venerdì 6 dicembre 2013

Primavera a Cefalù



Non sarò molto oggettiva nel parlarvi di Cefalù. Ne sono troppo innamorata, per esserlo.
Di questa ridente cittadina normanna, affacciata sul mar Tirreno, a meno di un'ora di strada da Palermo, sicuramente avrete sentito parlare. Negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo turistico inarrestabile, è diventata meta ambita, i prezzi si sono moltiplicati, i servizi un po' meno. 
Ma io la conosco da prima, quando ancora la lunga spiaggia non era stata concessa agli stabilimenti balneari, quando ancora non si vedevano così tanti turisti e così tanti alberghi, quando ancora non c'erano più macchine che abitanti.
Difficile, per me, togliermi dal cuore l'immagine di Cefalù anni novanta.
Sicché, quando voglio rivivere quell'atmosfera felice, evito i mesi estivi, troppo caotici, e ci vado in primavera. 

Quando la luce è già calda. Una luce che avvolge morbida il paesaggio. Non più tagliente come quella invernale, non ancora offuscata dalla calura estiva. Quando i fiori invadono le aiuole del lungomare. Margherite, Papaveri, Malva.
Quando le giornate si allungano, e tutto è in divenire. Germina la promessa di una lunga stagione di belle giornate. 
E la spiaggia è tutta a disposizione: i lidi non sono ancora montati. Si può passeggiare, respirare, fotografare. 
L'acqua del mare è ancora fredda, ma qualcuno che fa già il bagno c'è. E' già possibile.
Ma la cosa più bella, a Cefalù in primavera, è la luce del tramonto. Calda. Dorata. Una luce che va rincorsa perché è ancora breve. Preziosa. 
Un delitto non goderla.


Sedersi al molo. Provare una benefica pace interiore. Sentire i garriti delle prime rondini. Vederle volare sulle case antiche affacciate sul mare, mentre l'acqua si tinge di arancio, perché la rocca vi si riflette dentro. Tutto il paese s'illumina di una luce dorata e le montagne intorno si fanno più scure. 
Come si fa, in un momento come questo, a non sentire l'anima di Cefalù, prepotente, invaderci totalmente? Un'anima indissolubilmente legata al mare. E alla luce.

In "Cefalù fuori le mura" (ed. Dell'Arnia, Roma, 1982) Stefano Vazzana scrive di Cefalù che:
"Sembra nascere dal mare, ricevere dal mare la ricchezza e imprevedibilità di luci, moto, colori ma anche la stessa eterna saldezza".
E descrive poi la luce. Quella di ponente. Quella dei tramonti: 
"L'ora classica della bellezza di Cefalù è l'ultima parte del giorno. Chi la voglia godere in tutto il suo splendore, la contempli nel pomeriggio da Santa Lucia o dal lungomare: quanto più il sole si china sul mare, quanto più la luce va facendosi morbida e calda, tanto più penetra gli spazi della città e delle sue montagne. E, come se si liquefacesse nell'impasto di terre e acque, si diffonde dappertutto in una tonalità pacata".
E' la perfezione del luogo, a sorprenderci. 
Questo paese la cui architettura nasce dalla fusione della cultura araba e normanna, in cui la storia e l'arte sono così presenti, si coniuga con una stupefacente bellezza naturale. Non rinuncia a niente, Cefalù. La sua posizione geografica non potrebbe essere più felice. Abbracciata dal mare, protetta dall'imponente rocca alle sue spalle, circondata dalle montagne. 

E non è, forse, la primavera il miglior periodo per visitare il paese?
Allora godetevi una passeggiata su Corso Ruggero, entrate nei negozi di ceramica e di artigianato locale, gustate gli ottimi dolci siciliani delle pasticcerie. Girovagate per i vicoli in pietra, disposti a spina di pesce attorno al corso. Visitate il museo Mandralisca per ammirare "Il ritratto d'ignoto marinaio" di Antonello da Messina. 

La cattedrale di Cefalù
E, infine, giungete a Piazza Duomo e fatevi sorprendere dal fascino della maestosa cattedrale, anch'essa accesa dalla luce dorata dell'ultimo sole. Le sue due torri svettano su un cielo azzurrissimo e dominano tutto il paese. 
Un miscuglio di stili delle diverse dominazioni di Cefalù nei secoli, è qui riunito con un risultato unico al mondo. 

Se riuscite a sottrarvi dal fascino della Piazza, potete continuare la vostra passeggiata scendendo verso il mare. Su via Bordonaro fermatevi al Bastione, oppure proseguite fino al molo o tagliate direttamente per via Vittorio Emanuele. 

Lavatoio medievale
Qui, una sosta obbligatoria è al Lavatoio Medievale.
Vi si accede tramite alcuni scalini in pietra lavica a  lumachella, che conducono a livello inferiore del piano stradale, a contatto con il fiume sotterraneo.
Ammirate le vasche e le superfici per strofinare i panni. Si sente il fiume scorrerre, e le sue acque fredde sfociano, da qui, direttamente nel mare. 
Qui si può godere di una frescura perenne e, se avete la fortuna di visitare il lavatoio in solitudine e di farvi suggestionare così dal fascino del luogo, sarà facile immaginare le donne di un tempo, chine sulla pietra con le loro antiche gonne lunghe, a strofinare i panni. Riuscite a sentire le loro voci, provenute dal passato o conservate già nell'anima del luogo? Le sentite le lamentele, in dialetto, per l'acqua fredda del fiume? Sentite gli aggiornamenti su nascite e morti e sulla vita dei paesani? Un chiacchiericcio fitto fitto che gorgoglia insieme al fiume e ne diviene un tutt'uno.

Se continuate a camminare, una volta usciti dal lavatoio, sarete ormai arrivati all'inizio del lungomare. 
Ricordate che è primavera? E allora coraggio: andiamo. Percorriamolo tutto, finché il paese sarà così lontano da poterlo vedere tutto intero. Con la sua forma di lumaca: la rocca è il guscio, l'abitato il corpo della lumaca, la cattedrale le antennine. Riuscite a vederla?
Ecco, vi appare così, in primavera, tra una nuvola bianca nel cielo e un cespuglio di bellissimi fiori rossi. 
Presto sarà estate...






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