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venerdì 12 ottobre 2018

Nel cuore delle Madonie: la fruibilità di Piano Zucchi


Nell'entroterra siciliano, nel comune di Isnello, a mille metri sul livello del mare e a 35 km da Cefalù, abita un luogo incantevole, vestito di prati e di faggi, pini, querce, abeti, sambuchi e lecci. Siamo a Piano Zucchi, cuore vivo del Parco delle Madonie. Un pianoro circondato dalle montagne, a cui si arriva dopo che la strada si inerpica con tornanti sempre più incalzanti, tra boschi e odori di resine e muschi e umido fresco. Un mondo intimo, vero, in cui ci si addentra quasi magicamente, abbandonati il clamore costiero, l'afa, il brusio dei bagnanti di una domenica di fine estate. Ogni curva di questa strada, è un metro in più dentro la verità delle montagne. Il refrigerio di un'aria genuina, respirabile, segna il passaggio tra i due mondi. E la luce. Lasciata alla costa quella accecante, fatta di raggi riflessi e moltiplicati dal mare, qui la luce è tutta diversa. Divisa dal bosco che la assorbe per primo e ce la restituisce, parsimonioso e saggio, in morbidi raggi  che lo attraversano. Una luce filtrata dagli alberi, rilassata, arresa all'ombra refrigerante dei boschi. 
E così, continuando a salire, il panorama muta e da collinare si fa sempre più montano e netto. Con il carattere preciso e un po' duro delle montagne. Non è raro trovare animali che pascolano ai bordi della strada: mucche, cavalli, pecore. Boschi e roccia. Aria pura e profumata di natura. Un crescendo, fino ad arrivare al Piano, tregua dopo tanto salire. Pausa per la nostra anima e riposo per il guidatore. Luogo dentro il luogo, fatto appositamente da Madre Natura per permetterci di sostare e, nell'attesa di ripartire, interiorizzare la maestosità di queste montagne. Viverle.

Piano Zucchi.

La piccola piana è accogliente. Fruibile. Protetta dalle montagne circostanti come uno scrigno che racchiude prezioso tesoro. Noi vi siamo dentro. 
C’è un bel prato erboso a fine estate, qui. E’ esattamente il prato dove correre felici della nostra infanzia. Rimanda immediatamente l’immaginario alle giornate spensierate, senza fine, alle corse con il vento tra i capelli e una risata genuina nata su bocca sincera. In altri tempi e in altri luoghi. Non importa più. L’entusiamo ci invade anche adesso. Per questo spazio tutto nostro. Libero. Ampio, ma limitato. Fatto a nostra misura da natura generosa. Creatore di fantasie d’infanzia e di adulto benessere. Quanta perfezione in un prato erboso, circondato dal bosco! Essere qui è farne parte. Del prato, delle Madonie, della natura tutta. L’armonia che sentiamo crescere dentro è la sua. Ci invade, ci rasserena, ci corteggia. Invita alla pace. Ma non certo alla staticità. Ed è così, con il cuore tranquillo e un entusiasmo sincero, che esploriamo questo luogo incantevole. Il sottobosco intorno alla piana è curato. Giochiamo tra i tronchi degli alberi, allegri, osserviamo il prato da lì, spettatori di una magia che già accade nella nostra mente. Ritrovo di lupi, di fate o di streghe. Questo prato. Teatro di favole antiche; la radura tra il bosco è piazza di creature magiche, di segreti e incantesimi. Rivivono ora, esattamente mentre le immaginiamo. Animano il bel prato di Piano Zucchi, che diventa in un attimo, e per un solo lunghissimo momento, quello di antiche leggende ammalianti. 

Funghi sul prato della piana.
Non è più propriamente estate, qui. In montagna. Ma non è ancora autunno, secondo il tempo astronomico.
Il passaggio tra le due stagioni è evidente sotto i nostri occhi. Calpestiamo una terra dove le prime piogge sono state ostetriche di funghi di ogni tipo, che tingono l’ambiente dei colori d’autunno. Arancione, rosso, marrone. Creature spugnose, spuntate orgogliosamente tra l’erba verde e le foglie già secche. In una eterna lotta tra la vita e la morte. In una composizione perfetta, creata dalla natura. Con foglie e ricami di terra soltanto.
Orchidea selvatica.
E poi un’orchidea selvatica, improvvisa, attaccata tenacemente all’estate. Che ricorda, con delicata e spontanea bellezza, che invece in autunno ancora non siamo. Accanto, una pianta invidiosa vorrebbe imitarne la forma, ma non ha grazia e colore.
Ci emoziona la scoperta, metro dopo metro, di così tanta vita nel terreno. La terra fertile ci regala i suoi prodotti. Con stupore fanciullesco e animo lieve li scoviamo tra foglie e fili d'erba. Sono i fiori delicati di una favola bella. Sono i funghi attraenti e traditori: case di gnomi, cerchi di streghe, veleno e magia di un bruco che fuma.

Funghi.
Funghi.

L’anima di questo luogo è la genuinità di un prato di montagna, di una semplice perfetta bellezza. E' la tranquillità di un luogo fuori dal mondo che corre e dal tempo comune. Dove il passaggio delle stagioni non è così scontato e doloroso; dove sembra possibile vivere per sempre. La sua anima è protezione, intimità, benessere. Familiarità. E’ anima fatta di prato, di aria, di leggerezza, del profilo delle montagne che lo racchiudono. Di odori di natura purissima, di un ruscello che scorre lontano. Di chiaroscuri di luce, disegnati sul prato da rami di alberi mossi dal vento. Della fruibilità di un luogo, umanamente accessibile, vivibile nel pieno dei sensi. Di storie inventate o reali, racconti su prato verdissimo.

Nebbia a Piano Zucchi.


Ad un certo punto del giorno, sale la nebbia, qui. Improvvisa e leggera, copre gli abeti come scialle di seta. Nasconde, la nebbia. Eppure rivela. Permette di concentrarci solo su quello che è vicino a noi. Non esiste più lo spazio circostante. Solo noi e la sagoma, essenziale, delle cose che ci sono più prossime. Ci permette di conoscerne la forma pura, mondata dai colori, dalle proporzioni. Di conoscere meglio noi stessi. Tutto il resto non esiste più. Se lo pensiamo, lo possiamo inventare come vogliamo. Permette di inventarci il mondo, la nebbia. Apre alle possibilità. 
Affascinante ed elegante, così come viene, altrettanto velocemente poi si dipana. E ci lascia  al respiro del mondo reale, che ora guardiamo con occhi nuovi.


E anche quando, qui, a Piano Zucchi, vi coglierà un temporale improvviso, estivo, non avrete alcun timore né fretta. Al riparo dentro la macchina, l’anima si distende totalmente, ascolta la pioggia, sottile tra gli abeti, e la magia diventa privilegio che si rivela a noi soltanto. Noi che questo luogo lo viviamo anche con la pioggia, quando sono andate via anche le guardie forestali più fedeli. Ora è totalmente nostro, con tutti i suoi segreti di bosco. Rivelato. Nostro rifugio per l’anima. Rimarrà qualcosa di noi qui, in eterno…




giovedì 26 aprile 2018

La contagiosa freschezza del lago del Turano


In provincia di Rieti, a circa un'ora e mezza di distanza d'auto da Roma, il lago del Turano si guadagna la nomina di uno dei più bei "tesori" del Lazio. Imperdibile per gli amanti della natura - seppur artificiale -, il lago è lungo una decina di chilometri e circa trentasei perimetrali. Una bella estensione, variegata, circondata da dolci colline, lambita da prati lungo le sponde, ravvivata dalla presenza di due splendidi piccoli borghi: Colle di Tora, a penisola sul lago, e Castel di Tora, posto su un cucuzzolo da cui si gode uno splendido panorama del lago dall'alto, con la strada che passa, suggestiva, nel mezzo.
Non nascondo che il lago del Turano è uno dei luoghi che più mi sono cari nel Lazio. Ho passato diverse piacevoli giornate qui, e ogni volta è sempre rilassante un pic-nic sui prati che lo circondano e sempre piacevole la scoperta di qualche nuovo punto panoramico. 

Panorama del lago tra gli alberi.
Rallegra l'anima, quando dopo tanta strada per raggiungerlo, si iniziano a vedere le sue acque trasparenti, animate da insenature che si fanno sempre più grandi, fino a raggiungere quella principale, da cui sono visibili Colle e Castel di Tora. Le belle colline verdeggianti si susseguono incessantemente per tutto il perimetro del lago. Il verde e l'azzurro, i colori che rasserenano la vista e predispongono la mente al riposo.

Sicuramente la stagione migliore per concedersi una gita al lago del Turano è la primavera. Quando i prati intorno alle sponde si fanno vivi del verde della nuova erba, le spallette si riempiono di fiori e l'aria è meravigliosamente ricca dei profumi della natura.
Fioritura primaverile al lago del Turano.
Prati verdissimi circondano il lago.
 

Sorprende sempre la grandezza e al contempo l'accessibilità del lago. La strada, proprio appena sopra di esso, permette di percorrere buona parte del suo perimetro, perciò ci si trova a guidare piacevolmente colpiti dalla bella vista, e non è difficile notare diversi punti di accesso più o meno semplice. Per i più giovani e sportivi, infatti, non è certo un problema affrontare il leggero dislivello tra la strada e il lago, e scendere il declivio fino al prato. E di prati è veramente circondato il lago. Questa è forse una delle caratteristiche che più colpiscono del Turano. Solitamente le sponde dei laghi sono fatte principalmente di sabbia scura o di pietre, almeno a riva; qui invece il prato arriva, in alcuni punti, praticamente fino all'acqua e, in primavera, camminare scalzi, tra l'erba morbida, o sdraiarsi con un telo a guardare le nuvole in cielo o socchiudere gli occhi, cullati dal rumore dell'acqua, che ondeggia al piacevole venticello, ci fa sognare. Ci fa tornare un po' bambini e viene voglia di correre spensierati e rievocare  le stesse sensazioni provate negli anni dell'infanzia, quando ancora tutto era possibile, quando nessun pensiero adombrava la nostra mente, e contava solo il "qui ed ora". Ecco. Starete talmente bene, tra le fresche sponde del Turano, respirando la sua anima gentile, all'ombra piacevole dei suoi alberi, che vi sentirete rigenerati. Sereni e protetti come da bambini. Senza più tempo. Quello che conterà sarà solo l'attimo presente, di benessere e positività. Il venticello che accarezza qui la vostra testa, servirà a portare l'oblio delle cose negative nella vostra mente. Non è assolutamente questo il senso di una gita fuori città? Non è esattamente questa - momentanea, ma assoluta - pace, che cerchiamo? Qui siete nel luogo giusto. Perché l'anima fresca, leggera, allegra e gioviale del lago del Turano, contagerà di lievità anche la vostra anima. Godetevi questa sensazione. E poi alzatevi con la voglia di scoprirlo, questo bel lago che avete amato. Non fermatevi sempre nello stesso punto, perché merita di essere conosciuto. E dopo averlo fatto, tornate a casa felici e conservate del cuore la sua freschezza contagiosa di vita e di giovanile allegria.

Panorama del lago.

Panorama del lago.     
 
Arrivederci alla prossima avventura...
 
 
 

domenica 16 aprile 2017

Un inizio primavera ai Lagustelli di Percile


Oggi voglio condurvi in uno dei luoghi più suggestivi e meno conosciuti del Lazio: i Lagustelli di Percile. Siamo all'interno del polmone verde dei Monti Lucretili, in provincia di Roma. Basta un'oretta di strada dalla capitale, per entrare nel contesto assolutamente naturale e rigenerativo di questo parco nazionale. 
Lagustelli è la denominazione con cui si identificano i due piccoli laghi carsici, siti a pochi chilometri dal genuino paese di Percile: il lago Fiaturno e il lago Marraone. Vi si accede attraverso un percorso abbastanza semplice, una volta posteggiata la macchina all'inizio della tenuta gestita dalla Forestale. Si tratta di una piacevole passeggiata su un sentiero sterrato, circondato dal verde, che in una ventina di minuti ci condurrà al lago principale. Ma andiamo con calma. Non è importante solo la meta, ma anche il viaggio. Soprattutto se riserva piacevoli sorprese come in questo caso. 
Intanto, qui ci dà il benvenuto l'aria pulita e profumata di bosco. Per noi che arriviamo dalla città è subito evidente, d'impatto, quando scendiamo dalla macchina. I polmoni si aprono, approfittando automaticamente di questa prima sorpresa. Noi ci sentiamo già più distesi. E iniziamo a camminare. 

Cavalli in libertà.
Presto anche l'udito si mette in allerta. Rimbombano sulla terra i passi di animali che si muovono tra la vegetazione. Cerchiamo, incuriositi, di visualizzarli. Ed eccola, la seconda sorpresa: una mandria di cavalli in libertà. Pascolano sui prati che abbracciano il nostro sentiero. Devono essere abituati alla presenza dell'uomo perché non si intimidiscono né si mostrano minacciosi. Continuano a pascolare, flemmatici, e soltanto uno più curioso alza la testa per guardarci bonariamente, prima di proseguire le sue attività.
Cavalli in libertà.
Devono essere abituati, sì: a una umanità che, da queste parti, deve aver saputo proteggerli e rispettarli nel corso delle generazioni. Perché nel dna di questi cavalli c'è l'assoluta fiducia nell'uomo. Per loro, noi che passeggiamo qui, siamo parte della natura che li circonda. Normali. Ecco, sì: siamo normali. Come i fiori, gli alberi; come l'aria; come gli altri animali che bazzicano da queste parti; come ogni altro elemento del loro universo. Ed è meraviglioso esserlo.

Ma le sorprese non sono ancora finite. Durante il percorso, soffermandosi ad osservare, è impossibile non notare che è primavera. Inizio della primavera, per essere precisi. L'istante in cui ci sono ancora i segni dell'inverno, ma i semi della bella stagione sono già stati gettati e sono in fieri. 

La primavera sta lottando per avere la meglio.
Vegetazione spontanea.
E così, tra le tristi foglie invernali ormai secche, radunate dal vento ai margini del sentiero, ecco spuntare una primula spontanea. Carnosa, giovane, colorata e sfrontatamente vitale proprio per il contrasto con quello che la circonda. Una promessa di vita.
La vita che vince la morte. 
Vegetazione spontanea.
Così come la violetta, sempre spontanea, che timidamente fa capolino dal terreno. Nata tra pietre e foglie morte. Macchia di colore e di vita. Deliziosamente bella nella sua discreta delicatezza. 






E così, camminando camminando, distratti ormai da quella che era la meta che ci ha spinto a metterci in cammino, quando non è più così impellente arrivarvi, appagati come già siamo dalle altre bellezze che ci circondano, ecco che il maggiore dei laghetti di Percile (l'altro è troppo coperto dalla vegetazione per accedervi), si para di fronte a noi. E, diciamo la verità, ci lascia senza fiato con la sua bellezza e ci ricorda benissimo, ora che l'abbiamo di fronte, perché volevamo arrivarvi. 
E' verdissimo, intatto e prezioso come il più bello smeraldo. Un gioiello. 
Il diametro è di circa 96 metri, un paesaggio da fiaba li circonda tutti. Il bosco di abeti intorno, si riflette perfettamente nelle sue acque. Il verde fa da contrasto con il bianco delle sue sponde. Non c'è nessuno. Solo silenzio. Anzi no: si sente il gracidare delle rane e il lento sposarsi dell'acqua che produce il loro movimento. E poi il canto degli uccelli. E il vento. 
Il lago è tutto per noi, è il nostro umanissimo paradiso fuori dal mondo. Facciamo il giro di tutto il perimetro, sotto il bosco. Poi ci sediamo su un tronco e osserviamo il lago. Lo interiorizziamo, lo facciamo nostro. Poterlo accogliere tutto con un solo sguardo ce lo rende conoscibile, familiare. Ci dà l'illusione di possederlo e che non possa avere segreti per noi. 
Ci chiediamo solamente dove siano le ninfe e le fate dei boschi, perché con un paesaggio così, neppure noi adulti razionali ci meraviglieremmo di vederle spuntare dietro qualche tronco d'albero o scorgerle sedute sulle rive. E' un luogo incantato e incantevole, questo. La sua anima è la una natura intatta, che l'isolamento preserva. E' l'acqua, specchio del bosco. E' il bosco, rifugio degli animali e pace dei nostri pensieri. E' bellezza e incanto della perfezione degli elementi del paesaggio che qui compongono un quadro di un emozionante equilibrio.

Lago Fiaturno.
 
Lago Fiaturno.
 

Il cuore batte, accelera incredulo come di fronte alla bellezza della persona amata. E poi rallenta, una volta sicuro che il lago non sia frutto dell'immaginazione, che non scomparirà come un sogno di inizio primavera. E una volta calmo, il respiro si fa più lento e profondo, la mente si apre e l'anima si estende e si unisce con quella del luogo.
Tornare a Fiaturno è la promessa che facciamo a noi stessi. Presto vi terremo fede. 




giovedì 7 aprile 2016

Impressioni d'inverno al lago di Canterno


Lago di Canterno, panorama

A sorpresa, nascosto tra i boschi di una strada provinciale, tra i territori di Fiuggi, Alatri, Trivigliano, Fumone e Ferentino, dove proprio non immagineresti di trovarlo, improvviso, abita il territorio il lago di Canterno. Prima un rivolo d'acqua, che dà l'impressione d'esser solo un ruscello alimentato dalle piogge invernali, poi zone umide più consistenti. E infine compare tutto, il piccolo prezioso lago. Riserva naturale regionale, incorniciato dai monti Ernici, è di origine carsica. 
Quello che colpisce, istantaneamente, è la natura riservata e silenziosa di questo luogo. 
E' intimo, appartato. Abbandonato dall'uomo. Affidato esclusivamente alla natura. Alla sua cura.
Poche volte ho trovato luoghi così solitari tanto vicini alla civiltà. Sarà l'inverno, sarà che sono tutti attratti dalle cure termali di Fiuggi o dal Castello di Fumone, ma qui pare passare veramente poca gente. Come se non lo conoscessero, come se fossimo i soli ad averlo scoperto per sfacciata fortuna. O i soli a cui è miracolosamente concesso viverlo. Questo, ovviamente, contribuisce ad aumentare il fascino del lago, già di per sé bellissimo. Lo rende quasi un miraggio nato dall'immaginazione nel freddo di un fine dicembre. Un regalo inaspettato. Reale o immaginario non conta.

Alberi sommersi dall'acqua nel lago di Canterno

La seconda sorpresa, dopo il lago in sé per sé, si nota quasi subito. Scendendo verso la riva, tra sentieri di terra e di foglie, eccola di fronte a noi: tra le acque del lago, come galleggianti, emergono parzialmente alberi sommersi; una piccola foresta con i tronchi sott'acqua. Bianchissimi svettano in contrasto netto con l'acqua azzurra nella quale si specchiano, riflettendo le forme arzigogolate dei loro rami spogli invernali.
Un paesaggio raro e affascinante. Regalatoci dalla forte instabilità del lago, che aumenta la sua portata fino a sommergere gli alberi circostanti, per poi ridurla nei periodi di secca e lasciare riaffiorare le radici all'aria, liberandole dalla prigionia dell'acqua.

Alberi sommersi dall'acqua nel lago di Canterno
Uno spettacolo magico e spettrale al tempo stesso. Di una bellezza malinconica e prepotente, esaltata dai colori freddi di una mattina invernale, che scolpiscono le cortecce degli alberi e incidono la maestosità dei tronchi rapiti dall'acqua. Custoditi per connubio d'amore o per gelosia. Uniti in un tutt'uno, nel bene o nel male. Con la promessa di una bella stagione che venga a sciogliere questa unione ora inevitabile dal predominio dell'acqua. 

Ma il lago di Canterno non è solo questo. E', indubbiamente, anche panorami preziosi. Con i monti innevati che lo circondano, i borghi che si intravedono sulle colline, e le piccole isole di terra che affiorano, anch'esse, dalle acque del lago. L'impressione è di trovarsi in un lago di alta montagna. Un paesaggio rarefatto dall'aria invernale. Illuminato da una luce fredda. Dura. Che tuttavia scolpisce con maestria ogni dettaglio di pietra e terra e acqua.
E poi gli elementi della natura, che qui ci sono tutti. I prati verdissimi alternati alla terra bruna, le pietre grigie che spiccano tra il panorama, i boschi e le colline d'intorno. Un paesaggio che invita a camminare, con lunghe passeggiate nei prati che circondano il lago, col vento fresco come unico compagno nella solitudine. Raccogliere qualche pietra da lanciare in acqua solo per incantarsi a vederne i cerchi che produce sulle superficie. Toccare con mano la terra, così materiale. Così viva. Scoprire cosa c'è oltre il bosco. Sempre un albero più in là. Ancora oltre. E pensare nel silenzio della natura.

Panorama del lago di Canterno
 
A doverla descrivere, l'anima di questo lago, non esiterei a definirla intima e forte. Un luogo poco conosciuto, poco frequentato, lasciato alla saggezza della natura selvaggia. Un'anima che non ha timore di esprimersi, che si riversa nella bellezza di un paesaggio incontaminato, duro a tratti, ma sicuramente emozionante. Un luogo che basta a se stesso. Con un carattere definito, unico nel suo genere. Che non ha timore della sua solitudine, anzi ne fa punto di forza per potersi esprimere completamente.
E che vi aspetta. Se siete pronti a confrontarvi con voi stessi e con la natura, in una fredda giornata invernale.


giovedì 1 ottobre 2015

L'ambientazione perfetta per una fiaba: il lago Maulazzo


Dovessi scrivere una favola, di quelle popolate di fate dei boschi, di ninfe e di elfi - di quelle insomma strettamente legate alla mitologia delle natura - non potrei pensare ad ambientazione migliore del lago Maulazzo. Le immagino qui, le creature bellissime e misteriose che odorano di bosco, di muschio, di acqua. Nascoste dietro qualche tronco d'albero per giocare a nascondino, o sulle sponde del lago, sedute sul prato, a ridere in compagnia. Ma, prima che mi faccia prendere troppo la mano dall'immaginazione, procediamo con ordine: siamo ancora una volta in Sicilia, stavolta nel cuore del Parco dei Nebrodi, la più estesa area verde protetta della regione.
Visitare il parco d'estate, provenendo dalla calura estiva che non risparmia la costa, è un'esperienza rigenerante. Mano mano che salirete nell'entroterra, che la vegetazione sarà più fitta e vi alzerete dal livello del mare, sentirete l'aria cambiare, farsi fresca, pura di ossigeno e odorosa.  I boschi circonderanno la strada, e facile sarà incontrarne ai margini cavalli selvatici, capre, pecore al pascolo e maiali neri. Il sole filtra tra gli alberi creando piacevoli giochi di luce con un benefico effetto rilassante. Non credo di sbagliarmi nell'aver riconosciuto, lungo alcuni tratti di strada, un forte odore di liquirizia, che probabilmente cresce spontanea in questo territorio e si fonde perfettamente agli altri odori della natura.
Ci sarebbe moltissimo da visitare, non basterebbe di certo una giornata, e conviene dedicarsi a un itinerario per volta. Il mio interesse, questa volta, è ricaduto sull'area dei laghi, in particolare sul lago Maulazzo di cui vi ho accennato già all'inizio di questo post come luogo fiabesco. Una volta lasciata la strada principale, da Sant'Agata di Militello (provincia di Messina) in direzione Cesarò, a meno di non avere un fuoristrada occorre proseguire a piedi per un chilometro e mezzo di un sentiero pietroso e abbastanza faticoso. Ma poi, quando il lago apparirà davanti ai vostri occhi, dopo l'ultima curva del sentiero, la fatica sarà ricompensata dalla delicata bellezza di questo lago. Siamo a 1498 metri sul livello del mare, fa quasi fresco. L'aria è densa di acqua e di muschi.
Il lago è un piccolo specchio d'acqua, circondato dalla fitta faggeta di Sollazzo Verde in provincia di Alcara Li Fusi. 

E' un luogo che si rivela piano piano, timidamente. Non imponente, date le dimensioni ridotte, ma graziosissimo per i suoi colori, per il prato che lambisce le sponde, per il bosco che lo avvolge. Per le foglie che ne adornano la superficie dell'acqua, galleggiando sospese, leggere e già colorate un po' d'autunno. Per la quiete che si respira. Per la sensazione di essere, per una giornata almeno, fuori dal mondo. 
Il verde di ogni sfumatura e il marrone della buona terra  riempiono la vista. E la riposano. 
Il paesaggio è pieno. La natura lo occupa totalmente, generosa e viva.


 












Ci si ferma sotto gli alberi a fare un pic-nic, ci si sdraia sul prato a sentire i rumori della natura o si osserva semplicemente la riva opposta, con la faggeta orgogliosa, fitta e intatta. Bellissima. Qualunque sia il modo di fruire di questo lago, si torna a casa rigenerati dal luogo, la cui anima è nobile e delicata. E' un'anima riservata, disponibile a svelarsi solo ai pochi frequentatori che arrivano fin qui rinunciando all'attrattiva del mare cristallino della costa. E' un'anima sofisticata, leggera, che pare uscita, appunto, dall'illustrazione di un libro di favole antiche. 

E' possibile fare tutto il giro del lago a piedi. Ci si impiega circa un'ora, con calma, prendendosi il doveroso tempo per osservare gli angoli più belli o scattare fotografie. E nel frattempo, se è già pomeriggio, sale una deliziosa nebbiolina, che avvolge la faggeta e accarezza l'acqua rendendo il luogo ancora più suggestivo.
Come non immaginare una fata di quelle che hanno popolato l'infanzia della maggior parte di noi - di quelle che ti raccontava la mamma o la nonna - che si pettina i capelli su un tronco d'albero, contemplando i bellissimi alberi della riva opposta?
Come non fermarci, anche noi, ad ammirare questo paesaggio così semplice eppure così perfettamente completo e bello. Così pieno. 
Impossibile rimanere indifferenti di fronte ai faggi riflessi nelle acque del lago, come amici fedeli che cedono una parte di sé all'acqua con cui diventano un tutt'uno. O di fronte al disegno di foglie che adorna delicatamente il lago, quasi fosse un ricamo.


Ce lo porteremo dentro molto e molto tempo, il minuscolo lago Maulazzo. Con il suo paesaggio rilassante e fiabesco. Orgogliosi per aver visitato ancora una volta un luogo della Sicilia poco conosciuto, lontano dai soliti percorsi turistici, eppure così interessante. E forse, a distanza di anni, se non saremo così fortunati da poterci tornare, ci tornerà in mente come fosse uscito da un sogno, di cui forse non ricordiamo più i dettagli, ma resta vivissimo il senso di benessere e di meravigliosa bellezza che ci ha regalato quel paesaggio tratteggiato da acqua e boschi che vi si riflettono...


venerdì 6 febbraio 2015

C'era una volta Martignano

Veduta del lago di Martignano


Vulcanico, isolato, intatto. Così è questo lago dell'Italia centrale, nel Lazio, in provincia di Anguillara Sabazia; un'area protetta che fa capo al parco naturale regionale di Bracciano - Martignano.
Nessun centro abitato si affaccia sulle rive del lago. A Martignano il panorama è totalmente naturale, fatto di dolci colline che alternano zone alberate ad ampi prati, ottimi pascoli per greggi di pecore. A volte anche mucche. Spesso cavalli.
Nessuna strada asfaltata. Solamente sentieri tracciati tra i campi con il brecciolino, che forma, dall'alto, graziose linee bianche tra i prati, ad animare il terreno.
Nessun collegamento con l'esterno. Il piccolo lago dal perimetro di circa sei chilometri è un mondo chiuso, fuori dal mondo, bastevole a se stesso. 
L'azzurro dell'acqua del lago spicca, tra le varie gradazioni di verde della vegetazione circostante. Verde oliva, verde bosco, verde brillante dei prati. Se un pittore dovesse dipingere Martignano, dovrebbe usarle tutte, le gradazioni di verde e d'azzurro. I colori della natura. Dell'acqua, del cielo, del bosco. Nessuna invenzione dall'uomo, nessuna costruzione da dipingere, qui, né strade né case. Solo natura.

Eppure l'uomo è riuscito a rovinare ugualmente questo meraviglioso luogo. Lo stesso uomo che lo protegge, dichiarandolo area protetta, ne complica l'accesso solo per lucrarci sopra, lasciando l'amaro in bocca ai molti, amanti rispettosi di Martignano, che lo frequentavano.
Prima si raggiungeva, con fatica, il lago. Dopo una strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi. E c'era un parcheggio a pagamento, nel nulla di una radura sovrastante il lago, dove tuttavia era praticamente necessario parcheggiare la macchina. Non contenti, le cose sono peggiorate ulteriormente nel 2012, con l'intruduzione di una insensatissima zona Ztl a qualche chilometro dal lago, nelle stessa strada sconnessa e polverosa, indovinata quasi a caso tra strade di campagna e campi, che citavo poche righe fa. Non si può accede oltre - dicono - per salvaguardare l'area naturale. Per andare a Martignano, allora, bisogna usufruire del disorganizzatissimo servizio di navette a pagamento, in aggiunta al prezzo del nuovo parcheggio, che portano alla stessa radura sopra il lago di  prima. Qui si scende, come al solito, a piedi, tra la polvere sollevata dalle molteplici macchine degli autorizzati dal comune, che - queste sì - possono arrivare fino alle sponde del lago in barba all'inquinamento e a qualsiasi necessità di salvaguardia ambientale. 
Condizioni assurde, che servono evidentemente solo a fare cassa. Chi paga va, e pure in modo scomodo. Chi non paga non va. Questa è la discriminazione. Non come si comportano le persone una volta scese al lago. Non se hanno rispetto della natura. E un luogo tanto bello diventa a servizio di interessi economici, gli unici che fanno la differenza. 
Ed è per questo motivo che sono già tre anni che non vado più a Martignano. Non per i 9 euro che bisogna pagare, non per la scomodità. Ma per principio. Perché la natura è di tutti e l'unica differenza dovrebbe essere fatta tra chi la rispetta e chi no. Non tra chi può comprarsela e chi no. Soprattutto perché, in questo caso, in cambio di denaro non ci sono servizi efficienti né investimenti a favore del luogo, e non ci sono neppure motivazioni di salvaguardia reali. Qui c'è solo speculazione sulla natura . E' essa stessa, nuda e cruda, che viene messa in vendita.

Ma torniamo alle ragioni di questo post. Come sapete il mio blog è un blog dell'anima. Fatto per raccogliere le emozioni che emanano i luoghi. E qui si deve concentrare la mia attenzione, distolta per troppe righe dalla rabbia, e a queste emozioni devono tornare i ricordi che ho di Martignano. 

A quando, dall'alto, la vista spazia per la prima volta sul panorama del lago.
Le fronde degli alberi mosse da un leggero vento. I colori stemperati nella brezza di un pomeriggio di inizio primavera. Pigri. Miscelati dal vento in una serie di chiaroscuri dai labili confini. 
E nulla intorno. Solo Martignano. Il fascino di un luogo in cui non si può solo passare, transitare, capitare, ma si va. Non collegato a null'altro che a se stesso. Piccolo universo autonomo.

Per toccare le rive del lago si scende la vallata ricoperta, in primavera, di erba alta, incolta e ballerina schiava dei venti. Meta: la macchia d'azzurro che ci attira come una calamita. Bussola tra la vegetazione. Avvolta dagli alberi che la adornano come un vestito di stoffa pregiata cinge il corpo di una donna già bella, esaltandone la bellezza e proteggendola. 

E, arrivati sulla riva del lago, sul serio si percepisce d'essere in un mondo a parte. Tranquillità, pace, serenità. Una barca dolcemente adagiata sull'acqua calmissima. Nuvole riflesse. Boschi e prati avvolti nella luce magica del tardo pomeriggio, che suggerisce regni di fiaba (non a caso Martignano fu scelto come ambientazione della casa della Fata Turchina nel Pinocchio di Comencini). 
Silenzio, quiete, isolamento. Questa è l'anima di questo luogo. Un incanto fatto di purezza. Di un'aria limpida e una natura genuina. E del limite. Il limite per cui non si può andare oltre, per cui non si transita da Martignano, ma si sta. Entro il suo perimetro d'acqua. Che racchiude già tutto. L'identità del luogo pura. Non contaminata da nessun altro luogo, con la personalità spiccata che hanno tutti i luoghi isolati, che non portano ad altri luoghi ma solo a se stessi.





Godiamo allora di questo piccolo universo prezioso, completo per se stesso. Immaginiamo corse sui prati, avventure d'infanzia di tanti anni fa, quando correndo a piedi nudi sognavamo d'esser sollevati dal vento e volare sui boschi e planare sull'acqua. E immaginiamo che tutto il mondo sia così. Bello, pulito, genuino, incontaminato. O che sia questo il mondo. Questo luogo solo, che ci assorbe con la sua anima fiabesca.

Mettiamo pure i piedi nella ghiaia della riva del lago, tra l'acqua cristallina ora appena un po' sollevata dalla corrente. Gettiamo un occhio alle rive illuminate dal sole dall'altro lato del lago. A quelle dolci collinette rassicuranti che lo circondano tutto, come una gemma preziosa montata ad arte. 
Notiamo come non ci sia più nessuno, qui, in questo tardo pomeriggio al lago. Solo le favole antiche della nostra immaginazione.
E sospiriamo di felicità...



martedì 8 aprile 2014

L'impatto del lago di Albano



Pochi chilometri da Roma. Una giornata di sole. La voglia di evadere dal caos della città.
Eccomi nella zona dei Castelli Romani. Una serie di paesini caratteristici si susseguono uno dietro l'altro arrampicati sui Colli Albani: Marino, Albano Laziale, Castel Gandolfo, Ariccia, Nemi, ecc.ecc.
Ma quello che sono venuta a cercare è l'acqua. Fonte prima di vita e benessere. Che siano fiumi, laghi, mare, ormai l'avrete capito: mi tranquillizza guardare l'acqua. Che scorre o che sta. Azzurra, blu, verde, turchese. Fissarla per ore e rispecchiare i miei pensieri nei riflessi che il sole vi disegna sopra, o nelle leggere increspature così come nelle onde alte.
L'acqua è vita anche per l'anima. Almeno lo è per la mia.
Quello che cerco in questa zona, dunque, è il lago di Albano.
Se non si conosce la strada non è facilissimo districarsi in questa zona, anche perché il lago è impropriamente conosciuto con in nome lago di Castel Gandolfo e, quindi, pare logico cercare di arrivarci proprio da questo paese. Invece la strada si trova nei pressi di Albano, non molto ben segnalata, e occorrerrà un po' per trovare l'imbocco.
Ma poi, subito, ecco apparire il lago nella sua maestosità. Lascia senza fiato. Perché si rivela improvviso e tutto. Se fino alla curva prima non avrete visto nulla, eccolo ora tutto di fronte a voi. Tutto il cratere dell'ex vulcano riempito dall'acqua più blu. Il lago sotto di voi vi dà il benvenuto. Non cela nulla allo sguardo. Non nasconde la sua ampiezza e profondità. Si prova sulla pelle una sensazione di freschezza, come ci fosse già un contatto con le acque. E si immagina il vulcano di un tempo, sostituito dall'acqua. Se ne intuisce ancora la potenza, nascosta dietro la bellezza del paesaggio, ma rivelata dall'impatto profondo che il lago lascia alla nostra prima impressione. Questa è, secondo me, l'anima del lago di Albano. Un'anima potente, di una bellezza così sorprendente e diretta che non può lasciare indifferente. Colpisce. Affonda. 
E si ha voglia di restare lì. A guardarlo dall'alto. A farsi sedurre dal vento fresco che porta l'odore dell'acqua e del bosco.


Ma alla fine vince la curiosità. O la voglia di avvicinamento. Di incontrare questo gigante blu più da vicino. E si scende sul lungolago.
Bancarelle, ristorantini, bar, giostre per bambini, lidi, barche e pedalò in affitto. E' estate qui come in qualsiasi altro lungolago o lungomare. 

Ma la natura non smette di fare da sovrana. Quello che l'uomo ha costruito lascia comunque spazio a alberi,  fiori, prato,  rocce che arrivano a filo d'acqua. 
I bagnanti e le barche sembrano solo adagiati lì, momentaneamente, tra la natura.
Tra bellissimi fiori di oleandro e il prato verde. Sotto gli alberi che offrono l'ombra naturale o sdraiati su una sabbia nerissima che racconta l'origine vulcanica del lago.


Camminare. Esplorare. Assimilare quello che si vede. Viene spontaneo. E una volta arrivati alla riva, lasciare andare i pensieri. Lasciare che sia l'acqua leggermente increspata  a cullarli. Dolcemente.

Un pontile entra nel lago, pare una strada che lo attraversa. Con la fantasia potrebbe esserlo veramente. La strada d'accesso ai segreti del lago. Quella che porta alla sponda opposta. Il tramite tra noi umani e l'acqua. Io mi accontento di camminare fino alla punta, fin dove il piccolo pontile di legno finisce. Mi piace pensarlo come il punto di massimo contatto col lago. Oltre questa soglia non è consentito accedere.
















E più in là, lontano dai bagnanti, sulle rocce più aspre, dove gli alberi si fanno più fitti, ecco un altro scorcio del lago circondato dalla vegetazione rigogliosa. 
Non è solo l'acqua, capisco, quella che respiro qui, ma è la natura tutta.