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venerdì 13 ottobre 2017

L'anima del deserto: Foce del fiume Belice e dune limitrofe


Non avevo idea di cosa fosse il "deserto", di cosa volesse dire camminare sollevando polvere di sabbia rovente e sentire crescere l'arsura in gola, finché non ho visitato la Riserva Naturale Foce del fiume Belice e dune limitrofe, in pieno agosto. Naturalmente è solo un sentore di "deserto", perché qui ci sono il mare, la vegetazione, la foce di un fiume - che tuttavia in agosto è completamente in secca -, eppure l'anima di questo luogo contiene in sé la durezza e contemporaneamente il fascino che, in maniera certamente amplificata, deve provare chi visita i più grandi deserti della Terra. E dopotutto è normale che sia così: siamo nella Sicilia sud - occidentale, poco sotto, separata solo dal mare, c'è la Tunisia. Il passo è breve. E richiama alla mente quello che doveva essere un tempo: quando le due Terre erano un'unica cosa, o quando, successivamente, la Sicilia meridionale doveva essere tutta così: fatta da dune di sabbia e coste desertiche lunghe chilometri. Prima che l'uomo costruisse, speculasse, modificasse la conformazione naturale delle coste. Oggi rimangono residui di ciò che fu, dove si è provveduto a fermare l'azione umana  tramite l'istituzione di Riserve Naturali protette. Riserva Foce del Belice e dune limitrofe è una di queste. Il luogo dove respirare la polvere di sabbia e vivere le atmosfere desertiche di una volta. Si estende per circa 4 chilometri tra Marinella di Selinunte e Porto Palo di Menfi, tra le provincie di Trapani e Agrigento. Ed è fatta di piccole dune, a loro volta fatte di sabbia color ambra, intervallate all'interno da pini marittimi ed eucalipti, e invece verso il mare colonizzate da arbusti e gigli. 

Pini marittimi cresciuti tra la sabbia.

Entrando nella riserva dalla parte di Marinella di Selinunte, purtroppo ci si accorge che il primo tratto è stato concesso alla gestione di alcuni lidi e club nautici. Incuranti del brusio dei bagnanti e dello scempio delle costruzioni umane, occorre seguire il sentiero fatto di sabbia, indicato con la dicitura: "le dune", alla ricerca della vera anima della Riserva. Percorso all'incirca un chilometro, finalmente si entra in contatto con lo spirito più vero del luogo. Il rumorosissimo "silenzio" della natura, fatto dal frinire delle cicale, dal vento tra le fronde degli eucalipti, dal mare che si avverte al di là della vegetazione, alla nostra destra. In estate il re degli odori è quello della resina dei pini, che ci arriva fresca e pungente, mentre camminiamo tra la sabbia, superando tronchi di albero e intravedendo il mare al di là.  

Tronchi di albero, dune e mare.
E' un paesaggio fatto di alberi cresciuti sulla sabbia, con le radici che traggono nutrimento dalla fertile terra al di sotto di essa. Di fronde ombreggianti di pini ed eucalipti che, in questo tratto di riserva, ancora ci assicurano una benevola ombra e una varietà di colori: il giallo della sabbia, il marrone dei tronchi, il verde delle fronde degli alberi. Al di là, anche il blu del mare che ci attrae.

Ma la vera anima del luogo, si respira una volta usciti allo scoperto. Ci aspetta oltre la vegetazione: dove essa termina, verso la spiaggia, per lasciare il posto a piccole ma estesissime dune di sabbia dorata. Qui crescono solo arbusti e gigli, aggrappati testardamente alla sabbia, sconvolti dal vento che modifica le dune stesse, esposti al sole cocente. Qui non c'è più riparo. Questa è l'anima desertica del luogo che ci sfida, che ci mette alla prova. Se vogliamo visitarla c'è un prezzo da pagare: camminare tra le dune sentendo cuocere la pelle e mancare il respiro. Tra chilometri di sabbia bollente, sollevata dal vento caldo, che appanna anche la vista nello stesso momento che la appaga. L'ocra è l'unico colore concesso.

Dune di sabbia.
Gigli cresciuti sulla sabbia.

Una vallata di sabbia. Ocra. Una spiaggia fatta di piccole dune che diventano un tutt'uno. Selvaggia. Scelta anche dalle tartarughe Caretta Caretta per nidificare. Impreziosita dai bellissimi gigli bianchi della sabbia. 
Essere qui è un privilegio di cui godere per poco tempo. Vorresti visitarlo, interiorizzarlo, questo luogo. Ma in pieno agosto non puoi. Riesci solo a sederti, arreso all'afa, per qualche minuto tra le dune. Il tempo di riprendere le forze e decidere se ripararti di nuovo tra gli alberi all'interno o se scendere verso il mare.
Personalmente la seconda ipotesi mi attira troppo per rinunciarvi e così, stremata dal caldo, rinunciando a quel mondo a sé, affascinantissimo, delle dune, arrivo alla riva. Qui sembra di essere in un emisfero totalmente differente. Il vento è sempre molto caldo, ma porta con sé il ristoro della brezza marina fresca. 

Le acque cristalline della spiaggia della Riserva.
L'acqua è cristallina, e inaspettatamente subito profonda e gelida a causa delle correnti marine di questa zona. Tuffarsi in queste acque è una sensazione incredibile. Si sente evaporare improvvisamente tutto il calore accumulato dal corpo, in un repentino passaggio dal caldo al freddo che rigenera. E' come se le narici si sturassero e si riprendesse a respirare a pieni polmoni, superato il deserto. Ecco: questo mare è proprio come deve essere un'oasi nel deserto. Rigenerante. Rassicurante. Accogliente. 
Stordisce proprio come fosse un miraggio, un'acqua così limpida, così fredda. Nuotarvi è rinascere.
Ed è proprio dall'acqua, che si può ammirare la riserva con maggiore distacco e forse comprenderla pienamente.Osservare dove eravamo: in un mondo fatto per chilometri solo da sabbia e arbusti. Fin dove quasi nessuno si spinge, verso la foce del Belice: un luogo incontaminato, isolato, qui veramente intatto. Dove comanda la natura soltanto. Il vento che modifica le dune e soprattutto la sabbia rovente, che inneggia al deserto.
Un tratto della Riserva, vista dal suo mare.
 
La solitudine e la paurosa bellezza di questo luogo sono la sua anima. Ci si sente persi, qui. Lontani dal mondo e perfino da se stessi. Diventati sabbia dorata rovente anche noi. O acqua gelida, mentre si nuota dimentichi di tutto, tra il vento e il rumore del mare che invade beatamente la mente. Mare e mare, e dietro sabbia e sabbia. Freddo e caldo. L'eterno contrasto tra la vita e la morte. Qui finalmente insieme. Alla Riserva Naturale foce del Belice e dune limitrofe. Visitatela, odiatela e amatela. Soprattutto, capitela...



giovedì 27 ottobre 2016

L'anima bianca del deserto degli Agriates: la spiaggia di Loto


Spiaggia di Loto

La Corsica è l'isola dei contrasti. Si sa. E così, poco lontano dal nero Cap Corse di cui vi ho parlato nel post precedente, oggi vi voglio portare in un paradiso dai colori chiarissimi: la spiaggia di Loto, in pieno deserto degli Agriates, Corsica settentrionale. 

Deserto degli Agriates
Siamo in una regione ostica e difficilmente accessibile. Il deserto non si intende nell'accezione classica, ma si tratta pur sempre di estesi chilometri di conformazioni rocciose, arbusti e bassa vegetazione, attraversati da un sentiero interno piuttosto accidentato e percorribile soltanto a piedi o con mezzi idoneamente attrezzati. Oltre, si intravede il mare. Sfida per arrivarvi. Promessa ricompensa dopo la fatica per farlo. Attrazione incontrollabile proprio perché isolato, difficile, immaginato. In barca, a piedi, con un fuoristrada, a cavallo. Se bisogna, in un qualche modo, attrezzarsi per raggiungere le spiagge oltre il deserto, ecco che esse si idealizzano. Si sogna sempre un piccolo paradiso ad attenderci come premio. Come nella vita. 

Saint Florent
Personalmente scelgo di arrivarvi via mare, con una della barche che partono dalla graziosissima cittadina di Saint Florent, sorta a ridosso del deserto. E mentre la barca prende velocità e si avvicina alla terra bramata, sento come se avessi tra le mani le chiavi per aprire un baule contenente un tesoro segreto. Non c'è nulla da fare: più un luogo è isolato e difficile da raggiungere, più emoziona.
Tuttavia, in questo caso, devo avvertirvi che è una sensazione piuttosto labile, perché in realtà si tratta di spiagge più turistiche di quanto non sia, ad esempio, la più selvaggia e non meno bella Ostriconi (di cui vi ho già parlato), che è anche fruibilissima sebbene meno famosa. Innegabile, comunque, resta l'impatto della spiaggia del Loto sia per bellezza sia perché, essendo aprile, c'è così poca gente che la sensazione è ugualmente quella di approdare in un luogo segreto. 

Spiaggia del Loto

Scogli, acqua cristallina, vegetazione e dietro le montagne aride. Questo è il Loto. Nel mezzo una striscia di sabbia chiarissima. Sottile. Morbida. Di un bianco accecante.
Fiume della spiaggia del Loto
Dietro, il fiume che arriva a mare, abbastanza consueto nel panorama Corso, ma che contribuisce ad aumentare la sensazione di essere giunti in un luogo selvaggio, segreto, isolato. Ci si sente un po' naufraghi, un po' avventurieri, un po' esploratori.





La spiaggia non è lunghissima. Questo mi permette di percorrerla tutta a piedi, lentamente, godendola appieno. Quella che maggiormente meraviglia è il bianco di questa sabbia su cui affondano piacevolmente i piedi. E' un bianco assoluto, puro, intervallato solamente dalla potenza della macchia mediterranea. E' il chiarore che riflette, l'anima bianca di questo luogo. Il colore, ma anche, e soprattutto, il chiarore. E' un luogo luminoso, ampio, allegro. La luce lo svela.  Ce lo rivela. Ce lo fa amico. E il luogo trasmette calore, energia, positività. Oltre che bellezza. 


La bianchissima sabbia del Loto

Prima che la barca torni a prendervi, prima di lasciare questa spiaggia e tornare nella civiltà, consentitevi anche una piacevole passeggiata nel sentiero che parte vicino l'approdo e che, a piedi, vi consentirebbe in circa un'ora di cammino di arrivare a Saleccia, l'altra spiaggia degli Agriates. 

Loto, panorama.
 
Da qui si gode un bel panorama sul mare trasparente che circonda la spiaggia  e il piccolo promonontorio conico che la caratterizza. E' tarda mattinata, ormai ci sono già troppe barche, il luogo non è più solamente "vostro". Ma è sempre bello, ammettiamolo, soprattutto visto così: incorniciato da un arbusto di macchia mediterranea, i cui fiori sono, anch'essi, innegabilmente bianchi.




lunedì 30 giugno 2014

Parco Urbano del Pineto: la magia della natura in città


Parco Urbano del Pineto

Nel cuore di Roma, tra i quartieri Trionfale, Primavalle e Aurelio, proprio dove mai lo immagineresti, sorge un'area naturalistica sorprendente. Fatta di bosco, di valli, di campagna. Adornata di fiori, muschi e di prati. Il suo nome è Parco Urbano del Pineto. E' una zona protetta, istituita nel 1987 e comprendente circa 250 ettari di terreno.
Per me è stata una scoperta folgorante. Ammetto che vivo vicino al Parco da molti anni. Eppure non ero consapevole della sua bellezza. Quel che appare dalla strada, la Pineta Sacchetti, non è che una pineta, appunto. E pare che tutto finisca lì. O almeno, così ho immaginato per molto, moltissimo tempo. E non ho mai frequentato neppure quella piccola area perché, fino a qualche anno fa, effettivamente era territorio di accampamenti nomadi e gente poco raccomandabile. Poi le cose sono lentamente cambiate, l'area è stata riqualificata e la pineta restituita agli abitanti dei quartieri limitrofi e ai visitatoti.
Quello che, però, mai avrei immaginato, è quanto il Parco si estenda al di là di quella pineta che sembra racchiuderlo tutto e invece non è che la sua infinitesimale parte. Subito alle sue spalle, infatti, si aprono sentieri che portano a scoprire una bella campagna, dove la vista si schiude meravigliosa fino alla cupola di San Pietro.  

La cupola di San Pietro, vista da Parco del Pineto


E' un paesaggio fatto di sentieri di terra ricavati tra la vegetazione. E cambia di stagione in stagione regalando ogni volta scenari diversi. Fatti di flora che si modifica a seconda dei mesi dell'anno e di colori che mutano a seconda delle ore e della luce. Il verde delle piante, il giallo del grano, il marrone della terra, i colori dei fiori sono mescolati con sapienza dalla natura. Malva, papaveri, mirti, ginestre, erica, finocchi selvatici e molte altre piante si alternano animando il Parco.
 
Primavera a Parco del Pineto
In primavera, dalla terra nascono le spighe. Dapprima sono piccole. Sbucano timide ed esili dal suolo. Crescono tra i fiori. Rispettose.
Nel giro di pochi giorni si fanno adolescenti e sfrontate. Invadono i campi e mirano al cielo. Verdissime. Spostate dal vento che porta fruscii e profumo. Di natura nel pieno del vigore. Di primavera. Di vita.



Estate a Parco del Pineto
Poi viene l'estate. Neanche te ne accorgi. Ma un giorno le vigorose spighe non sono più verdi, ma si fanno mature. Tinte di un giallo prezioso come l'oro.









Ma non si tratta solo delle spighe. Qui le stagioni si alternano insieme alle specie vegetali. Non conosco tutti i loro nomi, purtroppo, ma so quale magia è, vedere il paesaggio che cambia completamente aspetto di settimana in settimana. Tutto è programmato perfettamente da Madre Natura. Prima una specie di fiori, poi tocca ad un'altra, poi un'altra ancora. In una successione perfetta ma che non smette mai di stupire.

Fiori a Parco del Pineto

Fiori a Parco del Pineto






Specie vegetali a Parco del Pineto

Ma le sorprese non sono affatto finite. Perché oltre alla pineta, oltre alla campagna, c'è di più. Uno dei sentieri a ridosso della biblioteca Casa del Parco, che sorge proprio dentro il Parco, dove i pini terminano, conduce in un'area completamente diversa. Qui si apre un mondo nuovo. Più inaspettato ancora del primo. Ci troviamo immersi in un vero e proprio bosco, come se fossimo stati trasportati improvvisamente fuori città. Procediamo. Increduli.

 
Sughero. Parco del Pineto
Gli alberi si infittiscono, il sottobosco si arricchisce. Il silenzio si fa reale, l'ossigeno più puro, il respiro profondo. L'odore delle piante sostituisce quello dello smog. Intorno solo bosco. Scompare la città. Non si vedono più case, cemento, costruzioni. Niente di niente. E comincia la magia.
Fatta di sugheri, querce, lecci. Col sottobosco ricamato da ciclamini, funghi, felci, muschi.

Funghi



Parco Urbano del Pineto. Il bosco

E da questo sentiero se ne dipartono altri. E altre scoperte ci aspettano. 

Parco del Pineto
La prima è la presenza dell'acqua. Improvvisamente si sente scorrere e gorgogliare tra la vegetazione. C'è fresco, umido. Si sente di più la vita. E seguendo il rumore si arriva ad un minuscolo laghetto.
Se l'attraverserete, dalla parte opposta continuerà il percorso tra il bosco, che qui si fa ancora più fitto e col suolo quasi sempre umido: la luce del sole fa fatica a penetrare tra gli alberi fitti dalla chioma alta e l'acqua scorre in piccoli rivoli nel sottobosco.












Rocce rosse. Parco del Pineto
Ma non è l'unica novità del paesaggio. Ben presto, infatti, vi renderete conto di camminare su sentieri di sabbia. Vera e propria sabbia, evidente residuo della presenza di mari in questa zona, nella preistoria.
Fino ad arrivare a conformazioni rocciose rossastre, piuttosto particolari, argillose, che formano delle vere e proprie dune e ricordano i canyon.












Continuando a camminare, tra salite e discese, tra sentieri e boschi, si arriva infine ad una valle che a me piace chiamare "Valle dell'Eden".
Qui siamo del cuore del parco. Nell'isolamento assoluto. La città è lontanissima dalla nostra vista, dal nostro udito e soprattutto dai nostri pensieri. Una valle isolata, scavata dentro il parco, protetta dal bosco. Ci si sente orgogliosi di averla scoperta. Solo natura intorno. E ogni tanto qualcuno che passa, gente tranquilla, che passeggia con i cani in religioso silenzio o che cerca verdura. Ci si saluta, con queste persone. Perché ci si sente abitanti di un piccolo mondo, privilegiati dalla scoperta di questo luogo segreto. Ci si sente di condividere qualcosa di prezioso, uniti dall'amore per la natura. Ci si riconosce simili.


Valle interna. Parco Urbano del Pineto

Se poi si risale la valle dal lato sinistro, si arriva ad un'altra valle, più piccola e meno isolata della prima, ma sicuramente anch'essa suggestiva, che confina con l'entrata del Parco dalla zona di Trionfale. In primavera le sue spallette si riempiono di milioni e milioni di bellissimi fiori viola. Uno spettacolo di vita e profumi.

Valle. Parco Urbano del Pineto




Parco Urbano del Pineto. Fioritura primaverile

Ovviamente, con una natura così generosa, non manca una fauna altrettanto varia e ricca.

Mantide religiosa. Parco Urbano del Pineto





Il Parco è popolato da cinghiali, volpi, topi, bisce, moscardini, rane, insetti di ogni genere. Sono loro il popolo sovrano del Parco. Gli dobbiamo rispetto. Non dobbiamo mai dimenticarlo.
 

Cosa dire, infine, a conclusione di questo post? Non mi è facile trasmettere tutta l'anima del Parco con le parole. Perché di anime ne ha molte. Tante sfaccettature di una sola medaglia che è la grandezza della natura.
Il valore aggiunto, qui, è la varietà di ambienti all'interno del Parco. E la sorpresa di scoprire paesaggi completamente differenti ogni volta. Qui si può guardare la natura trasformarsi, stupirsi ogni volta di piante che c'erano e poi lasciano il posto ad altre. Il paesaggio muta sotto i nostri occhi e il disegno di Madre Natura si svela generosamente. Ci sentiamo invasi dalla vita. Dal benessere. Da un vento che porta gli odori della campagna e poi del bosco. Ci sentiamo liberi. Selvaggi un po' anche noi. Ed è una magia che avviene, miracolosamente, proprio dentro la città. Non serve andare lontano. Nessuna gita fuori porta è necessaria. Basta addentrarsi nel Parco del Pineto, bastano pochi minuti, affinché la natura sia nostra e noi suoi.




domenica 27 aprile 2014

La spiritualità di Capo Tindari


Tindari è una graziosa località della Sicilia settentrionale, nel territorio di Patti, in provincia di Messina. E' famosa per la presenza del Santuario dedicato alla Madonna Nera, probabilmente di provenienza orientale, scolpita in legno di cedro, che attira fedeli e curiosi da tutto il mondo. Il Santuario sorge esattamente sul  promontorio Capo Tindari, a picco sul mare, in una posizione senz'altro suggestiva.

Santuario della Madonna Nera

E' piacevole sostare nel piazzale antistante il Santuario, curiosare tra le bancarelle di souvenir religiosi e osservare il via vai dei fedeli. L'atmosfera che si respira è un sentimento diffuso e coinvolgente di spiritualità, che si sia credenti o meno.
La religione e la fede per chi crede. La spiritualità per tutti. 
Ossia quel sentirsi in un luogo speciale, che parla all'anima, che ha un'anima. E tanto è più vero se, lasciandoci alle spalle il Santuario, ci affacciamo dal magnifico belvedere del piazzale e rimaniamo incantati dallo spettacolo che si apre ai nostri occhi.

Laguna Oliveri e Spiaggia di Marinello

Sotto di noi, a picco sul mare, un magnifico gioco di acque, sabbie e di luce.
Si tratta della spiaggia di Marinello (detta anche Mare Secco) e dei sette laghetti, più o meno grandi, che costituiscono la laguna Oliveri, alle spalle della spiaggia. 
Spettacolare! 
Circolano leggende circa la formazione di questa spiaggia, la più diffusa delle quali narra di una bambina caduta dal piazzale del Santuario e ritrovata illesa sulla spiaggia formatasi dall'improvviso ritiro delle acque, per proteggere la piccola. Leggenda o fede, quello che è certo è che qui la perfezione della natura è totale. 
I laghetti e la punta della spiaggia modificano la loro forma ogni giorno, in seguito all'azione delle correnti e del vento che spostano la sabbia e la modellano a loro piacimento. Ogni volta, perciò, è una sorpresa l'assetto della laguna. E cambia sempre, in un moto perenne di forze naturali. 

Particolare della spiaggia

E di fronte a questo panorama, non si può non percepire la spiritualità della natura. La sua anima più vera che si manifesta senza remore e si unisce al credo dei pellegrini giunti al Santuario. Si ha una sensazione di totalità, di perfezione, di unicità di un luogo tanto completo da sembrare messo lì apposta per stordire l'uomo. Per emozionarlo e rapirlo. Per affascinarlo e trasportarlo in una dimensione tutta particolare. Dove la natura diventa anch'essa sacra, dopo aver visto quello che riesce a creare. Non rimane solo di contorno al Santuario, ma ne diventa parte integrante e imprescindibile. La spiritualità qui è ovunque. E' nel luogo stesso. E' il luogo.

 
Se si scende alla spiaggia, sarà bello camminare fino alla punta estrema, dove il mare si apre da entrambi i lati, mentre i piedi affondano in una sabbia chiara morbidissima.





C'è anche la possibilità di avvicinarsi ai laghetti. Qui l'ambiente è salmastro di tipo lacustre, con una flora e una fauna protette dall'istituzione della riserva naturale.
Sulla spiaggia iniziano ad aprirsi pozze di fanghi e cespugli di vegetazione che via via diventano sempre più numerosi e attorniano i laghetti, in un cambio repentino rispetto al vicinissimo ambiente marino. 
Ma come non notare, in cima al promontorio, il Santuario dove eravamo fino a un attimo fa? Da qui fa impressione vederlo tutto intero, costruito proprio sulla roccia di Capo Tindari, a picco sul mare. 
 


Viene voglia di sedersi qui e godersi tutto: il Santuario, la roccia, i laghi, la sabbia, il mare. Tutto il connubio di elementi che fanno questo luogo così speciale. E soprattutto, sentire che ha qualcosa da trasmetterci, che ha un'anima che sa toccare le corde della nostra interiorità, pronta a lasciarci qualcosa di nuovo dentro, quando infine andremo via.



domenica 15 dicembre 2013

Autunno a Cefalù



Autunno. 
Cefalù si fa più umida e silenziosa. Più vera.
Se ne sono andati il clamore di agosto, i colori accesi, lo stordimento dei sensi. Settembre porta calma nell'animo, ragionamento. Porta le prime piogge, il vento fresco, e una luce che è meno generosa, meno sfrontata di quella estiva, ma più preziosa ed elegante. La stiamo a guardare, questa luce ancora calda, la godiamo di più perché sta cambiando e sappiamo che presto verrà l'inverno.
In questa stagione l'anima di Cefalù, un'anima di mare e di luce, torna in tutto il suo splendore, non più soffocata dalla calura estiva, non più mormorata tra gli schiamazzi dei bagnanti.
Il tempo si spezza, le giornate sono più corte, le mareggiare più frequenti. Il vento porta nuvole imponenti, a ricamare il cielo sopra il paese.
E, all'improvviso, piove. Una pioggia tanto evocata per dar tregua al caldo di agosto. Una pioggia sollievo per la natura e per l'uomo. E questa prima pioggia lava via la frenesia estiva. Ci si rilassa. Ci si siede ad aspettare. Perché passa. Passa in breve, a dire la verità. Ma ti modifica dentro. Non hai più voglia di tuffi, di sole, di momenti leggeri e scanzonati, di uscire e uscire ancora. Hai voglia proprio di quello che c'è in questo momento: pace, serenità.

E luce. Una luce quasi irreale. Pulita.
Che monda la sabbia, disegna meglio i contorni delle case, illumina il cielo. Fa sembrare tutto più ampio.
Una luce essenziale, che nell'essenzialità fa vedere meglio le cose. E illumina l'orizzonte sgombro, non più tremolante sotto la calura estiva, permettendo di spaziare con lo sguardo fino a Capo Gallo, fino alle Eolie, nei giorni migliori.

E, questa stessa luce, se rimaniamo a guardarla, si trasforma in un tramonto che tinge il cielo di colori pastello dal giallo all'arancio, al rosso al lilla, al viola, al blu e al grigio. Un dipinto riflesso nel mare su cui ondeggiano, placide, le ultime barche dei villeggianti.
Delle "interminabili e sontuose agonie dei tramonti autunnali", ci parla anche Angelo Culotta in "Il paese di dentro": 
"Sfoggiavano la loro impareggiabile maestria pittorica, usando una tavolozza di raffinate tinte, stese a piene mani sulla fascia di mare fino all'orizzonte, sul cielo denso di nuvole barocche, sulla massa imponente della rocca e sul chiaro-scuro dell'abitato sottostante" (p.21).



Comunque non sono rare, in autunno, anche le giornate prettamente calde e soleggiate. Dopotutto siamo in Sicilia e qui l'autunno è generoso. C'è chi fa il bagno fino a novembre, anche se l'acqua è ormai fresca, per un "arrivederci" al mare tra schiuma, vento e il corpo, leggero, abbandonato all'acqua ancora una volta. C'è chi passeggia sul lungomare sbracciato, con i piedi nella sabbia ancora calda.
Ma non è lo stesso mare e non è lo stesso caldo. Tutto è ritemprato dall'autunno. Dal ragionamento.
Appena ci si affaccia sul lungomare, uscendo dal paese, la luce autunnale ci investe e il vento ci accoglie. E ci si sente sereni e appagati, niente ci spaventa. 
Si respira con le narici aperte, a pieni polmoni, i battiti del cuore rallentano e si vorrebbe che questa sensazione di equilibrio tra corpo e anima, questo benessere, durasse per sempre. Che fosse sempre autunno. Perché l'autunno in Sicilia è sul serio un capolavoro di equilibrio. Con l'aria fresca ma non fredda, con la pioggia forte ma non duratura, con il sole caldo ma non bollente, con il vento intenso ma non fastidioso, con il mare agitato ma non in burrasca, con la luce accesa ma non abbagliante.

Ed è tempo di capùna (in italiano: caponi).
Quando questo pesce si inizia ad avvistare nel mare di Cefalù, è segno dell'arrivo dell'autunno. Infatti i pesci, di forma allungata, dalla livrea grigia con riflessi blu e il ventre giallo, in questa stagione si avvicinano alle coste per la deposizione delle uova.
Ecco allora apparire le rosse reti dei pescatori che preparano alla marina le barche per la pesca. I caponi si vanno a rifugiare sotto i sugheri di cui viene cosparsa l'acqua e rimangono intrappolati nelle reti, assecondando l'antica tecnica di pesca che si chiama "caluoma". Successivamente, per i vicoli si sentirà "vanniare" i pescivendoli, vantando la freschezza del pesce per richiamare le massaie e incoraggiarle all'acquisto. 
Ma oltre alla pesca, non possiamo dimenticare che l'autunno è tempo di vino novello e olive da cogliere per fare l'olio nuovo o da mangiare schiacciate o da conservare in salamoia. Ed è tempo di mosto in cui intingere gli sfinci (dolci fritti in olio e cosparsi di zucchero).

Anche il cielo serale, in autunno diviene più cristallino. Le nuvole squarciano il blu elettrico del cielo, rendendolo meno finto, meno invitante alla notte, ma più intimo e sincero.
Dell'estate restano soltanto le cose vere: quello che inizia in estate e continua a settembre ha il sapore delle cose che dovevano essere temporenee e diventano definitive, che resistono passato l'abbaglio della luce estiva. La vacanza diventa ricordo. Cefalù resta.

Camminate, in autunno. Ritrovate la pace di Cefalù, respiratene l'anima a pieni polmoni: il suo mare che diventa pescoso, ampio, la pulizia del suo cielo, la luce scomposta in così tanti colori.
Respirate la verità delle cose.
Presto sarà inverno...