Visualizzazione post con etichetta Madonie. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Madonie. Mostra tutti i post

martedì 2 aprile 2019

Il bello sconosciuto delle Madonie: il Laghetto di Mandria del Conte


Nel Parco Regionale delle Madonie, nella Sicilia settentrionale, nel territorio del comune di Isnello, un piccolo laghetto quasi sconosciuto al turismo di massa e ormai dimenticato anche dal turismo locale, meriterebbe sicuramente maggiore notorietà e soprattutto più valorizzazione e cura. Sto parlando del bel Laghetto di Mandria del Conte: un piccolo lago artificiale, dalle acque verdi, nascosto tra le montagne - eppure facilissimo da raggiungere -, situato subito sopra Piano Zucchi e prima di arrivare a Piano Battaglia. Ci si passa così, accanto senza saperlo, seguendo la strada principale verso la destinazione sciistica più famosa delle Madonie. Solo un piccolo cartello un po' in disparte, messo lì per guidare chi già è in cerca del laghetto e non certo per attrarre turisti frettolosi, ne segnala spartanamente la presenza prima dell'ennesima curva della strada principale. Parcheggiata la macchina alla meglio, in una rientranza al bordo della strada, saprete così di essere nel luogo giusto e vi occorreranno solo pochi passi nella sterrata per arrivare al lago.
Il paesaggio è molto bello, si apre su una classica vallata madonita, dove non è insolito far l'esperienza di un incontro dal vivo con mandrie di bovini al pascolo. Un panorama autentico e di una gustosa generosità bucolica, purtroppo rovinato dall'abbandono di cui questi luoghi soffrono. Il bacino fu creato a metà degli anni settanta, deviando le acque del Torrente Madonie, per sfruttare maggiormente la bellezza di questi luoghi, che conobbe, all'epoca, il suo periodo d'oro del turismo, con le conseguenti speculazioni edilizie, per poi essere totalmente dimenticata negli anni a seguire. Oggi la natura ha ripreso il sopravvento, sarebbe però necessaria una manutenzione che preservi la bellezza di questo luogo e lo valorizzi indirizzandolo verso un turismo responsabile. 
Mandria del Conte è il luogo giusto per appassionati fotografi, naturalisti, ornitologi, studiosi delle Madonie e semplicemente romantici in cerca di angoli di quiete per una passeggiata lontana dal caos, immersi nella natura. Queste anime solitarie si vedono aggirarsi nei pressi del laghetto, scrutarsi le une con le altre come sopravvissute all'oblio che ha coperto questo luogo, oggi frequentato solo da queste, poche, anime che hanno il privilegio di conoscerlo.

Mandria al pascolo.
 
Mandria al pascolo.

Mandria al pascolo.

Il laghetto ha una bellezza discreta ma piacevolissima e ben inserita in un contesto suggestivo che le fa da contorno. Con le mandrie che macchiano col marrone del loro manto il paesaggio verdissimo; con i boschi e la nebbia che sale in certe giornate e avvolge con il suo velo misterioso le cime dei monti, aprendo l'immaginazione a storie antiche campestri, proprio perché quello che meno si vede più si tende ad immaginare; con i bovini che bevono placidamente dalle acque del laghetto, tranquillamente ignare dello scorrere del tempo che le sta invecchiando in quello stesso instante. Ed è così, nel raffronto con la natura che così naturalmente vive, che anche le ansie e l'agitazione dell'uomo si placano. Ci sediamo un po' ai margini di queste acque su cui si specchiano pioppi, aceri e faggi. E la roccia viva alle loro spalle. Completano la scena alcune casette, forse ormai abbandonate anch'esse, con i tetti spioventi per affrontare l'inverno e poterle immaginare uscite da una fiaba. Una casa nel bosco accende sempre l'immaginario forgiato dalle favole dell'infanzia, in cui ci hanno raccontato di fate o di streghe, di bambini o di vecchi; di qualcuno  - comunque speciale - che vive nel bosco. E così le storie, ammaestrate da antichi racconti, vengono alla mente da sole e disegnano scenari attorno alle acque di questo lago.

Laghetto Mandria del Conte.
E oltre alle favole ci godiamo la frescura di questo luogo, dove la montagna la fa da padrona, ricordando con le sue cime d'intorno che è lei a comandare. Il verde è il colore predominante. Dell'acqua e dei boschi che circondano il lago per tre quarti del suo rilassante perimetro.
Un piccolo gioiello che la vista abbraccia in un solo sguardo. A misura d'uomo e con il discreto fascino che possiedono tutte le piccole cose, semplici e genuine.
L'anima di Mandria del Conte è proprio così: semplice. Un'anima bucolica e pacata, discreta e solitaria. Leggera e naturale. Senza pretese. Cattura con la sua semplicità. Rilassa, distende e ci fa sorridere. Scusate se è poco, oggi come oggi...

Rovi di more al laghetto.
E nella giusta stagione sorprende con i regali di una montagna generosa. 
Sono buonissime le more che crescono nei rovi di contorno alla strada del lago. Maturate al sole e all'aria ottima delle Madonie. Tingono il paesaggio di pois rossi e neri, con l'allegria tipica dei frutti di bosco che, anch'essi, rimandano l'immaginario a cestini di vimini intrecciati, per la raccolta.

Orchidea selvatica.
E ancora le piccole orchidee selvatiche che decorano di bellezza suprema il prato attorno al nostro lago. Spuntano colorando il terreno come doni inimmaginati del creato.
Ci sorprendiamo scovandone una e poi un'altra e poi un'altra ancora. E' come trovare tesori nascosti di un luogo nascosto e ci sentiamo orgogliosi che per noi - questo - invece non sia un luogo sconosciuto. Noi che sappiamo apprezzare la sua bellezza, che nella sua semplicità regala meravigliose sorprese come queste orchidee a rallegrare il cuore e a colorare la vista.




Restiamo ancora. Ancora un pochino, girovagando senza fretta, come tornati bambini abbandonati alle lunghe giornate d'estate nella campagna dei nostri nonni; giornate senza tempo, eterne alla scoperta della natura e dei suoi segreti, felici con questo soltanto. Giornate che ci portiamo dietro poi per tutta la vita, che ci salveranno per sempre.

Laghetto Mandria del Conte visto da Piano Battaglia.

E poi andiamo avanti, continuiamo la strada esattamente così come abbiamo continuato la vita. Saliamo verso Piano Battaglia, ma siamo pronti a sorprenderci di nuovo, quando, da un punto particolarmente panoramico, tutta la vista si apre alla vallata sottostante e scorgiamo il piccolo laghetto Mandria del Conte sotto. Specchio d'acqua tra i boschi, con la luce del sole riflessa che cattura i nostri occhi e la nostra attenzione a quello che abbiamo lasciato, che ci riporta alle ore passate lì serenamente. E ora che lo guardiamo dall'alto, il piccolo specchio d'acqua, unico nella vallata, con le nuvole che vi passano sopra e vi si riflettono insieme all'azzurro del cielo, ci sembra ancora più bello e magico. Così come le favole. Proprio nello stesso modo...





venerdì 12 ottobre 2018

Nel cuore delle Madonie: la fruibilità di Piano Zucchi


Nell'entroterra siciliano, nel comune di Isnello, a mille metri sul livello del mare e a 35 km da Cefalù, abita un luogo incantevole, vestito di prati e di faggi, pini, querce, abeti, sambuchi e lecci. Siamo a Piano Zucchi, cuore vivo del Parco delle Madonie. Un pianoro circondato dalle montagne, a cui si arriva dopo che la strada si inerpica con tornanti sempre più incalzanti, tra boschi e odori di resine e muschi e umido fresco. Un mondo intimo, vero, in cui ci si addentra quasi magicamente, abbandonati il clamore costiero, l'afa, il brusio dei bagnanti di una domenica di fine estate. Ogni curva di questa strada, è un metro in più dentro la verità delle montagne. Il refrigerio di un'aria genuina, respirabile, segna il passaggio tra i due mondi. E la luce. Lasciata alla costa quella accecante, fatta di raggi riflessi e moltiplicati dal mare, qui la luce è tutta diversa. Divisa dal bosco che la assorbe per primo e ce la restituisce, parsimonioso e saggio, in morbidi raggi  che lo attraversano. Una luce filtrata dagli alberi, rilassata, arresa all'ombra refrigerante dei boschi. 
E così, continuando a salire, il panorama muta e da collinare si fa sempre più montano e netto. Con il carattere preciso e un po' duro delle montagne. Non è raro trovare animali che pascolano ai bordi della strada: mucche, cavalli, pecore. Boschi e roccia. Aria pura e profumata di natura. Un crescendo, fino ad arrivare al Piano, tregua dopo tanto salire. Pausa per la nostra anima e riposo per il guidatore. Luogo dentro il luogo, fatto appositamente da Madre Natura per permetterci di sostare e, nell'attesa di ripartire, interiorizzare la maestosità di queste montagne. Viverle.

Piano Zucchi.

La piccola piana è accogliente. Fruibile. Protetta dalle montagne circostanti come uno scrigno che racchiude prezioso tesoro. Noi vi siamo dentro. 
C’è un bel prato erboso a fine estate, qui. E’ esattamente il prato dove correre felici della nostra infanzia. Rimanda immediatamente l’immaginario alle giornate spensierate, senza fine, alle corse con il vento tra i capelli e una risata genuina nata su bocca sincera. In altri tempi e in altri luoghi. Non importa più. L’entusiamo ci invade anche adesso. Per questo spazio tutto nostro. Libero. Ampio, ma limitato. Fatto a nostra misura da natura generosa. Creatore di fantasie d’infanzia e di adulto benessere. Quanta perfezione in un prato erboso, circondato dal bosco! Essere qui è farne parte. Del prato, delle Madonie, della natura tutta. L’armonia che sentiamo crescere dentro è la sua. Ci invade, ci rasserena, ci corteggia. Invita alla pace. Ma non certo alla staticità. Ed è così, con il cuore tranquillo e un entusiasmo sincero, che esploriamo questo luogo incantevole. Il sottobosco intorno alla piana è curato. Giochiamo tra i tronchi degli alberi, allegri, osserviamo il prato da lì, spettatori di una magia che già accade nella nostra mente. Ritrovo di lupi, di fate o di streghe. Questo prato. Teatro di favole antiche; la radura tra il bosco è piazza di creature magiche, di segreti e incantesimi. Rivivono ora, esattamente mentre le immaginiamo. Animano il bel prato di Piano Zucchi, che diventa in un attimo, e per un solo lunghissimo momento, quello di antiche leggende ammalianti. 

Funghi sul prato della piana.
Non è più propriamente estate, qui. In montagna. Ma non è ancora autunno, secondo il tempo astronomico.
Il passaggio tra le due stagioni è evidente sotto i nostri occhi. Calpestiamo una terra dove le prime piogge sono state ostetriche di funghi di ogni tipo, che tingono l’ambiente dei colori d’autunno. Arancione, rosso, marrone. Creature spugnose, spuntate orgogliosamente tra l’erba verde e le foglie già secche. In una eterna lotta tra la vita e la morte. In una composizione perfetta, creata dalla natura. Con foglie e ricami di terra soltanto.
Orchidea selvatica.
E poi un’orchidea selvatica, improvvisa, attaccata tenacemente all’estate. Che ricorda, con delicata e spontanea bellezza, che invece in autunno ancora non siamo. Accanto, una pianta invidiosa vorrebbe imitarne la forma, ma non ha grazia e colore.
Ci emoziona la scoperta, metro dopo metro, di così tanta vita nel terreno. La terra fertile ci regala i suoi prodotti. Con stupore fanciullesco e animo lieve li scoviamo tra foglie e fili d'erba. Sono i fiori delicati di una favola bella. Sono i funghi attraenti e traditori: case di gnomi, cerchi di streghe, veleno e magia di un bruco che fuma.

Funghi.
Funghi.

L’anima di questo luogo è la genuinità di un prato di montagna, di una semplice perfetta bellezza. E' la tranquillità di un luogo fuori dal mondo che corre e dal tempo comune. Dove il passaggio delle stagioni non è così scontato e doloroso; dove sembra possibile vivere per sempre. La sua anima è protezione, intimità, benessere. Familiarità. E’ anima fatta di prato, di aria, di leggerezza, del profilo delle montagne che lo racchiudono. Di odori di natura purissima, di un ruscello che scorre lontano. Di chiaroscuri di luce, disegnati sul prato da rami di alberi mossi dal vento. Della fruibilità di un luogo, umanamente accessibile, vivibile nel pieno dei sensi. Di storie inventate o reali, racconti su prato verdissimo.

Nebbia a Piano Zucchi.


Ad un certo punto del giorno, sale la nebbia, qui. Improvvisa e leggera, copre gli abeti come scialle di seta. Nasconde, la nebbia. Eppure rivela. Permette di concentrarci solo su quello che è vicino a noi. Non esiste più lo spazio circostante. Solo noi e la sagoma, essenziale, delle cose che ci sono più prossime. Ci permette di conoscerne la forma pura, mondata dai colori, dalle proporzioni. Di conoscere meglio noi stessi. Tutto il resto non esiste più. Se lo pensiamo, lo possiamo inventare come vogliamo. Permette di inventarci il mondo, la nebbia. Apre alle possibilità. 
Affascinante ed elegante, così come viene, altrettanto velocemente poi si dipana. E ci lascia  al respiro del mondo reale, che ora guardiamo con occhi nuovi.


E anche quando, qui, a Piano Zucchi, vi coglierà un temporale improvviso, estivo, non avrete alcun timore né fretta. Al riparo dentro la macchina, l’anima si distende totalmente, ascolta la pioggia, sottile tra gli abeti, e la magia diventa privilegio che si rivela a noi soltanto. Noi che questo luogo lo viviamo anche con la pioggia, quando sono andate via anche le guardie forestali più fedeli. Ora è totalmente nostro, con tutti i suoi segreti di bosco. Rivelato. Nostro rifugio per l’anima. Rimarrà qualcosa di noi qui, in eterno…




domenica 12 febbraio 2017

L'energia della Rocca di Cefalù

L'abitato di Cefalù, con la rocca che lo sormonta.

Torno a parlarvi, ancora una volta, di Cefalù: la splendida cittadina normanna, in provincia di Palermo, che ha catturato per sempre il mio cuore. Questa volta vorrei concentrare l'attenzione sulla Rocca che la sovrasta e da sempre ne è, indiscutibilmente, uno dei luoghi simbolo. Impensabile sarebbe immaginare Cefalù senza la sua Rocca, inscindibile dall'abitato che vi si stende ai suoi piedi: sono un tutt'uno, il paese e questo gigante di roccia che lo rende riconoscibile a distanza. Unico, infatti, è il profilo di Cefalù, che già al primo sguardo si distingue da tutti gli altri paesi, proprio per questa meraviglia della natura adagiata alle sue spalle. E' la prima cosa che appare da qualsiasi parte vi si giunga. Imponente e caratteristica, la Rocca è sempre presente, indissolubilmente legata alla cittadina. I cefaludesi sono soliti paragonare il loro paese alla forma di una lumaca: osservandolo da lontano, in effetti, le case ricordano il corpo dell'animale, la cattedrale le antennine e la Rocca il guscio. E proprio come un vero guscio, la Rocca offriva, nel passato delle invasioni, riparo al paese, e ancora oggi, fosse anche soltanto psicologicamente, protezione. Imprescindibile gigante di pietra, veglia sulle case e sugli abitanti come un custode, fedele nei secoli, e testimone della vita che scorre al di sotto di sé. Conferisce a Cefalù, oltre un aspetto unico e riconoscibile, anche un'idea di solidità, di forza e di autorevolezza. 
Ma bando alle ciance: saliamo! Oggi voglio condurvi fino alla sua cima, a 268 metri di altezza.
La salita inizia oltrepassato corso Ruggero, oltre il dedalo di viuzze con le case più antiche, costruite proprio ai piedi della Rocca. Qui inizia il percorso, a tratti abbastanza impegnativo, che però vale assolutamente la pena di affrontare. Il primo tratto è occupato da un sentiero a zig zag che sale all'ombra di una pineta, fino ad arrivare al cancello d'accesso vero e proprio. Qui inizia un percorso leggermente più faticoso, ma che abbastanza brevemente vi condurrà all'area archeologica e, soprattutto, alle mura di fortificazioni della Rocca. E' da qui che si gode uno dei panorami più belli in assoluto di Cefalù. Oltre i merli, il precipizio. Oltre il precipizio, lo spettacolo: la vista spazia sulla spiaggia, i promontori e la costa. L'anima esulta. E se ci affacciamo, tra gli spazi vuoti che lasciano i merli, ecco comparire, tutto sotto di noi, anche il paese.


Panorama dalla Rocca di Cefalù.
Il Duomo di Cefalù e l'abitato, visti dalla Rocca, in inverno.

Il Duomo imponente. Solido e dominatore. L'abitato del centro storico, fatto di casette da tetti di tegole, una addossata all'altra. Tutto il paese proteso verso il suo mare. Di un blu profondo. E noi, dall'alto, spettatori di questa meraviglia.
Questo panorama è destinato a cambiare con le stagioni. L'inverno è sicuramente il periodo per trovare la migliore condizione di luce sull'abitato. Risaltano i colori del paese, illuminato dalla luce fredda tipica di questo periodo dell'anno, che regala una precisione di dettagli alla visione. Il blu del mare a contrasto con l'arancio dei tetti è al massimo della sua potenzialità. In estate risulterà più sbiadito, non per questo meno suggestivo, ma diverso, ecco tutto. La luce calda dell'estate, tutta dall'altra parte, valorizza maggiormente le costruzioni fortificate della Rocca stessa. Il paese risulterà leggermente evanescente, quasi un tutt'uno col suo mare, in un'atmosfera rarefatta e incantata. Meno definito, meno preciso del panorama invernale. Forse proprio per questo maggiormente tendente all'incanto e meno alla rigorosa bellezza. Se potete, regalatevi questa vista in entrambe le stagioni. Solo così ne avrete una coscienza completa.

Passaggio tra le mura fortificate.
Panorama estivo dalla Rocca di Cefalù, tra i merli.


Continuando a salire verso la sommità della Rocca, il percorso si fa più duro, non  adatto a tutti, non esattamente agevole. Si sale in un sentiero a zig zag ora impervio, fatto di terra e di pietre, quasi tutto esposto al sole, lungo e in pendenza. Consola l'altitudine: sentirsi sempre più alti, sempre più vicini alla conquista della meta. E il profumo di mare e di pini. E i gabbiani a cui siamo più vicini nel volo. E le aquile che sfruttano le correnti ascensionali delle Madonie. E la sensazione di allontanarsi sempre di più dalla civiltà e nello stesso tempo di dominarla, dall'alto. Arrivano ancora i suoni del paese, qui. Il treno che si ferma in stazione, gli schiamazzi dei bagnanti in spiaggia, le voci. Quella del mare su tutte. Eppure siamo già fuori da tutto questo. Qui su, dove non ci vede nessuno e noi vediamo tutti. 
E una strana energia, che pare provenire dalla roccia stessa della Rocca, ci spinge ad andare avanti. Frena la stanchezza, sprona a riprendere il cammino, a vincere la sfida. Ci sentiamo carichi, euforici, ricchi della consapevolezza dell'esperienza che stiamo vivendo. E' questa, la vera anima della Rocca. L'energia che emana. Sarà dovuta dalla posizione geografica strategica che occupa: a chiudere le Madonie, circondata dal mare. Sarà che effettivamente da qui si domina tutto il paese. Sarà che da sempre ha protetto i suoi abitanti dagli invasori. Sarà l'alone misterioso e mistico che la circonda. Sarà come sarà, con questa energia arriviamo in cima, ricaricati. Qui troviamo i resti di una castello medievale: "U Castieddu"Il panorama amplissimo e il senso di conquista ci accompagnano.

                                    U castieddu. Rocca di Cefalù.
 
E dopo aver sostato abbastanza da fare nostro il luogo e la sua anima, si inizia la discesa. Percorso opposto, affrontato con anima appagata e la voglia, ora, di tornare a far parte della vita degli abitanti che la Rocca spia e protegge dall'alto. Perché la sentiamo un po' come una madre, che veglia su di noi, la Rocca: è sempre alle nostre spalle, ma guarda e ci lascia fare. Testimone silenziosa di amori, di segreti, di liti, di nascite, di morti e di vita. Tutto avviene sotto la sua ombra protettrice. Laggiù in paese. E i paesani la amano, la loro Rocca. Non a caso è legata a moltissime manifestazioni tradizionali. Come non ricordare la grande croce di metallo posta proprio alla prime fortificazioni di cinta, che viene illuminata durante i festeggiamenti del patrono San Salvatore? Come dimenticare la suggestiva illuminazione dei merli della Rocca il 31 dicembre, in occasione della Vecchia Strina? Una sorta di Befana che secondo la tradizione vive sulla Rocca e scende in paese l'ultimo dell'anno a portare caramelle ai bambini.

E mi piace lasciarvi così, con il massimo della suggestione: quando scende la sera e noi siamo ancora sulla Rocca.
Eccola. Se guardate bene c'è sempre una luce che si accende prima di tutte le altre, in qualche casa. E poi, magicamente, iniziano ad illuminiarsi tutte quante. E viene accesa la Cattedrale. Si illumina piazza Duomo, si illuminano le strade. Da qui le viuzze che si intersecano diventano percorsi di luce. Ci si prepara alla sera. E il mare diventa scuro e profondo. Ampia la costa. Possibile sognare. Finalmente...
Arrivederci cara Cefalù.






domenica 14 dicembre 2014

Cefalù da fuori Cefalù (parte seconda): la statale 113 e la Cefalù - Gibilmanna


Strade. Luoghi di transito. Luoghi di unione tra luoghi. Con una propria identità, che tuttavia non può che contenere - e completare - anche quella dei luoghi che attraversano.

E così, tanti anni fa, la Sicilia era per me, prima di tutto, la statale 113.
La prima che, in un mattino d'estate, dopo aver passato tutta la notte in treno, vedevo al risveglio correre veloce accanto alla ferrovia. Con il finestrino del treno abbassato (allora si poteva fare) il vento tagliava la faccia e portava miscelato l'odore di mare e di fiori. Sfilavano una dietro l'altra piccole baie ciottolose con qualche bagnante e qualche pescatore. Finché finalmente il profilo di Cefalù, sognato tutto l'inverno, si materializzava nella visione della rocca. La strada, parallela alla ferrovia, vi correva incontro.

Se siete a Cefalù e avete voglia di mare e di guidare, nulla è più consono ai vostri desideri della statale 113. Panoramica. Costiera come poche ne ho viste al mondo. Costruita proprio accanto al mare. Poco sopra il suo livello. Sfiora le cale più belle, gli scogli più solitari. E' baciata dal sole. Pare costruita appositamente per il piacere di guidare e per calmare lo spirito, lasciando tuffare i pensieri in quel mare blu così vicino, mentre a noi resta la serena sensazione di quanto sia meraviglioso lo spazio aperto che ci circonda. 

La rocca di Cefalù dalla statale 113

E la statale 113 è, naturalmente, anche Cefalù. Quando la rocca ci appare, da qui, tra cielo e mare. Ultimo lembo di terra dopo le montagne. Ultimo punto di contatto umano. 
Da questa prospettiva ci nasconde il paese, pare celarlo per tenerlo per sé o per farci una gradita sorpresa quando saremo finalmente arrivati. E pare piccola piccola, persa tra nuvole e spighe di grano, eppure dalla forma sempre riconoscibilissima. Un punto fermo, indiscutibile. Meta d'arrivo e di partenza. 

Da qui si vedono i più bei tramonti colorare il cielo di giallo e d'arancio. Il mare gigante accogliere il sole. Il contorno della rocca circondato da riflessi di luce.

Tramonto su Cefalù dalla statale 113

Altre sere a predominare è una nebbiolina rosa avvolgente. Pare nasconda le cose e invece le svela di più. Parla direttamente con l'anima, con l'immaginato. Tocca corde di percezione segrete. Rasserena. E commuove.
Tutto pare immobile, finché poi, improvvisa, la luce del faro di Cefalù si accende e il bagliore intermittente, ancora appena percepibile, indica la via. Man mano che cala la notte, poi, diventerà squarcio nel cielo nero, a indicare la vita.

Tramonto su Cefalù dalla statale 113

Qual è, dunque, da qui, l'anima di Cefalù? 
E' un'anima selvaggia, naturale. Un'anima dai colori decisi. Dallo spazio aperto. Ampissimo.
No, da qui non si vede il paese, eppure Cefalù è più presente che mai. In quella sagoma che a seconda dei giorni, del tempo, può essere ben definita o dai contorni sfumati, c'è tutta la promessa di un punto fisso, fermo nel tempo e nello spazio. Come il faro guida i naviganti per mare, così la rocca ci guida verso il paese. Promette, e mantiene, che quell'ultimo lembo di terra ha qualcosa di unico che si ripete nel tempo, e che non cambia mai per cambiare sempre.


Ma c'è un'altra strada irrinunciabile. Un'altra passeggiata doverosa per scoprire Cefalù da una prospettiva ancora diversa, e che personalmente ha accompagnato molto del mio cammino. La cosiddetta Cefalù - Gibilmanna, la strada che sale sulle Madonie e congiunge il paese al Santuario di Gibilmanna.
Tutta tornanti, si arrampica lasciando il paese sotto di noi.

Il paese visto dalla Cefalù - Gibilmanna

Da qui Cefalù appare com'è: p
rotetta tra le sue alture e tutta tuffata nel blu. Col suo abitato e la rocca. E il mare che si indovina dal colore. Il blu cambia a seconda delle correnti e dei venti. Il bianco indica mareggiata e gli increspamenti i giorni di maestrale. Quando c'è scirocco una patina pare avvolgere tutte le cose come un velo trasparente ma ostinato, che si posa ovunque e impedisce ai colori di brillare a dovere.
Qui si vede tutta Cefalù, eppure si è in un mondo a parte, ovattato, lontano dal chiasso della vita paesana, dall'allegria dei bagnanti d'estate. Guardiamo Cefalù con necessario distacco, lo immaginiamo e lo facciamo più nostro di quello che è. Lo desideriamo, forse, ma non lo viviamo che con superbo e incantato distacco.

Cefalù, vista dalle Madonie

Una luce generosa - quella del tardo pomeriggio - posa un rosa romantico sulla rocca e sulle case del centro storico. Accentua il verde delle Madonie. Sfuma il mare e lo rende di un delicato colore pastello.
Per un attimo non si desidera altro che questo panorama. Sospeso. 
Poi il cuore riprende a battere. Il desiderio di vita a scorrere. E la strada Cefalù - Gibilmanna, con la sua anima elitaria, ma generosa, ci riporta in paese.