vero del luogo. Il rumorosissimo "silenzio" della natura, fatto dal frinire delle cicale, dal vento tra le fronde degli eucalipti, dal mare che si avverte al di là della vegetazione, alla nostra destra. In estate il re degli odori è quello della resina dei pini, che ci arriva fresca e pungente, mentre camminiamo tra la sabbia, superando tronchi di albero e intravedendo il mare al di là.  

Tronchi di albero, dune e mare.
E' un paesaggio fatto di alberi cresciuti sulla sabbia, con le radici che traggono nutrimento dalla fertile terra al di sotto di essa. Di fronde ombreggianti di pini ed eucalipti che, in questo tratto di riserva, ancora ci assicurano una benevola ombra e una varietà di colori: il giallo della sabbia, il marrone dei tronchi, il verde delle fronde degli alberi. Al di là, anche il blu del mare che ci attrae.

Ma la vera anima del luogo, si respira una volta usciti allo scoperto. Ci aspetta oltre la vegetazione: dove essa termina, verso la spiaggia, per lasciare il posto a piccole ma estesissime dune di sabbia dorata. Qui crescono solo arbusti e gigli, aggrappati testardamente alla sabbia, sconvolti dal vento che modifica le dune stesse, esposti al sole cocente. Qui non c'è più riparo. Questa è l'anima desertica del luogo che ci sfida, che ci mette alla prova. Se vogliamo visitarla c'è un prezzo da pagare: camminare tra le dune sentendo cuocere la pelle e mancare il respiro. Tra chilometri di sabbia bollente, sollevata dal vento caldo, che appanna anche la vista nello stesso momento che la appaga. L'ocra è l'unico colore concesso.

Dune di sabbia.
Gigli cresciuti sulla sabbia.

Una vallata di sabbia. Ocra. Una spiaggia fatta di piccole dune che diventano un tutt'uno. Selvaggia. Scelta anche dalle tartarughe Caretta Caretta per nidificare. Impreziosita dai bellissimi gigli bianchi della sabbia. 
Essere qui è un privilegio di cui godere per poco tempo. Vorresti visitarlo, interiorizzarlo, questo luogo. Ma in pieno agosto non puoi. Riesci solo a sederti, arreso all'afa, per qualche minuto tra le dune. Il tempo di riprendere le forze e decidere se ripararti di nuovo tra gli alberi all'interno o se scendere verso il mare.
Personalmente la seconda ipotesi mi attira troppo per rinunciarvi e così, stremata dal caldo, rinunciando a quel mondo a sé, affascinantissimo, delle dune, arrivo alla riva. Qui sembra di essere in un emisfero totalmente differente. Il vento è sempre molto caldo, ma porta con sé il ristoro della brezza marina fresca. 

Le acque cristalline della spiaggia della Riserva.
L'acqua è cristallina, e inaspettatamente subito profonda e gelida a causa delle correnti marine di questa zona. Tuffarsi in queste acque è una sensazione incredibile. Si sente evaporare improvvisamente tutto il calore accumulato dal corpo, in un repentino passaggio dal caldo al freddo che rigenera. E' come se le narici si sturassero e si riprendesse a respirare a pieni polmoni, superato il deserto. Ecco: questo mare è proprio come deve essere un'oasi nel deserto. Rigenerante. Rassicurante. Accogliente. 
Stordisce proprio come fosse un miraggio, un'acqua così limpida, così fredda. Nuotarvi è rinascere.
Ed è proprio dall'acqua, che si può ammirare la riserva con maggiore distacco e forse comprenderla pienamente.Osservare dove eravamo: in un mondo fatto per chilometri solo da sabbia e arbusti. Fin dove quasi nessuno si spinge, verso la foce del Belice: un luogo incontaminato, isolato, qui veramente intatto. Dove comanda la natura soltanto. Il vento che modifica le dune e soprattutto la sabbia rovente, che inneggia al deserto.
Un tratto della Riserva, vista dal suo mare.
 
La solitudine e la paurosa bellezza di questo luogo sono la sua anima. Ci si sente persi, qui. Lontani dal mondo e perfino da se stessi. Diventati sabbia dorata rovente anche noi. O acqua gelida, mentre si nuota dimentichi di tutto, tra il vento e il rumore del mare che invade beatamente la mente. Mare e mare, e dietro sabbia e sabbia. Freddo e caldo. L'eterno contrasto tra la vita e la morte. Qui finalmente insieme. Alla Riserva Naturale foce del Belice e dune limitrofe. Visitatela, odiatela e amatela. Soprattutto, capitela...



domenica 21 maggio 2017

L'anima luminosa di Stintino in primavera


Sardegna, estremo lembo di terra nord - occidentale. E' qui che sorge il borgo di Stintino e la sua famosissima spiaggia: La Pelosa, affacciata sul golfo dell'Asinara, con l'omonima isola proprio di fronte. E' difficile parlare di questo luogo, perché ne hanno già parlato tutti. La Pelosa è una delle spiagge più conosciute e frequentate della Sardegna, reclamizzata ovunque, turisticamente sfruttata al massimo. Dei luoghi così, non è semplice individuare l'anima, perché spesso è assopita dal clamore delle persone che la frequentano, perché spesso è nascosta dalla realtà creata artificialmente per i turisti: alberghi, bar, lidi. Vi dico subito che d'estate, quando è difficile trovare anche solamente un posto per stendere il vostro asciugamano sulla sabbia, è impossibile sentire l'anima di questo luogo. Ci possiamo provare adesso, in primavera, ora che ancora non è presa d'assalto, ora che ancora molte delle strutture turistiche sono chiuse e la gente, sì, c'è, ma non è poi molta. Ora che la spiaggia dà il meglio di sé, incorniciata dalla fioritura primaverile che cresce sulle dune di sabbia alle sue spalle. 

La Pelosa, Stintino, panorama.
E' bella La Pelosa. Questo è innegabile. Arrivando, quello che  colpisce subito, d''impatto, è la tonalità  del mare, dal turchese all'azzurro. Un mare che richiama alla mente fantasie di mari tropicali. E poi il contesto in cui la spiaggia è immersa: davanti l'isola dell'Asinara, a sinistra l'isolotto su cui sorge la Torre Aragonese, dietro le dune di sabbia bianca, ricoperte di macchia mediterranea e fiori.
La monocromia dei colori freddi: il blu del mare e il verde della vegetazione, è allegramente interrotta da macchie di fucsia e di giallo. Regalo della primavera che ha diffuso la vita sulle dune, rendendole più affascinanti, così ricoperte di fiori fattisi strada tra la sabbia. Un dipinto perfetto.

Fioriture primaverili sulle dune.
Fioriture primaverili sulle dune.

Facendoci largo tra le dune, utilizzando delle passerelle in legno create per scendere alla spiaggia agevolmente e senza danneggiarle, ora concentriamo la nostra attenzione tutta sul mare. Non prima di aver notato quanto la sabbia bianca sia anche finissima e quanto sia piacevole camminarvi sopra a piedi nudi. Ed è qui, all'improvviso, che alla bellezza innegabile di questo luogo, si aggiunge anche la sua anima, che inizia a farsi sentire. Così, in una giornata di primavera, senza molta gente, mentre camminiamo lentamente sul lungo bagnasciuga de La Pelosa, proprio nell'istante in cui smettiamo di sentirci in un dépliant turistico ed entriamo in sintonia con il luogo. Con la realtà del luogo, spogliato di ogni aspettativa e stereotipo. Quel che resta è la natura generosa, protagonista. Il vento leggero di oggi che scompiglia lievemente il mare trasparentissimo. L'autoritaria solitudine dell'isola dell'Asinara, di fronte. Il mare e la sabbia, la sabbia e il mare, nel punto esatto dove si incontrano, costantemente, in un tempo senza fine. 

E' un'anima luminosa, quella de La Pelosa. C'è un chiarore diffuso ovunque, qui. La sabbia bianchissima, quasi abbagliante. Il mare cristallino, la cui trasparenza è certamente alimentata dal fondale basso e fatto sempre della stessa sabbia bianca dell'arenile. I riflessi di luce che si infrangono, giocando con il mare. E' tutto luce. I colori sono chiari, ma anche lo stesso luogo lo è: così assolutamente conoscibile. Si mostra tutto davanti a noi, rivelato. Un paesaggio aperto, definito, che si offre ampio alla vista. Essa spazia, libera, e abbraccia tutta la spiaggia, senza ostacoli.

Il mare della Pelosa.
Il mare della Pelosa.

L'invitante acqua del mare passa in secondo luogo. Qui, in primavera, non avrete solo voglia di tuffarvi e godervi l'allegria di un bel bagno, come d'estate, ma anche quella di sedervi a guardarlo, questo mare. Di riflettere. Di interiorizzarlo. E fare vostra un po' della sua luce, un po' di questo chiarore che vi fa stringere gli occhi e rilassare la mente. E' un luogo puro, questo. Pulito. Dominato dalla luce che tutto svela. Semplice, se vogliamo: una spiaggia di sabbia, dritta, un mare trasparente e poco profondo, la natura intorno. Semplicemente perfetto.

Spiaggia.

Regalatevelo, allora, questo viaggio. In aprile, in maggio, non oltre. Prima che la ressa estiva invada la meraviglia naturale di questo luogo, che ne soffochi l'anima, piegandola all'artificio di una stagione balneare fatta di creme solari e costumi alla moda. E, se potete, andateci proprio in primavera, quando i fiori adornano la spiaggia, quando i colori sono al massimo del loro splendore, quando la luminosità naturale di questo luogo è massimamente esaltata da un sole generoso, ma non ancora fastidioso. Quando sarà possibile correre sulla spiaggia, liberi, come bambini. Felicemente contagiati dal suo chiarore. Negli occhi. Nell'anima.



Il mare e la montagna: la duplice anima di Cala Li Cossi


Oggi andiamo in Costa Paradiso, nella Sardegna settentrionale, alla scoperta di una delle cale più suggestive dell'isola: Cala Li Cossi. Vi dico la verità: è stata proprio questa spiaggia a convincermi ad andare in Sardegna. Dovendo scegliere la tappa del mio prossimo viaggio, intanto girovagavo virtualmente su Internet in cerca di immagini che mi colpissero. Le fotografie di Li Cossi sono state un colpo di fulmine: tuffo al cuore immediato, incredulità e una voglia di andare assoluta, di quelle che ti fanno cancellare tutte le altre ipotesi possibili. Dunque è deciso: indiscutibilmente Sardegna, a iniziare da Cala Li Cossi. 
Andiamo. Vi porto con me.
Come vi ho già accennato siamo in Costa Paradiso, un tratto costiero compreso tra Vignola e Trinità D'Agultu, caratterizzato da piccole calette bagnate dal mare più limpido, circondate da frastagliate rocce granitiche che vanno dalla dimensione di scogli fino a vere montagne coperte da macchia mediterranea. La più bella, tra queste calette, è Cala Li Cossi.

Sentiero verso Cala Li Cossi.
Per arrivarci dobbiamo entrare nel complesso residenziale chiamato anch'esso Costa Paradiso, e una volta lasciata la macchina iniziare un suggestivo percorso lungo la costa, addossato alla parete rocciosa, che in una decina di minuti ci condurrà alla nostra spiaggia. 
Ricordiamoci che siamo in primavera. Di questa stagione è impossibile non fermarsi più volte, godendoci la passeggiata verso la cala, anche solamente per ammirare il panorama di rocce e di mare incorniciato dalla fioritura primaverile. Il mare è calmo. Trasparente. Gli scogli sembrano suoi fedeli difensori, ora a riposo. I fiori fucsia irrompono sulla scena con allegria cromatica. 

Fioritura primaverile lungo il percorso.


Più in là, lungo il sentiero, si inizia a fare sul serio. Il paesaggio si trasforma e si fa più impegnativo, più montano. Il mare è meno a portata di mano, ci siamo alzati d'altitudine. La roccia è più frastagliata, la macchia mediterranea ci avvolge. E' più vera e dura, rispetto ai fiori colorati e freschi che ci siamo lasciati alle spalle. Questa è abituata al vento, a durare nei mesi, ai capricci del mare. E' forte. E' radicata. Il sentimento che ci accompagna non è più l'allegria primaverile e un po' leggera dell'inizio, ma la stabilità delle cose durature, la solidità di un panorama forte, abituato alle stagioni più impegnative e da esse modellato. La vista si apre e qui spazia lungo la costa. Chilometri così: di rocce e arbusti, su un mare blu. Assoluto.

Panorama lungo il sentiero verso Cala Li Cossi.
 
Ora siamo ansiosi di trovare quello che stiamo cercando. Non è più possibile godersi il percorso passeggiando con tranquillità, perché ora la sentiamo vicina, la meta, e cresce la brama che abbiamo di essa. Ora quello che ci interessa è vedere la spiaggia. Sappiamo che manca pochissimo. Ci prepariamo allo spettacolo.
E difatti, dopo un'ultima curva, eccola: Cala Li Cossi, maestosamente sotto di noi.

Cala Li Cossi.

Cala Li Cossi.

Il cuore batte. Una striscia di sabbia chiara e un mare limpido. Ma non è questo. E' tutto quello che c'è attorno che la rende unica. La spiaggia è chiusa tra le montagne, alte, frastagliate. Dure. Alle sue spalle, la foce dell'omonimo fiume Li Cossi completa un paesaggio controverso e di rara bellezza. Qui si fondono due anime opposte: il mare e la montagna si incontrano in un connubio che ci colpisce proprio per la sua particolarità. Ed è tutto sotto di noi, in una dualità che ha saputo risolvere il conflitto generando un paesaggio unico. La durezza della montagna, l'apertura del mare. Qui convivono, unite dall'acqua e dalla roccia. Acqua di fiume. Acqua di mare. Roccia frastagliata, aspra, della montagna. Roccia che vicino al mare diviene scoglio più levigato. Non sembra neppure di essere in Italia, ma chissà in che parte selvaggia del mondo. Un'aquila sorvola la spiaggia. I profumi di mare e di montagna ci invadono, e mescolati dal vento diventano un solo, unico odore.

Scendere alla spiaggia, che in questa stagione è semi deserta, è come approdare in una terra segreta. Ci si sente un po' naufraghi, camminando con i piedi nudi che affondano sulla sabbia, le scarpe in mano, su questa spiaggia. Fuori dal tempo, fuori dal mondo. In una realtà parallela dove esiste solo il qui ed ora. Eppure ci sembra di capirla proprio qui, la verità della vita. Che tutto abbia un senso in questo luogo. Qui dove un'anima duplice ci parla della sabbia su cui ora sono nati piccoli e delicati fiorellini lilla, e della montagna su cui un pino marittimo resiste piegato dal vento. E' un'anima forte, quella di Li Cossi. Un'anima che porta il conflitto all'interno, eppure proprio per questo è completa. Totale. Due anime convivono qui. Quella del mare e quella della montagna. Una più lieve e una più dura. Un po' proprio come nella vita, fatta di contrasti che si completano. Elementi diversi si fondono a formare una realtà che esiste proprio grazie alla loro coesistenza, perché qui essi sono entrambi necessari, assolutamente complementari, alla meraviglia di questo luogo.

Fioritura sulla sabbia.

Pino marittimo.


E' così, Cala Li Cossi. E' mare e montagna. E' entrambe le cose insieme. Ed è sabbia, fiume, arbusti, roccia, acqua, vento. E' un angolo di natura selvaggia, preservata da quest'unico sentiero ricavato tra la roccia, solo modo di raggiungerla via terra. E perciò è rimasta isolata, protetta, elitaria se vogliamo. Bisogna volerla. Bisogna desiderarla e andarla a cercare. Non si capita per caso a Cala Li Cossi. Ci si va perché si innamora del suo fascino spettacolare. Delle sue montagne che la custodiscono come un tesoro prezioso. Del suo mare che le addolcisce. Della sua spiaggia che offre conforto. Seduti lì, a guardarci intorno, ci si sente piccoli di fronte alla forza della natura, di fronte all'anima di questo luogo, di fronte a tanta bellezza. E ci si sente felici.



giovedì 27 ottobre 2016

L'anima bianca del deserto degli Agriates: la spiaggia di Loto


Spiaggia di Loto

La Corsica è l'isola dei contrasti. Si sa. E così, poco lontano dal nero Cap Corse di cui vi ho parlato nel post precedente, oggi vi voglio portare in un paradiso dai colori chiarissimi: la spiaggia di Loto, in pieno deserto degli Agriates, Corsica settentrionale. 

Deserto degli Agriates
Siamo in una regione ostica e difficilmente accessibile. Il deserto non si intende nell'accezione classica, ma si tratta pur sempre di estesi chilometri di conformazioni rocciose, arbusti e bassa vegetazione, attraversati da un sentiero interno piuttosto accidentato e percorribile soltanto a piedi o con mezzi idoneamente attrezzati. Oltre, si intravede il mare. Sfida per arrivarvi. Promessa ricompensa dopo la fatica per farlo. Attrazione incontrollabile proprio perché isolato, difficile, immaginato. In barca, a piedi, con un fuoristrada, a cavallo. Se bisogna, in un qualche modo, attrezzarsi per raggiungere le spiagge oltre il deserto, ecco che esse si idealizzano. Si sogna sempre un piccolo paradiso ad attenderci come premio. Come nella vita. 

Saint Florent
Personalmente scelgo di arrivarvi via mare, con una della barche che partono dalla graziosissima cittadina di Saint Florent, sorta a ridosso del deserto. E mentre la barca prende velocità e si avvicina alla terra bramata, sento come se avessi tra le mani le chiavi per aprire un baule contenente un tesoro segreto. Non c'è nulla da fare: più un luogo è isolato e difficile da raggiungere, più emoziona.
Tuttavia, in questo caso, devo avvertirvi che è una sensazione piuttosto labile, perché in realtà si tratta di spiagge più turistiche di quanto non sia, ad esempio, la più selvaggia e non meno bella Ostriconi (di cui vi ho già parlato), che è anche fruibilissima sebbene meno famosa. Innegabile, comunque, resta l'impatto della spiaggia del Loto sia per bellezza sia perché, essendo aprile, c'è così poca gente che la sensazione è ugualmente quella di approdare in un luogo segreto. 

Spiaggia del Loto

Scogli, acqua cristallina, vegetazione e dietro le montagne aride. Questo è il Loto. Nel mezzo una striscia di sabbia chiarissima. Sottile. Morbida. Di un bianco accecante.
Fiume della spiaggia del Loto
Dietro, il fiume che arriva a mare, abbastanza consueto nel panorama Corso, ma che contribuisce ad aumentare la sensazione di essere giunti in un luogo selvaggio, segreto, isolato. Ci si sente un po' naufraghi, un po' avventurieri, un po' esploratori.





La spiaggia non è lunghissima. Questo mi permette di percorrerla tutta a piedi, lentamente, godendola appieno. Quella che maggiormente meraviglia è il bianco di questa sabbia su cui affondano piacevolmente i piedi. E' un bianco assoluto, puro, intervallato solamente dalla potenza della macchia mediterranea. E' il chiarore che riflette, l'anima bianca di questo luogo. Il colore, ma anche, e soprattutto, il chiarore. E' un luogo luminoso, ampio, allegro. La luce lo svela.  Ce lo rivela. Ce lo fa amico. E il luogo trasmette calore, energia, positività. Oltre che bellezza. 


La bianchissima sabbia del Loto

Prima che la barca torni a prendervi, prima di lasciare questa spiaggia e tornare nella civiltà, consentitevi anche una piacevole passeggiata nel sentiero che parte vicino l'approdo e che, a piedi, vi consentirebbe in circa un'ora di cammino di arrivare a Saleccia, l'altra spiaggia degli Agriates. 

Loto, panorama.
 
Da qui si gode un bel panorama sul mare trasparente che circonda la spiaggia  e il piccolo promonontorio conico che la caratterizza. E' tarda mattinata, ormai ci sono già troppe barche, il luogo non è più solamente "vostro". Ma è sempre bello, ammettiamolo, soprattutto visto così: incorniciato da un arbusto di macchia mediterranea, i cui fiori sono, anch'essi, innegabilmente bianchi.




sabato 8 ottobre 2016

L'Anima nera del Cap Corse

La spiaggia nera di Nonza
Siamo nell'estrema Corsica settentrionale, il Cap Corse, cosiddetto "il dito" per la sua forma che ricorda un indice puntato verso il mare, proprio sopra la "mano" Corsica. L'isola nell'isola, tanto è peculiare e diversa da tutto il resto, questa zona. Eppure facile da visitare, iniziando il giro giusto dopo Bastia, dove approdano la maggior parte dei traghetti provenienti dall'Italia. La strada inizia qui. Seguendo il mare sulla destra. 
La prima impressione, in una tarda mattina di aprile, è di un luogo tranquillo, che sonnecchia sotto questo primo sole di primavera, tra mare blu e piccoli paesini che con il mare sono un tutt'uno. Scorrono uno dietro l'altro, a volte fatti soltanto di qualche casa mimetizzata tra la vegetazione: Pietranera, Erbalunga, Sisco. Alternandosi a paesaggi tipicamente liguri, costellati da torri di avvistamento genovesi a picco sul mare.  
Passa così, un pò pigramente, la strada lungo la prima parte del Cap Corse, quello del lato che guarda la nostra Italia. A mio avviso il paesaggio si fa molto più interessante dall'altro lato, o meglio già da Macinaggio, che, a confine tra i due versanti, offre già l'impressione di trovarsi in un luogo a sè stante. Più isolato, forse, più lontano dal grande porto, più autentico, ecco. Qui la vita scorre lenta, con i ritmi di un paese di pescatori, incentrata sul molo, sul piccolo lungomare di botteghe artigiane, dove si respira un'atmosfera un pò artistica e bohemien. Un luogo dove si può scegliere di rifugiarsi per scappare dal mondo. Minuscolo paesino dove pare però esserci tutto ciò di cui ha bisogno la nostra anima. Dove assaggiare la prima birra Pietra del viaggio, la birra corsa aromatizzata alla castagna. Dove la notte guardare le stelle e accorgersi, per la prima volta, di quanto buio ci sia su questo lembo di terra. Solo qualche puntino di luce delle case dei minuscoli paesi, e poi il buio. Fitto. Distribuito per tanti chilometri. E le stelle che compaiono in cielo, numerosissime, a rischiarare, esse sì, la notte.

Caletta nei pressi di Macinaggio
E la mattina dopo, col giorno, si riparte. Con la calma che contraddistingue questo luogo e che permette subito una sosta in una deliziosa caletta nei pressi di Macinaggio, lambita da acque cristalline e pini marittimi. Un assaggio della bellezza del mare corso.



Per poi riprendere il viaggio. Una tappa al Moulin Mattei è d'obbligo. Siamo già dall'altro versante del Cap Corse, e si gode una vista meravigliosa sul territorio. L'anima contrastante della Corsica qui appare netta: la fioritura primaverile che ci circonda, fa da cornice alla neve che ancora è ben visibile sul monte Stello. Ed è in questo preciso momento che capisco quanto sia vero ciò che si dice della Corsica: che sia "una montagna in mezzo al mare". Questa costante di neve e fiori, inverno e primavera insieme, ci accompagnerà per tutto il giro del "dito", versante ovest. 

Fioriture primaverili e Monte Stello innevato, sullo sfondo. 




Cap Corse. Panorama
La strada ora si fa in discesa, e il primo paese caratterisco che si incontra è Century Port. Minuscolo borgo fermo nel tempo, con le case arroccate tutte intorno al molo, famoso per la pesca delle aragoste. Attorno, campi di fiori gialli sul mare. E vento. E da qui in poi il paesaggio è sempre più aspro e selvaggio, tutto in curva, con la strada a strapiombo sul mare. Scogliere che si stagliano su un mare profondo e blu. Panorami stupendi che si susseguono con una rapidità emozionante e sempre più sorprendenti. Questa parte del "dito" assomiglia a una piccola Scozia. Verde e selvaggia così. Solitaria. Costellata da spiagge di sabbia scura, selvagge e totalmente deserte. E scogliere verdissime
A sorpesa un gregge di capre dal pelo lungo, sbuca dopo l'ennesima curva della nostra strada. Così. Anche loro correndo accanto al mare blu. 
Caprette a bordo strada. Cap Corse.
 
Successivamente la strada si addolcisce. Siamo quasi alla fine del giro del Cap Corse. Nonchè nella parte, a mio avviso, in assoluto più emozionante.Qui il paesaggio si apre e si fa ampio. Sempre selvaggio. E nerissimo. Si susseguono, una dopo l'altra, grandi spiagge deserte di sabbia nera. Spesso tagliate da fiumi e costellate dalle solite torri genovesi. 
Spiaggia di sabbia nera. Cap Corse.
 
Nonza
Fino ad arrivare alla spiaggia nera per eccellenza. All'emozionante spiaggia di Nonza. Chilometri e chilometri di sabbia nera, separata da 260 gradini dal paese, sicchè spesso semi deserta. O raggiunta da coloro che usano, con i sassi bianchi a contrasto, creare disegni o scritte sulla spiaggia, ben visibili dall'alto del paese di Nonza, arroccato sopra il mare. La vista è mozzafiato. Il contrasto tra il mare blu, profondo, e la sabbia nera, separati dal bianco delle onde che si infrangono sulla battigia, è emozionante. Siamo altissimi, e dall'alto dominiamo tutta la spiaggia. Le poche persone che vi camminano, da qui appaiono come piccoli puntini mimetizzati in questo spettacolo della natura. E' questa, a mio avviso, l'anima più sincera del Cap Corse. Questa sabbia: nera, prepotente, scura e selvaggia come questa terra. Simbolo di questa terra.

Spiaggia nera di Nonza.

Ma c'è ancora un altro nero, che caratterizza l'anima di questo luogo. E', come accennavo prima, il nero della notte. Che qui è veramente buia. O forse qui capiamo cos'è il buio. E lo capiamo da fuori il Cap Corse. Dalla Citadelle di Saint Florent, di notte. Affacciandoci da questa terrazza panoramica, si resta sbalorditi. Eccola davanti a noi. La sagoma del Cap Corse. I contorni disegnati dalla luce della luna soltanto. Tutta la striscia di terra scura. Solo due labili puntini di luce che, probabilmente, corrispondono a Century e Nonza. Il resto è al buio. Veramente al buio. Immerso da stelle e da profumi di fiori e di salsedine. E in questo nero è racchiusa tutta l'anima solitaria, selvaggia e orgogliosamente a sè stante del Cap Corse.