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venerdì 6 febbraio 2015

C'era una volta Martignano

Veduta del lago di Martignano


Vulcanico, isolato, intatto. Così è questo lago dell'Italia centrale, nel Lazio, in provincia di Anguillara Sabazia; un'area protetta che fa capo al parco naturale regionale di Bracciano - Martignano.
Nessun centro abitato si affaccia sulle rive del lago. A Martignano il panorama è totalmente naturale, fatto di dolci colline che alternano zone alberate ad ampi prati, ottimi pascoli per greggi di pecore. A volte anche mucche. Spesso cavalli.
Nessuna strada asfaltata. Solamente sentieri tracciati tra i campi con il brecciolino, che forma, dall'alto, graziose linee bianche tra i prati, ad animare il terreno.
Nessun collegamento con l'esterno. Il piccolo lago dal perimetro di circa sei chilometri è un mondo chiuso, fuori dal mondo, bastevole a se stesso. 
L'azzurro dell'acqua del lago spicca, tra le varie gradazioni di verde della vegetazione circostante. Verde oliva, verde bosco, verde brillante dei prati. Se un pittore dovesse dipingere Martignano, dovrebbe usarle tutte, le gradazioni di verde e d'azzurro. I colori della natura. Dell'acqua, del cielo, del bosco. Nessuna invenzione dall'uomo, nessuna costruzione da dipingere, qui, né strade né case. Solo natura.

Eppure l'uomo è riuscito a rovinare ugualmente questo meraviglioso luogo. Lo stesso uomo che lo protegge, dichiarandolo area protetta, ne complica l'accesso solo per lucrarci sopra, lasciando l'amaro in bocca ai molti, amanti rispettosi di Martignano, che lo frequentavano.
Prima si raggiungeva, con fatica, il lago. Dopo una strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi. E c'era un parcheggio a pagamento, nel nulla di una radura sovrastante il lago, dove tuttavia era praticamente necessario parcheggiare la macchina. Non contenti, le cose sono peggiorate ulteriormente nel 2012, con l'intruduzione di una insensatissima zona Ztl a qualche chilometro dal lago, nelle stessa strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi, che citavo poche righe fa. Non si può accede oltre - dicono - per salvaguardare l'area naturale. Per andare a Martignano, allora, bisogna usufruire del disorganizzatissimo servizio di navette a pagamento, in aggiunta al prezzo del nuovo parcheggio, che portano alla stessa radura sopra il lago di  prima. Qui si scende, come al solito, a piedi, tra la polvere sollevata dalle molteplici macchine degli autorizzati dal comune, che - queste sì - possono arrivare fino alle sponde del lago in barba all'inquinamento e a qualsiasi necessità di salvaguardia ambientale. 
Condizioni assurde, che servono evidentemente solo a fare cassa. Chi paga va, e pure in modo scomodo. Chi non paga non va. Questa è la discriminazione. Non come si comportano le persone una volta scese al lago. Non se hanno rispetto della natura. E un luogo tanto bello diventa a servizio di interessi economici, gli unici che fanno la differenza. 
Ed è per questo motivo che sono già tre anni che non vado più a Martignano. Non per i 9 euro che bisogna pagare, non per la scomodità. Ma per principio. Perché la natura è di tutti e l'unica differenza dovrebbe essere fatta tra chi la rispetta e chi no. Non tra chi può comprarsela e chi no. Soprattutto perché, in questo caso, in cambio di denaro non ci sono servizi efficienti né investimenti a favore del luogo, e non ci sono neppure motivazioni di salvaguardia reali. Qui c'è solo speculazione sulla natura . E' essa stessa, nuda e cruda, che viene messa in vendita.

Ma torniamo alle ragioni di questo post. Come sapete il mio blog è un blog dell'anima. Fatto per raccogliere le emozioni che emanano i luoghi. E qui si deve concentrare la mia attenzione, distolta per troppe righe dalla rabbia, e a queste emozioni devono tornare i ricordi che ho di Martignano. 

A quando, dall'alto, la vista spazia per la prima volta sul panorama del lago.
Le fronde degli alberi mosse da un leggero vento. I colori stemperati nella brezza di un pomeriggio di inizio primavera. Pigri. Miscelati dal vento in una serie di chiaroscuri dai labili confini. 
E nulla intorno. Solo Martignano. Il fascino di un luogo in cui non si può solo passare, transitare, capitare, ma si va. Non collegato a null'altro che a se stesso. Piccolo universo autonomo.

Per toccare le rive del lago si scende la vallata ricoperta, in primavera, di erba alta, incolta e ballerina schiava dei venti. Meta: la macchia d'azzurro che ci attira come una calamita. Bussola tra la vegetazione. Avvolta dagli alberi che la adornano come un vestito di stoffa pregiata cinge il corpo di una donna già bella, esaltandone la bellezza e proteggendola. 

E, arrivati sulla riva del lago, sul serio si percepisce d'essere in un mondo a parte. Tranquillità, pace, serenità. Una barca dolcemente adagiata sull'acqua calmissima. Nuvole riflesse. Boschi e prati avvolti nella luce magica del tardo pomeriggio, che suggerisce regni di fiaba (non a caso Martignano fu scelto come ambientazione della casa della Fata Turchina nel Pinocchio di Comencini). 
Silenzio, quiete, isolamento. Questa è l'anima di questo luogo. Un incanto fatto di purezza. Di un'aria limpida e una natura genuina. E del limite. Il limite per cui non si può andare oltre, per cui non si transita da Martignano, ma si sta. Entro il suo perimetro d'acqua. Che racchiude già tutto. L'identità del luogo pura. Non contaminata da nessun altro luogo, con la personalità spiccata che hanno tutti i luoghi isolati, che non portano ad altri luoghi ma solo a se stessi.





Godiamo allora di questo piccolo universo prezioso, completo per se stesso. Immaginiamo corse sui prati, avventure d'infanzia di tanti anni fa, quando correndo a piedi nudi sognavamo d'esser sollevati dal vento e volare sui boschi e planare sull'acqua. E immaginiamo che tutto il mondo sia così. Bello, pulito, genuino, incontaminato. O che sia questo il mondo. Questo luogo solo, che ci assorbe con la sua anima fiabesca.

Mettiamo pure i piedi nella ghiaia della riva del lago, tra l'acqua cristallina ora appena un po' sollevata dalla corrente. Gettiamo un occhio alle rive illuminate dal sole dall'altro lato del lago. A quelle dolci collinette rassicuranti che lo circondano tutto, come una gemma preziosa montata ad arte. 
Notiamo come non ci sia più nessuno, qui, in questo tardo pomeriggio al lago. Solo le favole antiche della nostra immaginazione.
E sospiriamo di felicità...



giovedì 21 novembre 2013

Il fascino dantesco di Vulcano


L'isola di Vulcano

Siamo ancora una volta alle isole Eolie.
Vulcano è l'isola più vicina alle coste siciliane e la prima che incontrerete durante la navigazione, partendo da Milazzo. Naturalmente si può raggiungere anche dalle altre isole Eolie, così come ho fatto io.
Secondo la mitologia greca, proprio a Vulcano si trovavano le Fucine di Efesto, il dio del fuoco, chiamato dai romani Vulcano, da cui l'isola prende appunto il nome.
Uno dei vulcani da cui è formata l'isola è ancora attivo, e la sua presenza è evidentissima in tutto il territorio.

Varietà rocciosa lungo un tratto di costa
Un'esperienza che mi sento di consigliarvi è quella di affidarvi a un locale che vi porti in barca a compiere il periplo dell'isola. 
Dal mare potrete infatti apprezzare  l'interessante composizione geologica di Vulcano. 
Le rocce, spesso a picco sul mare, hanno dei colori che vanno dal rosa, al rosso, al giallo al nero e al verde, a seconda degli elementi di cui sono composte. Un paradiso per i geologi! Ma anche per gli occhi di qualunque visitatore.
Osserverete valli selvagge e isolate, immerse nel più assoluto silenzio.
Farete quasi sicuramente sosta a Cala Gelso, vicino al faro, in una spiaggia dalle sabbie nere, dove vi sentirete piacevolmente immersi in un bel clima vacanziero e isolati dal mondo al tempo stesso.
 
Acque cristalline di Vulcano
Inoltre potrete fare il bagno in punti altrimenti non accessibili. In alcuni tratti della costa, l'acqua è davvero invitante: limpida  e di uno splendido colore turchese.
Il fondale è ricco di fauna e flora marina, purtroppo non mancano le meduse, ma con un po' d'attenzione riuscirete a schivarle e a godervi un meraviglioso bagno.




Grotta
Anche la presenza delle grotte marine non è da sottovalutare. In alcune, conosciute solo dai pescatori del luogo, è addirittura possibile addentrarsi e, dopo aver nuotato nel buio più totale, farsi guidare da un puntino di luce che ne indica l'uscita dal versante opposto della montagna. Naturalmente non dovete mai avventurarvi da soli alla ricerca di queste grotte: è molto pericoloso senza una guida preparata!


A questo punto avrete sicuramente intuito la bellezza di Vulcano, forse starete addirittura pensando di includerla tra le mete preferite per le vostre prossime vacanze, ma ancora non siamo arrivati al cuore di questo post. 
L'anima di Vulcano è stata ancora solamente accennata.
Chi attracca direttamente sull'isola, senza compiere il periplo, al Porto Levante, se la trova subito davanti. Per questo "vi ho fatto fare il giro in barca": per prepararvi a poco a poco, anticipandovi la natura vulcanica del luogo. Perché, una volta attraccati, quello che vi troverete davanti sarà impressionante. 
A destra avrete Vulcanello, una penisola che prende il nome da un vulcano ormai spento, ora ricoperto da vegetazione e composto da rocce laviche, collegato da un istmo all'isola. A sinistra il vulcano vero e proprio, quello ancora in attività, verdeggiante e fumoso. Davanti a voi grosse rocce di zolfo dalle strane forme.
E proprio l'odore di zolfo vi darà il il benvenuto sull'isola.

Laghetto dei fanghi caldi




Fatti quattro passi, vedrete subito i famosi e suggestivi laghetti con i fanghi sulfurei di Vulcano. Questo è un luogo affascinante e infernale al tempo stesso: ci sono rocce rosa, nere e gialle; fumarole calde che escono dalla terra; odore pungente di zolfo; acque che ribollono; fanghi composti da così tanti elementi da possedere una straordinaria varietà cromatica. C'è una scultura in pietra lavica, circondata da zolle di zolfo, che raffigura un uomo curvo, dall'espressione sofferente. E, infine, c'è la gente che si immerge in queste acque.

Scultura in pietra lavica
Fanghi










Sembra di essere in un girone dantesco. L'atmosfera è irreale. Il paesaggio alieno. Si ha la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di inquietantemente rituale, eppure affascinante.
In realtà i fanghi sono terapeutici, noti per la cura di reumatismi, artrosi e malattie della pelle.
E credo che sia proprio qui, il senso profondo dell'isola.
Lo zolfo, le fumarole, l'acqua che ribolle: siamo di fronte alle più antiche manifestazioni della Terra, in pieno contatto con un vulcano attivo, con le viscere della terra. Proviamo timore, come se ci trovassimo di fronte a qualcosa di sacro, e  proviamo attrazione ancestrale.
E da tutti questi fenomeni, con cui l'isola manifesta la sua anima vulcanica, traiamo benefici.
Le persone si avviano al laghetto, verso quelle acque dall'odore tanto sgradevole, e appaiono come i dannati di Dante, in mezzo a fanghi dai colori infernali. 
Invece vengono purificati dal contatto con gli elementi primordiali della terra. 
Questo arido inferno di zolfo e calore, medica i loro malanni. Si trasforma in paradiso.
L'anima di Vulcano, è il vulcano stesso. E tutte le sue incredibili manifestazioni, generosamente sotto i nostri occhi. Accessibili. Curative. Spaventose e benefiche al tempo stesso.

Se volete continuare la visita dell'isola, accanto ai laghetti si trova la lunga spiaggia dalle sabbie nere, dove sono presenti fumarole sottomarine calde. Per questo motivo occorre entrare in acqua con le scarpine e usare molta cautela. 
Il paese è poco lontano da qui ed è un piccolo villaggio dall'atmosfera giovanile e bohémien, dove potrete passeggiare piacevolmente curiosando nei negozietti.
Però ricordate: il souvenir più duraturo sarà l'odore di zolfo! Dopo esservi immersi in queste acque, potete dire addio al vostro costume: per quanto lo possiate lavare, l'odore non andrà più via. 
Coraggio: in fondo è l'odore dell'isola che avete amato.
L'odore della sua anima vulcanica.